Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
IDEA: Pagine da ECOCIDIO di Jermy Rifkin
Ecocidio: i bovini e il male occulto …Ma l’impatto dei bovini sul consorzio umano non è stato ancora affrontato: il silenzio che circonda il complesso bovino e la carne moderni è ancora più sconcertante, alla luce dell’effetto che produce sulla creazione di una delle più inique modalità di produzione e distribuzione del cibo che la storia
Ecocidio: i bovini e il male occulto
…Ma l’impatto dei bovini sul consorzio umano non è stato
ancora affrontato: il silenzio che circonda il complesso bovino e
la carne moderni è ancora più sconcertante, alla luce
dell’effetto che produce sulla creazione di una delle più
inique modalità di produzione e distribuzione del cibo che
la storia abbia mai conosciuto. Nel ventesimo secolo, il complesso
bovino moderno ha aperto la strada a una campagna mondiale senza
precedenti volta a trasferire la produzione cerealicola mondiale
dall’alimentazione umana a quella animale, negando a milioni di
persone la propria sacrosanta quota di ricchezza mondiale.
Nel capitolo IX abbiamo appreso che un terzo della produzione
mondiale di cereali viene utilizzato per alimentare bovini e altro
bestiame, mentre più di un miliardo di esseri umani soffre
di malnutrizione. Oggi, europei, americani e giapponesi si trovano
al vertice di una catena alimentare artificiale, che li costringe a
ingozzarsi di carne bovina venata di grasso.
In termini umani, il pedaggio imposto dal complesso bovino mondiale
è impressionante. Nei paesi in via di sviluppo, milioni di
persone sono state allontanate dalla loro terra per lasciare posto
a pascoli, la maggior parte di esse sono emigrate in squallide
periferie urbane, dove sopravvivono a stento. Cronicamente
affamate, sono vittime di una grande varietà di malattie
legate alla malnutrizione. In molti paesi del Terzo mondo, un
bambino su dieci non arriva al primo compleanno. Per molti di
quelli che sopravvivono, la vita non è che un lento
scivolare verso la morte, per mano di disastri ambientali e
malattie parassitiche che minano il loro già indebolito
sistema immunitario.
I ricchi consumatori del Primo mondo si godono i piaceri di una
dieta carnea, ma patiscono le conseguenze degli eccessi che la
posizione dominante nell’artificiosa scala delle proteine comporta:
con il corpo intasato di colesterolo, vene e arterie occluse dai
grassi animali, sono vittime delle “malattie del benessere”, degli
attacchi cardiaci, dei tumori del colon e della mammella, del
diabete. Il moderno complesso bovino rappresenta una nuova specie
di forza malvagia che agisce nel mondo. In una civiltà che
ancora misura il male in termini individuali, il male
istituzionale, nato dal distacco razionale e perseguito freddamente
con metodi calcolati di espropriazione tecnologica, deve ancora
trovare una posizione sulla scala morale.
La riprovazione morale continua a essere legata ad atti
d’individuale malvagità; se un membro della società
commette un atto di violenza, priva il suo prossimo della vita,
della proprietà o della libertà, 1’individuo e il suo
gesto sono universalmente condannati. Il male è manifesto,
visibile, diretto e passibile di giudizio. Il mondo moderno
riconosce il male individuale che cagiona un danno diretto ad altri
individui. Non sa ancora riconoscere una nuova e ben più
pericolosa forma di male, che ha premesse tecnologiche, imperativi
istituzionali e obiettivi economici. La società
contemporanea continua a tutelarsi dal male individuale e diretto,
ma ancora non è riuscita a integrare nella propria griglia
morale di riferimento il senso di giusta indignazione e di
riprovazione morale nei confronti della violenza istituzionalmente
certificata.
Sebbene sia vero che alcuni, limitati esempi di violenza
istituzionale sono isolati e puniti, i crimini, in generale, hanno
natura individuale e diretta: un funzionario, aziendale o pubblico,
viene condannato per malversazione, discriminazione o negligenza di
qualche genere. Ma cosa accade di un altro genere di
malvagità: quella implicita all’origine, nelle premesse
medesime su cui si fondano le istituzioni? La chiesa accenna, con
molta timidezza, all’idea di combattere “le potenze e i principati
terreni”, ma anche qui riconosce solo un concetto tradizionale di
moralità, ispirato ai Dieci Comandamenti. Cosa dire, invece,
del male che scaturisce da metodi razionali di confronto,
obiettività scientifica, riduzionismo meccanicista,
utilitarismo ed efficienza economica? Il male inflitto al mondo
moderno dal complesso bovino ha questa natura: avidità,
inquinamento e sfruttamento hanno accompagnato il complesso bovino
durante tutta la millenaria migrazione verso ovest. La nuova
dimensione del male è intimamente connessa con il complesso
bovino moderno, che ha acquisito i caratteri di un male occulto, e
discende direttamente dai principi illuministi su cui si fonda gran
parte della moderna visione del mondo.
Questo male occulto viene inflitto a distanza; è un male
camuffato da strati sovrapposti di veli tecnologici e
istituzionali; un male cosi lontano, nel tempo e nel luogo, da chi
lo commette e da chi lo subisce, da non lasciar sospettare o
avvertire alcuna relazione causale. E’ un male che non può
essere avvertito, data la sua natura impersonale. Lasciare
intendere che un individuo sta facendo il male coltivando cereali
destinati all’alimentazione animale o consumando un hamburger,
può sembrare strano, perfino perverso, a molti. Anche se i
fatti fossero espliciti e incontrovertibili, e il percorso del male
fosse tracciato nei suoi più minuti dettagli, è
improbabile che molti, nella società, avvertirebbero il
medesimo senso di riprovazione morale che provano di fronte a un
male diretto e individuale, come una rapina, uno stupro, la
deliberata tortura del cane dei vicini.
E’ probabile che i proprietari dei negozi in cui si vende carne di
bovini nutriti a cereali non avvertano mai, personalmente, la
disperazione delle vittime della povertà, di quei milioni di
famiglie allontanate dalla propria terra per fare spazio a
coltivazioni di prodotti destinati esclusivamente all’esportazione.
E che i ragazzi che divorano cheeseburgers in un fast-food non
siano consapevoli di quanta superficie di foresta pluviale sia
stata abbattuta e bruciata per mettere a loro disposizione quel
pasto. E che il consumatore che acquista una bistecca al
supermercato non si senta responsabile del dolore e della
brutalità patiti dagli animali nei moderni allevamenti ad
alta tecnologia.
In una civiltà completamente imbevuta di principi
illuministi, come la meccanizzazione e 1’efficienza economica, la
sola idea che questi medesimi principi siano, potenzialmente, causa
del male è censurata. La maggior parte delle relazioni che
regolano le società moderne sono mediate dalla
razionalità, dal distacco obiettivo, dalla ricerca
dell’efficienza, da considerazioni utilitariste e interventi
tecnologici. Il moderno complesso bovino, come abbiamo appreso
attraverso le pagine di questo libro, è stato fra le prime
forze istituzionali a mettere in pratica le idee dell’Illuminismo,
a integrare gli standard ingegneristici della moderna visione del
mondo in ogni aspetto della propria attività.
Nell’era moderna, queste idee e questi standard sono stati
utilizzati efficacemente per tagliare gli intimi legami fra uomo e
natura. I principi fondamentali dell’Illuminismo hanno spogliato la
natura della propria vitalità e derubato le altre creature
della propria essenza originale e del proprio valore
intrinseco.
Nel mondo moderno, freddo e calcolatore, abbiamo scambiato la
salvezza eterna con 1’interesse materiale personale, il
rinnovamento con la convenienza, la capacità generativa con
le quote di produzione. Abbiamo appiattito la ricchezza organica
dell’esistenza, trasformando il mondo che ci circonda in astratte
equazioni algebriche, statistiche e standard di performance
economica. Il male occulto viene perpetuato da istituzioni e
individui mossi da principi organizzativi razionali, che a far loro
da guida per scelte e decisioni hanno solo forze di mercato e
obiettivi utilitaristici. In un mondo di questo genere, ci sono ben
poche occasioni per onorare la creazione, essere in sintonia con le
altre creature, gestire 1’ambiente e proteggere i diritti delle
future generazioni.
L’effetto sull’uomo e sull’ambiente del modo moderno di pensare e
di strutturare le relazioni è stato quasi catastrofico: ha
indebolito gli ecosistemi e minato alla base la stabilità e
la sostenibilità delle comunità umane. La grande
sfida che dobbiamo affrontare è rappresentata dal lato
oscuro della moderna visione del mondo: dobbiamo reagire al male
occulto che sta trasformando la natura e la vita in risorse
economiche che possono essere mediate, manipolate e ricostruite
tecnologicamente per adeguarle ai ristretti obiettivi
dell’utilitarismo e dell’efficienza economica.
Oltre la carne
Risvegliare nel consesso umano la coscienza del saccheggio dei
bovini e la consapevolezza del male occulto è un compito
ingrato. Nel nome del progresso e del profitto, il moderno
complesso bovino ha distrutto ecosistemi naturali e trasformato
parte del pianeta in una desolata terra semidesertica, inadatta a
essere abitata da uomini, animali e vegetali. Nel nome della
razionalità e dell’obiettività, il moderno complesso
bovino ha ridotto la natura, e perfino il lavoro umano, a una
risorsa economica, manipolabile e scambiabile in un libero mercato.
Nel nome dell’efficienza, il moderno complesso bovino ha
trasformato vacche, lavoratori di impianti di macellazione e
consumatori, in dati di produzione e di consumo, utensili e target,
privi di qualsiasi valore intrinseco o spirituale, involucri vuoti
mossi in sincronia per tenere il ritmo degli allevamenti
tecnologici, delle linee di lavorazione e delle casse dei
fast-food.
La mitologia della carne è stata utilizzata continuamente
per affermare il dominio maschile, sottolineare le divisioni di
classe, promuovere gli interessi del nazionalismo e del
colonialismo, perpetuare la disuguaglianza sociale e lo
sfruttamento economico su scala mondiale.
La storia della lunga relazione dell’umanità con i bovini
è la storia della relazione dell’uomo con la propria
capacità generativa. Il toro e la vacca, antiche icone della
nostra virilità e fertilità, sono stati dissacrati e
snaturati, spogliati della loro vitalità e trasformati in
macchine per produrre. Sono stati sottratti a se stessi,
decostruiti in pura materia manipolabile, ridotti a cose. In un
mondo fondato sull’utilità, sulla convenienza, con solo il
mercato a dare senso e significato, la vacca continua a essere lo
specchio ideale dell’evoluzione della nostra coscienza: la cruda
visione di come il mondo che abbiamo costruito ci abbia
trasformati. Abbiamo sostituito meccanismi a organismi,
utilitarismo a spiritualità, standard di mercato a valori
civili, trasformandoci da esseri in risorse.
Il complesso bovino è stato fra le più importanti
palestre dell’economia moderna. Oggi i bovini vengono al mondo con
1’inseminazione artificiale, il trasferimento di embrioni e
tecniche di clonazione. Allevati con 1’occhio all’efficienza
economica più che all’adattamento della specie, sono
alimentati forzatamente, imbottiti di farmaci, monitorati da
macchine, costretti e controllati, segregati e manipolati per
soddisfare le caratteristiche imposte dalla moderna zootecnia:
dalla nascita alla macellazione sono trattati come prodotti
industriali. Contengono più grasso, pesano di più,
maturano più rapidamente delle bestie allo stato selvatico,
ma sono molto meno sani, spesso non sono in grado di riprodursi
autonomamente e sono infestati da malattie parassitiche e
opportuniste; per sopravvivere necessitano di complessi apparati
tecnologici e supporti farmacologici. La loro maggiore
produttività comporta una diminuzione della capacita
generativa. Finché la produttività industriale resterà 1’unico parametro con cui misurare il nostro
rapporto con i bovini e con altre specie animali e vegetali, non
potremo sviluppare un’etica economica pienamente compatibile con le
regole e i ritmi che governano la sostenibilità.
In natura, la capacita generativa, non la produttività,
è misura della sostenibilità. La capacità
generativa è una forza che afferma la vita: la sua essenza
è organica; la sua teleologia e rigenerativa. La produzione
industriale è, spesso, una forza di morte: la sua essenza
è la manipolazione della materia; la sua teleologia è
consumista. Il mutamento della nostra relazione con i bovini –
dalla venerazione della capacità generativa al controllo
della produttività – rispecchia il mutamento della coscienza
della civiltà occidentale, nella lotta per definire se
stessa e il proprio rapporto con 1’ordine naturale e lo schema
cosmico.
Nel primo stadio del nostro rapporto con i bovini, i nostri
antenati veneravano una “forza generatrice” da cui gli animali
erano posseduti e su cui avevano poco o nessun controllo: la loro
relazione con essi era, al tempo stesso, intima e sacra, basata
sulla paura e sulla dipendenza. I nostri antenati rendevano omaggio
ai bovini per compiacere gli dei, per garantirsi la benedizione di
un’esistenza feconda e ricca; i loro riti erano pensati per
manipolare le forze cosmiche a loro vantaggio, in modo da
prosperare; mangiavano carne per assimilare lo spirito divino, per
partecipare al grande ciclo dell’eterna rinascita.
Nella seconda fase di questo rapporto, ci siamo sostituiti agli dei
e abbiamo trasformato i bovini in una risorsa produttiva
manipolabile. Abbiamo conquistato il controllo sui bovini e, per
estensione, sulla forza generatrice della natura, rendendoli
entrambi dipendenti dai nostri scopi razionali. Abbiamo anato la
nostra dipendenza dalla natura, ma, nel farlo, abbiamo perso il
senso del sacro e della comunione intima con il resto del creato.
Abbiamo consumato carne per ottenere il potere sulla natura e sugli
altri esseri umani.
Oggi, siamo al principio della terza fase della saga uomobovino.
Scegliendo di non mangiare carni bovine, manifestiamo la
volontà di fondare una nuova alleanza con queste creature:
una relazione che trascenda gli imperativi del mercato e la
dissolutezza del consumo. Liberare i bovini dal dolore e
dall’umiliazione che patiscono nei moderni allevamenti industriali
e nei macelli è un atto umano di enorme importanza pratica e
simbolica: liberare queste creature da un processo che le vede
castrate, private delle corna, bloccate nelle funzioni
riproduttive, sottoposte a dosi massicce di ormoni e di
antibiotici, irrorate d’insetticidi e sottoposte a una morte
brutale in un macello automatizzato, sarebbe un atto di contrizione
e di riconoscimento del danno che noi moderni abbiamo inflitto
all’intero creato, nell’affannosa ricerca di un potere assoluto
sulle forze della natura.
Andare oltre la carne significa trasformare radicalmente il nostro
modo di pensare su quello che è 1’atteggiamento più
giusto nei confronti della natura. Nel nuovo mondo che si va
formando, 1’attività umana è legata tanto alla forza
generativa intrinseca della natura quanto agli artificiosi dettati
del mercato. Iniziamo ad apprezzare le fonti del nostro
sostentamento, la creazione ispirata da Dio che merita di essere
nutrita e richiede di essere tutelata. La natura non è
più un nemico da sottomettere e domare, ma una
comunità primordiale di cui facciamo parte. Le altre
creature non sono oggetti o vittime, ma compagni partecipi di
quella grande comunità della vita che costituisce la natura
e la biosfera.
Eliminando la carne dalla dieta umana, la nostra specie può
compiere un significativo passo in avanti verso una nuova
consapevolezza, che contempli uno spirito di comunione con i bovini
e, per estensione, con le altre creature viventi con cui
condividiamo il pianeta.
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