Nel Regno Unito sono ormai diversi anni che i progetti di reintroduzione e di conservazione del falco pescatore raccolgono grandi risultati. Basti pensare che siestinse in Inghilterra nel 1840 e in Scozia nel 1916. Manco a dirlo, a sterminare i falchi furono i guardiacaccia, che li ritenevano pericolosi per gli stock di trote e salmoni, non solo, anche la caccia per sport e per la tassidermia fecero la loro parte. Per fortuna, grazie a condizioni più sicure e a una legislazione più attenta, compresi i divieti di caccia e di raccolta delle uova, le popolazioni di falco pescatore hanno iniziato lentamente a riprendersi, fino a pochi giorni fa, quando si è festeggiata, dopo ben due secoli, la nascita di due pulli nel Leicestershire.
Il ritorno del falco pescatore
Nel 1954 iniziò la lenta ripresa. Due falchi provenienti dalla Scandinavia nidificarono a Loch Garten, nel parco nazionale di Cairngorms, a nord della Scozia. Nel 1959, finalmente, la nidificazione ebbe successo, grazie ad un incredibile progetto della Royal society for the protection of birds (Rspb) che ha monitorato il nido 24 ore su 24. Successivamente, anche in altre parti della Scozia, sono iniziate le nidificazioni. La popolazione scozzese ha raggiunto ben 250 coppie nel 2018. Ad oggi nel Regno Unito si contano circa 1.500 individui e la Scozia ne ha la popolazione più vasta. Si stima che la popolazione mondiale di falco pescatore sia appena inferiore ai centomila individui; viene considerato il secondo rapace più diffuso dopo il falco pellegrino. Le popolazioni si estendono dalla Cina al Venezuela. Negli Stati Uniti, ad esempio, il numero di individui è cresciuto notevolmente dalla fine degli anni Settanta, quando fu bandito il ddt, particolarmente dannoso per la riproduzione degli uccelli, poiché interferisce con i livelli di calcio nelle uova, rendendo i gusci talmente sottili da non sopportare il peso della cova.
In Inghilterra la ripresa naturale è stata più lenta, così è stata aiutata dall’uomo. Il Leicestershire & Rutland wildlife trust con il Rutland osprey project, ha effettuato la prima reintroduzione di falco pescatore in Inghilterra: sono stati trasferiti 64 pulcini provenienti dai nidi scozzesi nel Rutland Water, un bacino idrico e riserva naturale, tra il 1996 e il 2001, e 11 altre femmine trasferite nel 2005. Attualmente, nel Rutland Water ci sono 26 adulti, con un massimo di dieci coppie riproduttive. In totale hanno preso il volo ben duecento pulli.
Allora, perché tutta questa felicità improvvisa? Anche se distante pochi chilometri dal Rutland Water, nel Leicestershire non aveva ancora nidificato nessun falco, da ben due secoli. “Siamo al settimo cielo! Abbiamo aspettato a lungo questo momento”, sono le parole di Beth Dunstan, manager ambientale del progetto al castello di Belvoir.
La nidificazione nel Leicestershire
All’interno della proprietà del castello di Belvoir, nella contea del Leicestershire, sono appena nati, in modo naturale, i primi due falchi pescatori dal 1800. Questo ha reso felicissimi i responsabili del progetto, che finalmente han visto riprodursi e nidificare i falchi proprio sulla loro terra “avere finalmente una coppia che nidifica sulla nostra terra è fantastico” ha commentato Beth Dustan. Dopo aver notato che una coppia sorvolava la zona, si sono mobilitati per costruire delle piattaforme su cui far nidificare i due uccelli. Il nido del falco pescatore è enorme e normalmente viene costruito su alberi ad alto fusto, per avere un’ampia visuale. Inoltre, nutrendosi di pesce hanno bisogno di fonti d’acqua dove cacciare, e per fortuna nella proprietà sono presenti diversi stagni e laghi. Hanno così trovato una zona ideale per riprodursi.
I due nati, un maschio e una femmina, sono figli di un maschio chiamato 4K, inanellato nel 2013 a Rutland Water, e una femmina senza anelli, probabilmente scozzese. 4K è anche dotato di un tag satellitare, che permette ai ricercatori di osservare e monitorare tutti i suoi spostamenti. Una migrazione di quasi 5mila chilometri, tra andata e ritorno fino in Guinea, con partenza in autunno e ritorno in primavera. Uno dei due piccoli ha già iniziato la sua migrazione, mentre per l’altro sarà questione di giorni.
Le minacce da affrontare
Una delle difficoltà maggiori da affrontare è la migrazione. Appena nati i piccoli devono fronteggiare in solitaria, e per la prima volta, una migrazione di quasi 5mila chilometri. Non solo, durante il tragitto devono imparare anche a pescare, inoltre, i venti orientali in autunno possono spingerli in mare aperto facendogli perdere la rotta e, ciliegina sulla torta, devono affrontare il deserto del Sahara, il che significa da quattro a sei giorni senza mangiare. Una bella impresa da affrontare. Le traversate del mare e del deserto, dai rilevamenti satellitari, risultano essere la causa principale di morte, ma a condire il tutto, inseriamo i dati dei falchi uccisi nella regione mediterranea: ogni anno variano da 47 a 349.
Nonostante il falco pescatore sia uno dei rapaci più diffuso al mondo, ha avuto la necessità di essere protetto, addirittura reintrodotto. Tuttavia, si può trarre una semplice conclusione: quando le opere di conservazione vengono fatte correttamente, funzionano, e i risultati sono davanti agli occhi di tutti. Nel Regno Unito stanno ricostruendo con successo ciò che hanno distrutto, ci auguriamo che qualche altro Stato prenda appunti su come fare.
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