Dall’incontro tra la filosofia indiana con il taoismo e con la mentalità cinese, pragmatica e intrisa di confucianesimo, nasce un percorso spirituale in cui la compassione si eleva allo stesso livello della sapienza.
I canoni della bellezza
La bellezza
I tentativi di racchiuderne l’essenza in un concetto non sono mai
stati in grado di identificare che passeggeri canoni di moda in un
certo periodo o in una diversa parte del pianeta.
Al di là della infinita raccolta aneddotica sui canoni della
bellezza di popolazioni dai gusti più disparati e
improbabili, si trova una certa comunanza interculturale su quei
parametri fisici che rappresentano la giovinezza, la buona salute e
la fertilità.
A guidare i nostri gusti estetici è forse un atavico istinto
alla riproduzione. I copricapo indiani, i piedi fasciati delle
cinesi o le innumerevoli mutilazioni cui si sottopongono alcune
tribù, fanno riferimento a canoni diversi ma a un unico
ideale: essere belli, nel senso di attraenti, per il partner
sessuale.
Seguendo un’intuizione di C. Darwin, si potrebbe sostenere che la
gente ammira l’esagerazione di caratteristiche fisiche cui è
abituata, oppure apprezza ciò che queste caratteristiche
rappresentano.
Pensiamo, per esempio, a come è cambiata la considerazione
nei confronti dell’abbronzatura negli ultimi due secoli:
nell’Ottocento era segno evidente del lavoro in campagna sotto il
sole, da qui la moda di portare ombrelli parasole e il culto della
pelle candida; successivamente, quando i lavoratori si sono
spostati nelle fabbriche, passare la giornata al sole è
diventato privilegio dei ricchi e quindi l’abbronzatura si è
trasformata in un simbolo di benessere.
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Il secondo grado di evoluzione nella via dell’aria, porta al non-attaccamento.
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Secondo l’olismo, anche la più piccolissima parte contiene tutti gli elementi dell’intero di cui ha fatto parte.
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I numeri hanno sempre avuto un fascino e una valenza anche simbolica.