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IBM Party Cloud, quando l’avanguardia tecnologica viene messa al servizio del bene comune
All’evento IBM Party Cloud il mondo dell’informatica si è riunito per accelerare l’innovazione tecnologica made in Italy con al centro il tema della sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Alessandro La Volpe, vicepresidente di IBM Cloud Italia.
Un grande incontro tra professionisti del settore informatico, quello dell’information technology, la famosa sigla IT che ha rivoluzionato le nostre economie e il nostro modo di vivere. L’evento IBM Party Cloud si è tenuto nella cornice post-industriale dello Spirit de Milan il 20 settembre: un momento unico rivolto ad addetti ai lavori (sviluppatori, specialisti e manager nei campi dell’informatica e della scienza dei dati) per confrontarsi e testare nuove tecnologie attraverso aree esperienziali, “codelab” – laboratori per sviluppare software e applicazioni – e un workshop dedicato al tema della gestione dei dati. Un grande calderone di idee ed esperienze messo insieme da uno dei colossi del settore, IBM, azienda statunitense fondata più di un secolo fa, in Italia dal 1927. Con Party Cloud – nome che gioca sulla somiglianza tra la parola inglese per “festa” e il verbo italiano “partire” ci ha spiegato Maurizio Decollanz, direttore comunicazione di IBM Italia – l’azienda ha messo insieme alcune delle migliori menti per accelerare l’innovazione tecnologica made in Italy al servizio della sostenibilità.
Cos’è la Party Cloud challenge per Genova
Non solo business, quindi. All’evento è stata lanciata anche una sfida, la Party Cloud challenge per Genova, per sviluppare un prototipo di applicazione che possa aiutare la città ad affrontare il problema dell’abbandono abusivo dei rifiuti attraverso una “hackathon” (termine che unisce le parole inglesi hacker e marathon), una maratona informatica a cui possono aderire tutti gli appassionati di innovazione: infatti la piattaforma su cui viene sviluppata l’applicazione, IBM Cloud, è accessibile a tutti. L’obiettivo è di migliorare il monitoraggio dell’Amiu, l’Azienda multiservizi e d’igiene urbana che gestisci i rifiuti solidi del capoluogo ligure, attraverso lo sviluppo di software e algoritmi per il riconoscimento delle immagini che permettano di individuare, localizzare e segnalare i casi di abuso in tempo reale, insieme a informazioni sul tipo di rifiuto e chi lo ha scaricato. Il tema è diventato ancora più critico ora che il polo logistico dell’Amiu che serviva tutta la parte ovest della città è stata reso inagibile dal crollo del ponte Morandi il 14 agosto.
Le tecnologie esponenziali al servizio delle persone
I partecipanti avranno tempo fino all’ultimo giorno, il 4 novembre, per iscriversi alla challenge: entro il 18 dello stesso mese verrà annunciato il vincitore, che avrà la possibilità di vedere il suo prototipo sviluppato successivamente e riceverà 3mila euro in buoni acquisto Amazon. Tra i partner della hackathon, oltre al comune di Genova e all’Amiu, c’è anche LifeGate, e infatti a inaugurare la sfida all’evento Party Cloud c’era anche Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate, durante la sessione plenaria-agorà in cui sono intervenuti esperti del settore come Decollanz, Federico Ferrazza, direttore di Wired Italia e Alessandro La Volpe, vicepresidente di IBM Cloud Italia. Con quest’ultimo abbiamo parlato di come si può migliorare la società utilizzando le tecnologie esponenziali come l’intelligenza artificiale, la realtà virtuale, la scienza dei dati, la nanotecnologia e la robotica, cioè quelle che stanno accelerando lo sviluppo economico nonché molti aspetti della nostra vita quotidiana.
Qual è lo scopo dell’evento IBM Party Cloud?
Party Cloud nasce con l’idea di mettere insieme dei profili professionali diversi: sviluppatori, data scientist e Cio (Chief information officer, ndr), cioè gli IT manager delle aziende. Profili con esigenze e competenze diverse che usano anche linguaggi diversi. L’idea è quella di adottare un processo di contaminazione, creare una facilitazione abbattendo i confini tra queste competenze. Come IBM abbiamo raccontato poco e siamo partiti dal fare, ovvero i laboratori. Cinque laboratori sulle tematiche più avanzate che ci sono in questo momento: blockchain, machine learning, intelligenza artificiale, robotic process automation (processi di automazione che utilizzano robot e intelligenza artificiale, ndr), sviluppo di videogiochi. Abbiamo coinvolto delle comunità che hanno portato il loro punto di vista. Alla fine dei laboratori, e da qui nasce la contaminazione, abbiamo messo tutti insieme e proposto un punto di vista di raccordo. Che cosa sta succedendo nel mondo e quali sono le potenzialità alla portata delle aziende in Italia, adesso? Non si parla di futuro e di cose che accadono da altre parti, ma di potenzialità esponenziali disponibili oggi.
In che modo IBM Cloud può accompagnare questo processo di innovazione?
Il cloud è il punto di raccolta. IBM Cloud è la nostra versione per le aziende, che deve garantire determinati livelli di servizio: deve essere sicuro, integrare i dati ed essere pronto per le tecnologie esponenziali. Però tutto ciò, essendo erogato con un modello cloud, diventa accessibile a tutti; un abbattimento totale delle barriere d’accesso. La vera accelerazione delle aziende, e di quelle in Italia in particolare vista la loro dimensione media-piccola, è potere accedere a queste tecnologie. Tutto questo però lo si fa solo se si inizia a guardare il più grande gap che abbiamo in Italia: le competenze per potere sfruttare tutto questo, non solo per le aziende ma per la società. Competenze non solo scientifiche, di cui ne servono molte di più, cioè le Stem (scienza, tecnologia, ingegneria, matematica, ndr). Dovremmo invece parlare di Steam, dove la “a” sta per arte, la dimensione che va ad arricchire una visione che se fosse puramente scientifica non ci aiuterebbe ad andare avanti.
Con @molteni_simone, direttore scientifico di LifeGate, partecipiamo al tavolo per sviluppare una tecnologia contro l’abbandono di rifiuti abusivi a Genova! #PartyCloud #IBMCloud #IBM Buona hackaton (sostenibile) a tutti! https://t.co/swxEyHAxNI pic.twitter.com/Q94Nmglx1V
— LifeGate (@lifegate) 20 settembre 2018
La Party Cloud challenge per Genova, ad esempio, mette a confronto il mondo scientifico-informatico con realtà come quelle delle amministrazioni locali. In che modo la tecnologia può aiutare nello sviluppo di pratiche e sistemi di gestione più sostenibili?
Si rischia di pensare che la tecnologia sia esclusivamente una modalità per fare profitto. Ovviamente aiuta le aziende a essere più competitive, ma il fine ultimo è quello di migliorare la società e il mondo. Usciamo dalla challenge mondiale Call for code, una chiamata alle armi a 20 milioni di sviluppatori con un tema fondamentale, quello della previsione e della mitigazione dei disastri naturali. Siamo nella fase finale, in cui le migliori idee verranno finanziate da IBM e implementate nei paesi dove è più opportuno. Le realtà locali sono altrettanto importanti: qui oggi abbiamo annunciato una challenge per risolvere un problema pratico, le discariche abusive che danneggiano il decoro e la percezione della bellezza della città, quindi anche il turismo e il benessere generale. Abbiamo lanciato questa sfida insieme al comune, l’Amiu, Dock (una nostra joint venture sul territorio genovese insieme a Banca Carige), LifeGate e Codemotion, la più grande comunità italiana di sviluppatori. Noi mettiamo a disposizione la tecnologia, né più né meno.
Lo sviluppo di uno strumento informatico al servizio della città di Genova attraverso una hackathon potrebbe diventare un esempio per altri comuni?
Queste soluzioni possono essere facilmente implementate perché la barriera di accesso a questa tecnologia è molto bassa. Le competenze sono disponibili in Italia ma non vengono messe insieme, quindi il fine di una hackathon è proprio quello di mettere insieme competenze diverse per creare dei prototipi: non è un esercizio teorico. I migliori prototipi, quelli che pensiamo possano effettivamente essere implementati, verranno presentati al comune di Genova che si è impegnato a considerare uno di questi progetti. Queste metodologie solitamente aiutano a trovare soluzioni che con metodologie tradizionali non si riesce ad affrontare. Si possono creare soluzioni anche senza sviluppare progetti di lungo periodo. Le tecnologie ci sono adesso: dal riconoscimento delle immagini, ai dati geolocalizzati, all’integrazione dei dati con le informazioni meteorologiche e quelle tratte dai social. Tutto questo è fattibile e i ragazzi che risponderanno a questa challenge sono capacissimi di farlo.
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