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Il pastore maremmano abruzzese per proteggere il gregge come una volta
Il pastore maremmano abruzzese è il grande cane bianco, da secoli strenuo difensore di greggi e bestiame dagli attacchi del lupo e di altri predatori.
Quando nella campagna italiana il rispetto per l’ambiente e per la fauna selvatica andava a braccetto con la pastorizia e l’allevamento, per difendere le greggi dai lupi e dagli altri predatori si vedeva spesso fra pianure e colline un grande cane bianco, impegnato a radunare le pecore o a sospingerle per il territorio. Era l’antenato del pastore maremmano abruzzese, una delle razze italiane più belle e affascinanti, strenuo difensore di territorio, animali e persone in modo del tutto ecologico.
La storia del pastore maremmano abruzzese
Sì, perché il pastore maremmano abruzzese difende il gregge dal lupo e dagli altri predatori, ma lo fa in modo benevolo e rispettoso per quello che lo circonda senza indulgere in risse e inutili, quanto dannosi, spargimenti di sangue.
“In Italia, negli ultimi decenni, in seguito alle leggi protezionistiche, all’abbandono delle aree interne e alla conseguente ripresa degli ungulati, si è verificata una forte espansione geografica e numerica della popolazione del lupo.”, spiegano dal Circolo del pastore maremmano abruzzese, il club riconosciuto dall’Enci, l’Ente nazionale della cinofilia italiana.
I lupi, infatti, hanno colonizzato l’intera dorsale appenninica e parte dell’arco alpino. Dal centinaio di individui rimasti alla fine degli anni settanta, se ne stimano oggi più di 1500. Basta solo questo a far capire che la presenza del Grande Predatore può costituire un conflitto con la pastorizia e l’allevamento del bestiame domestico.
Non solo. I lupi che sconfinano e si recano troppo vicini ai centri abitati fanno aumentare in modo esponenziale gli episodi di bracconaggio che decimano la specie senza tener conto di sesso (femmine gravide) o età (molti sono stati i cuccioli vittime anche di incidenti automobilistici perché erano troppo vicini a strade trafficate o paesi) compromettendo il grande valore naturale e culturale rappresentato da questo importante elemento di biodiversità.
“I lupi attualmente presenti in Italia sono considerati ‘vulnerabili’ secondo la Lista Rossa dei Vertebrati Italiani“, spiega Mia Canestrini, zoologa del Wolf Apennine center. Ciò significa che il lupo non corre un grande rischio di estinzione, ma permangono fattori critici per la sua conservazione a lungo termine. Da un punto di vista normativo, il lupo è una specie protetta dal 1971: il decreto ministeriale del 1971 vieta di fatto la caccia con ogni mezzo, mentre il successivo del 1976 dichiara la specie protetta a tempo indeterminato. Inoltre la legge sulla caccia n. 157 del 1992 ha inserito i lupi nelle “specie particolarmente protette”. Questa condizione richiede una protezione rigorosa che è ribadita dalla direttiva europea sull’habitat”.
In difesa dal lupo, senza doppiette
Uno strumento importante per la conservazione del lupo in Italia è il Piano d’azione nazionale che quest’anno è in fase di revisione. Purtroppo, però, in un prossimo futuro il Piano potrebbe prevedere per la prima volta, dopo oltre 40 anni, l’abbattimento del 5 per cento dei lupi presenti sul nostro territorio. Una percentuale pari a circa 60 lupi l’anno sulla base delle stime disponibili.
Una proposta sconcertante, se si pensa che per il ripopolamento italiano del lupo si sono spesi, negli anni, denari e tempo, risorse umane e del territorio nel vano sforzo – viste le prospettive – di raggiungere una simbiosi naturale e pacifica tra i predatori e l’uomo, l’ambiente e l’insediamento sociale.
“Dal punto di vista economico – aggiunge Canestrini – difficilmente questi numeri risolveranno il ‘problema lupo’ nei confronti del settore zootecnico, sia localmente che su vasta scala”. Abbattere qualche soggetto, infatti, o un intero branco può avere effetti positivi a breve termine, ma nel lungo periodo il tutto risulterà praticamente nullo. E si sarà soltanto nuociuto gravemente all’equilibrio naturale e alla salute dell’ecosistema italiano.
Il grande cane bianco che protegge gli armenti
“Per risolvere il ‘problema lupo’ garantendo una convivenza possibile tra i predatori e le attività umane, sono state varate apposite leggi regionali per il risarcimento dei capi predati e uccisi, insieme a una serie di progetti mirati con lo scopo di promuovere e diffondere l’utilizzo di mezzi preventivi in grado di ridurre l’impatto dei predatori”, spiega l’avvocato Antonio Grasso, vicepresidente del Cpma (Circolo del pastore maremmano abruzzese).
Tra questi strumenti, abbinato all’utilizzo di recinzioni, l’utilizzazione del cosiddetto cane da guardiania si è confermato senz’altro il più efficace, riducendo la perdita di bestiame, sino quasi ad annullarla completamente. La razza più impiegata per questo scopo è indubbiamente l’italianissimo pastore maremmano abruzzese, il grande cane bianco selezionato appositamente, nel corso dei secoli, per la difesa degli armenti nelle zone del centro e del sud italiano.
“Si tratta di un cane di grande taglia – spiega Angela Ferrullo che con l’affisso Contrada del Fiorano alleva da 25 anni pastori maremmani abruzzesi – rustico e forte, ma nel contempo agile e scattante, con uno splendido mantello bianco e pelo folto adatto a proteggerlo dal freddo e dalle intemperie. Alle grandi doti fisiche che lo caratterizzano, si accompagna un carattere fiero, indipendente, leale e coraggioso che lo rende capace di iniziativa quando si tratta di difendere il gregge”.
In questa razza, inoltre, accanto alla capacità di protezione, si riscontra sempre un grande equilibrio caratteriale che permette il suo impiego anche in aree ad alta densità antropizzate, senza mai costituire un pericolo per escursionisti ed altri fruitori del territorio. Il settore lavoro del Cpma, attivo dal 1950 ed è l’unica associazione riconosciuta dall’Enci per la valorizzazione della razza, ha avviato, proprio a questo proposito, una serie di collaborazioni con alcuni enti pubblici (il parco naturale dell’Orsiera Rocciavrè, per esempio, in Piemonte o il progetto Pasturs in Lombardia) e molti cani allevati da soci del Cpma sono andati a proteggere il bestiame domestico dal lupo nelle zone del Piemonte, del Trentino, della Lombardia e del Veneto.
“Il settore lavoro del circolo di razza – aggiunge Valter Grossi del Cpma – ha organizzato una rete di allevatori che non si occupano solo dell’allevamento del pastore maremmano abruzzese, ma anche di quello di ovini e caprini e hanno aderito a uno specifico protocollo: le cucciolate devono nascere in ambiente rurale, da genitori impiegati nella difesa del bestiame, e i cuccioli devono trascorrere i primi mesi di vita sotto la guida di cani adulti, a strettissimo contatto con il bestiame domestico per consentire la formazione di un forte legame affettivo. I piccoli vengono socializzati con molta attenzione anche nei confronti delle persone per prevenirne una crescita troppo timida e paurosa”.
Il circolo di razza, inoltre, ha in atto un ulteriore programma che prevede, oltre alla lastra per escludere in questi soggetti la displasia dell’anca, anche un test caratteriale specifico per verificarne l’equilibrio caratteriale. “A questo proposito – spiega Silvia Dalmasso del settore lavoro del Cpma – è stato finanziato dall’Enci un progetto che prevede l’affidamento di alcune coppie di cani provenienti da nostri allevatori a pastori che pascolano in aree ad alto rischio di predazione in Toscana.
La cessione dei cuccioli sarà gratuita e verrà data, ai pastori ‘affidatari’, anche una specifica assistenza tecnica per la valutazione comportamentale dei cani”. Il grande cane bianco quindi, allevato per secoli dai pastori italiani, sta ritornando alla sua primitiva funzione di “deterrente” nei confronti del grande predatore. Dimenticata la vita confortevole nelle grandi ville padronali dove svolgeva egregiamente la sua funzione di cane da guardia e da difesa, si ritroverà nuovamente a fare i conti con intemperie e freddo, vita all’aperto e compiti da svolgere nel quotidiano. Fra pecore e capre qualche volta si confonderà per il suo bianco mantello, e i suoi cuccioli fin da piccoli avranno dimestichezza con agnellini e capretti rispettandone la vita e aiutandone la crescita. Perché la natura, senza bisogno di fucili o leggi, sa già come agire e come portare avanti la vita dei suoi membri, e il grande cane bianco ne è un esempio lampante.
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