Il nostro paese vanta un patrimonio enogastronomico unico al mondo: per questo nel 2018 si festeggia l’Anno del cibo italiano. Sarà un’occasione per valorizzare prodotti, persone, terre, ma anche per condividere esperienze sui social. E, naturalmente, per mangiare.
Il canto Alentejano patrimonio dell’Umanità
L’Unesco, oltre a salvaguardare il patrimonio materiale (tanti i siti italiani entrati negli anni a far parte della lista: dal centro storico di Napoli alle Dolomiti, dal palazzo reale di Caserta alle incisioni rupestri della Val Camonica), si impegna anche a preservare il patrimonio immateriale dell’umanità, considerandolo di grande importanza in quanto fattore principale della
L’Unesco, oltre a salvaguardare il patrimonio materiale (tanti i siti italiani entrati negli anni a far parte della lista: dal centro storico di Napoli alle Dolomiti, dal palazzo reale di Caserta alle incisioni rupestri della Val Camonica), si impegna anche a preservare il patrimonio immateriale dell’umanità, considerandolo di grande importanza in quanto fattore principale della diversità culturale e garanzia dello sviluppo duraturo dei popoli.
Tramite una Convenzione apposita stabilita durante la trentaduesima conferenza generale (Parigi, 29 settembre – 17 ottobre 2003), l’Unesco si autodefinisce come promotore di consapevolezza e valorizzazione del patrimonio immateriale come componente vitale delle culture tradizionali.
Tra gli ambiti di beni immateriali tra i quali operare, l’Unesco ha identificato anche la musica: linguaggio artistico che ha origine dall’imitazione dei fenomeni acustici naturali e, per questo, da considerarsi universale. Così il 27 novembre scorso, dopo il riconoscimento del Fado avvenuto nel 2011, l’Unesco ha inserito nella sua lista di patrimonio culturale anche il Canto Alentejano.
L’Alentejo è una vasta regione del Portogallo meridionale “Oltre il fiume Tago” (Tejo in lingua portoghese). Il suo territorio è caratterizzato da pianure sconfinate, mare cristallino, spiagge lunghissime e dorate e borghi antichi, molti dei quali già entrati a far parte del patrimonio Unesco (come la cittadina Évora, considerata una vera e propria città-museo). Ma tutta la regione ha un passato molto antico, testimoniato da monumenti come il Cromeleque dos Almendres, il più antico sito megalitico d’Europa datato 5000 a.C., e le pitture rupestri della Grotta di Escoural, ma anche dal suo canto tradizionale, il canto alentejano, appunto: musica vocale a tre voci (senza accompagnamento strumentale) nella sua forma più semplice, che utilizza solo il solista, l’alto e le voci di supporto (cori ed il basso).
L’annovero di O Cante dell’Alentejo fra il patrimonio dell’umanità ha un rilievo particolare perché si tratta di un prodotto della realtà rurale (si cantava durante il lavoro nei campi) e analfabeta del luogo. È canto antico, che trae le sue origini dalla tradizione orale (pare dal canto gregoriano) ed è definito “di resistenza”, in quanto ha resistito negli anni a qualsiasi tipo di potere mantenendo la propria peculiarità. È cantato tradizionalmente da e per i più anziani, cioè coloro che non hanno perso le proprie radici con la terra, e la tecnica viene ancora oggi trasmessa oralmente da padre a figlio, per generazioni e generazioni.
Il canto dell’Alentejo è stato dichiarato patrimonio mondiale dopo soli cinque minuti dall’inizio della sua valutazione da parte del comitato Unesco ed è stato altresì definito “uno degli esempi più rilevanti di candidatura da parte del comitato”. E questo perché l’Alentejano è un ottimo esempio di memoria collettiva di un intero popolo da salvaguardare.
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