Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Cos’è il design nomade. Quando il viaggio diventa uno stile di vita che ha bisogno di strumenti adatti
Idee e ispirazioni, progetti e prodotti di design nomade per rispondere ai nuovi stili di vita, dalla casa al lavoro di lavoro, di una generazione in costante movimento.
Sono sempre più frequenti le proposte e le idee di prodotti di design nomade – dalle case agli arredi, dagli oggetti d’uso agli accessori da indossare. Alcune realiste, altre sperimentali o futuribili, pensate per i nomadi urbani e digitali, nuova categoria di giovani potenziali consumatori. Si tratta di una combinazione di funzioni analogiche e digitali, interconnesse, agili, leggeri, trasportabili. Adatti a persone in continuo movimento.
Chi è il nomade urbano
Un nomade urbano è colui che può trasportare il suo ufficio in uno zaino, chi si sente a casa ovunque, chi vive nel presente per dare forma al futuro, secondo la definizione del gruppo di designer tedeschi Kancha.
Il nomade urbano si sposta da una metropoli all’altra senza avere un posto di lavoro fisso o una casa. Nonostante tutto, il nomadismo urbano sembra essere una condizione temporanea e provvisoria, propria di una nicchia privilegiata di adulti compresi tra i 25 e i 40 anni, originari di paesi occidentali, dunque industrializzati, che fanno questa scelta di vita per un periodo limitato. Solo raramente diventa uno status definitivo.
Chi è il nomade digitale
Il nomade digitale, al contrario di quello urbano, non necessariamente si sposta da una città all’altra. La sua caratteristica è la scelta di luoghi isolati e lontani dagli insediamenti urbani dove può vivere e lavorare in pace e tranquillità. La condizione necessaria e indispensabile, come si intuisce dalla definizione, è avere una connessione internet potente e garantita (e perché no, gratuita). Il suo obiettivo è poter lavorare in un’isola remota del Sudest asiatico o del Pacifico come se fosse a Milano o a New York. Come il nomade urbano, anche lui viaggia leggero con un bagaglio a mano e i dispositivi tecnologici più aggiornati.
Il neo-nomadismo, una tendenza oltre la moda
La startup Nomadpass di San Francisco, negli Stati Uniti, sta intercettando questa tendenza già piuttosto diffusa in America così come la propensione delle imprese di dare come benefit ai propri dipendenti la possibilità di lavorare per un periodo di tempo in altri luoghi del pianeta, lontano dalla sede dell’azienda offrendo soluzioni personalizzate per trovare i luoghi migliori dove vivere, lavorare da remoto e incontrare altri nomadi digitali con cui confrontarsi.
Anche la casa si fa nomade
Insieme al nomade come persona, è cambiato anche il concetto di casa evolvendosi attingendo dalla tradizione. La casa nomade è per sua stessa definizione mobile e adatta al viaggio. Ripiegabile, leggera da trasportare, veloce da montare e smontare come lo sono la tenda dei tuareg o la yurta del pastori kirghisi. In epoche più recenti, alla casa mobile sono state messe le ruote e sono nate le roulotte e i camper. La casa è un tema che da sempre affascina i designer che si sono cimentati sulle più bizzarre soluzioni di progetto di come portare con sé la propria casa.
Le idee si sono rivelate spesso troppo concettuali e difficilmente hanno trovato un’applicazione reale, diventando strumenti di denuncia di problemi sociali mai risolti, come l’elevato costo delle abitazioni, la mancanza di spazi verdi in città, le difficoltà burocratiche per costruire e ristrutturare una casa.
Neo-nomadismo: tendenza a rispondere alla liquidità del capitalismo contemporaneo creando spazi, relazioni e oggetti dal carattere ibrido e flessibile
Emblematico a tal proposito è il progetto Tricycle house and garden, presentato dal People’s architecture office (Pao) nel 2012, ha posto l’accento sul fatto che nessuno in Cina è proprietario del terreno dove abita, quindi teoricamente tutti potrebbero impossessarsi delle case altrui. Il Pao ha ideato una casa minuscola con giardino su ruote, trasportabile a bordo di una bicicletta. In polipropilene piegato per potersi espandere, è equipaggiata con lavandino, vasca da bagno, piano cottura e arredi trasformabili. Il materiale leggero e traslucido consente di usufruire della luce naturale di giorno e delle luci esterne della città di notte. Ideale, così pare, per una giovane coppia.
Il lusso nel design nomade
Nobile antesignano dell’arredo nomade contemporaneo è il celebre baule-letto creato da Louis Vuitton nel 1874 per l’esploratore Pierre Savorgnan de Brazza, quando viaggiare era privilegio di pochi. Ispirandosi a quella filosofia, con elegante ironia, la maison del lusso ha oggi una collezione chiamata 25 objets nomades, costituita da edizioni limitate e prototipi sperimentali disegnati da noti designer internazionali come Marcel Wanders, Patricia Urquiola, i fratelli Campana, India Mahdavi e Tokujin Yoshioka: da un’amaca per interni a una sedia a sdraio di finissima fattura, fino a un dondolo e a un raffinato sgabello, tutti rigorosamente pieghevoli. Prodotti artigianali di altissima qualità realizzati con materiali e finiture pregiate che di fatto di nomade hanno solo il nome, e faranno bella mostra di sé, con ogni probabilità, nelle più sofisticate case stanziali private.
Oggetti nomadi per la persona
Per quanto riguarda gli oggetti per la persona, lo zaino è il simbolo per eccellenza del viaggio e della vita nomade. Moleskine ha messo all’opera lo street artist newyorkese Bradley Theodore per la personalizzazione del backpack disegnato dal designer Giulio Iacchetti, che anche il pubblico ha potuto personalizzare virtualmente durante la Design week.
Poi ci sono le scarpe. Vibram, l’azienda italiana che produce suole di gomma per calzature, ha dato vita a un prototipo progettato dagli ingegneri meccanici della University of Wisconsin-Madison in grado di accumulare energia camminando e ricaricare lo smartphone. La scarpa Vibram Hero è stata realizzata nel 2015 in collaborazione con InStep NanoPower, azienda americana specializzata nello sviluppo di soluzioni basate sulle nanotecnologie nei settori delle energie rinnovabili, proprietaria del brevetto.
Sono già in vendita, invece, le scarpe minimaliste Vibram Furoshiki, “le suole che avvolgono il piede”, nome che deriva dall’arte giapponese di impacchettare gli oggetti in drappi di stoffa. Appartengono anche loro al mondo degli oggetti di design nomade: perfette come scarpe da viaggio, leggerissime, si ripiegano su se stesse e si trasportano in un sacchetto di ingombro molto limitato. Rigorosamente nello zaino.
Cosa abbiamo visto di design nomade alla Design week 2017
La mostra Design nomade che si è tenuta al Base di Milano durante la Design week dell’aprile 2017 ha affrontato proprio il tema del cambiamento del design nell’era del neo-nomadismo.
In mostra c’erano oggetti e idee propositive che rispondono a nuovi bisogni di esistenze flessibili: da To Many Places, il pop-up hotel di Emmy Polkamp, fino a Waterbed, l’abitazione sull’acqua di Daniel Durnin, lo zaino che diventa poltrona, il letto che fluttua sull’acqua e molto altro. Le proposte hanno dato vita a spunti e suggestioni sul possibile impatto del lavoro da remoto e hanno sdoganato parole come cloud computing, coworking, freelancing, frequent travelling che, entrando nel lessico dei giovani, influiscono anche sulle forme, i materiali, le interfacce e la progettazione classica.
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