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Una brutta storia che riguarda alcuni lavoratori in Brasile, in cui protagonista è l’industria della moda, che ha avuto un lieto fine. È quella accaduta a San Paolo, dove i fornitori della Renner, una grande catena che vende vestiti molto conosciuta nel paese, a fine novembre sono stati coinvolti in uno scandalo di riduzione in schiavitù di 37 boliviani.
Una brutta storia che riguarda alcuni lavoratori in Brasile, in cui protagonista è l’industria della moda, che ha avuto un lieto fine. È quella accaduta a San Paolo, dove i fornitori della Renner, una grande catena che vende vestiti molto conosciuta nel paese, a fine novembre sono stati coinvolti in uno scandalo di riduzione in schiavitù di 37 boliviani.
Nonostante fossero assunti regolarmente, gli operai lavoravano in condizioni disumane. Erano obbligati a turni di lavoro estenuanti, lavorando dalle 7 alle 21 anche il sabato e la domenica. Subivano indebite detrazioni dagli stipendi: erano multati se non producevano abbastanza e se non lavavano i bagni e dovevano pagare i pezzi di ricambio che si rompevano. Spesso i lavoratori arrivavano alla fine del mese con il saldo negativo: avevano un debito con l’azienda.
A “salvare” i boliviani da questa schiavitù è stata un’ispezione del ministero del Lavoro, a cui è seguita una multa da 2 milioni di reais (625mila euro) per la Renner. I due fornitori, Kabriolli e Betilha, sono accusati di traffico di esseri umani ai fini dello sfruttamento del lavoro. Ma la storia potrebbe avere un altro finale. Le autorità di San Paolo hanno raggiunto un accordo con i fornitori, i quali hanno accettato di pagare i salari e i danni morali ai lavoratori schiavizzati. Inoltre, a partire dal prossimo febbraio quando scadrà l’indennità di disoccupazione si sono impegnati a riassumerli.
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