Abyss Clean Up, diretto da Igor D’India, segue quattro anni di lavoro di un gruppo di esperti alla ricerca di rifiuti nel mar Mediterraneo.
Il mio amico in fondo al mare, storia di un polpo che ha conquistato gli Oscar e tutti noi
La straordinaria amicizia tra un uomo e un polpo è al centro del documentario Netflix Il mio amico in fondo al mare, acclamato in tutto il mondo e premiato agli Oscar.
Chi l’avrebbe immaginato che nel 2021 la storia di un polpo comune avrebbe conquistato non solo il cuore degli spettatori di tutto il mondo, ma addirittura un premio Oscar? Eppure la piovra protagonista del documentario Il mio amico in fondo al mare (My octopus teacher) è decisamente riuscita nell’impresa, ottenendo un vero plebiscito di consensi e facendo incetta di premi: dal britannico Bafta allo statunitense Pga (assegnato dai produttori), fino al più importante di tutti: l’ambitissimo Academy Award.
Il mio amico in fondo al mare
Il merito è, in primis, di Craig Foster, filmmaker e naturalista sudafricano che con l’aiuto di un team di professionisti e ai due registi Pippa Ehrlich e James Reed, ha saputo raccontare l’incredibile storia della sua amicizia con il polpo protagonista del documentario. Un legame tanto eccezionale quanto commovente, che ha preso vita tra le fredde acque oceaniche al largo di Città del Capo, nella meravigliosa foresta sottomarina di kelp. Uno scenario mozzafiato, che si estende per 1.400 chilometri lungo la costa, con il suo ricchissimo microcosmo di biodiversità. Un’ambientazione che ha richiamato alla memoria di molti il documentario 3D Alieni degli abissi (Aliens of the Deep), girato da James Cameron nel 2005.
Guardando Il mio amico in fondo al mare si resta subito affascinati dalla bellezza delle immagini, dei colori e del panorama, catturato con discrezione dalle telecamere. Un risultato reso possibile dalla grande professionalità e dalle tecniche messe in campo da tutto il team, che per anni ha lavorato sodo, anche per trovare il giusto taglio narrativo da dare alla storia. Ma la passione di Foster per i fondali oceanici va ben oltre l’interesse naturalistico. E il documentario riesce a raccontarlo in modo magistrale, permettendo allo spettatore di seguire il protagonista per un’ora e mezza in un’immersione sia fisica che spirituale davvero coinvolgente. Un’esperienza unica e capace di ricordarci con forza quanto poco sappiamo delle creature che condividono con noi questo pianeta e di come noi stessi siamo parte integrante della natura.
Il polpo rappresenta una porta sulla natura profonda e mi ha ispirato, facendomi capire che io non ero solo un visitatore nell’oceano, ma ne ero parte
La trama del documentario
Dopo aver filmato per anni alcuni degli animali più pericolosi del pianeta, esplorando il rapporto tra gli esseri umani e il mondo selvaggio (e anche le culture sciamaniche del Kalahari), il filmmaker Craig Foster è esausto e sull’orlo della depressione. Questa sorta di disconnessione dal mondo lo fa sentire persino inadatto come padre e così decide di prendersi una pausa dalla carriera e di tornare nel suo luogo natale, a Città del Capo, in Sudafrica. Qui Foster ritrova la sua antica passione per le immersioni e inizia ad esplorare quotidianamente il meraviglioso mondo sottomarino delle foreste di kelp. È un’esperienza travolgente, che gli permette di fare un incontro inaspettato, che lo cambierà per sempre: quello con un polpo femmina, che si rivelerà un’amica eccezionale e lo aiuterà a ritrovare un equilibrio con se stesso e a riconnettersi con la natura.
La natura come maestra
Il titolo originale My octopus teacher comunica in modo efficace il messaggio etico contenuto nel documentario, che mostra come la natura, se osservata con occhi attenti e cuore aperto, possa trasformarsi nella più straordinaria delle maestre. Un’esperienza formativa, ma anche emotiva per il protagonista, che si troverà profondamente cambiato, grazie a questo insolito legame. È impressionante assistere al percorso di reciproca conoscenza tra i due, che da estranei si trasformano in intimi amici. Le scene più emozionanti del film sono proprio quelle che raccontano i cauti approcci del polpo a Foster. I suoi sguardi furtivi, i primi avvicinamenti e infine i suoi tentacoli tesi ad accarezzare e persino ad abbracciare il nuovo amico. Una confidenza acquisita nel corso di un intero anno, scandito dalle visite quotidiane di Foster che, armato solo di maschera da sub e telecamera, segue il cefalopode per scoprire le sue abitudini e imparare da lui le regole e i rituali del mondo sottomarino. Un habitat ricco di sorprese, ma anche di pericoli e predatori, come gli squali pigiama, che metteranno a rischio la vita del polpo, rivelando al tempo stesso la sua grande astuzia.
La foresta di alghe sottomarina, un prezioso ecosistema da proteggere
Fin dalla sua prima immersione, Foster ha capito che tutelare e diffondere un messaggio di salvaguardia della foresta sottomarina sudafricana sarebbe diventata una sua priorità. Tanto che nel 2012 è diventato co-fondatore del Sea Change Project, un gruppo senza scopo di lucro per proteggere la vita marina e sensibilizzare sull’importanza di questo luogo. “Vorremmo trasformare la foresta sottomarina sudafricana in un’icona globale. Ci sembra che questo sia un modo per poter proteggere un posto così speciale”, spiega oggi Foster, cavalcando la popolarità ottenuta dal film grazie alla diffusione su Netflix e al palcoscenico degli Oscar.
Immergendosi nelle gelide acque oceaniche ed esplorando la foresta sottomarina, Foster è diventato così una sorta di scienziato autodidatta. Ad aiutarlo nell’impresa ha però chiamato accanto a sé anche il professore emerito Charles L. Griffiths del Dipartimento di Biologia marina dell’Università di Cape Town e il dottor Jannes Landschoff, con i quali ha potuto identificare, classificare e confrontare tutti gli animali e i comportamenti che stava osservando. Una collaborazione a doppio senso, dal momento che l’esperienza sul campo di Foster ha permesso agli studiosi di raccogliere preziose informazioni dirette sull’ecosistema.
Come tutto è cominciato
L’amicizia di Foster con il polpo risale a circa una decina di anni fa ed è durata soltanto un anno (la vita di questi animali dura infatti intorno ai 18 mesi). In quel periodo il protagonista, sentendo il bisogno di riconnettersi con la natura, aveva deciso di immergersi ogni giorno senza muta né altro abbigliamento da sub nelle acque gelide della costa sudafricana. Un modo per sentirsi davvero parte di quel mondo e per potersi muovere più liberamente tra gli anfratti e le alghe della foresta di kelp. Questo rituale è proseguito per otto anni, durante i quali sono state raccolte ben 3.000 ore di riprese.
Inizialmente Foster si immergeva da solo, appoggiando la telecamera sul fondale per poter riprendere le sue interazioni col polpo. L’esperienza si è poi rivelata talmente incredibile da spingerlo a coinvolgere altre persone nel progetto. Primo tra tutti il suo vecchio amico Roger Horrocks, un operatore pluripremiato, con il quale Foster ha trascorso centinaia di ore sott’acqua, creando anche una serie tv per il programma della Bbc Blue Planet II.
Ma il vero desiderio di Foster era quello di realizzare un docufilm in grado di comunicare la forza e la bellezza della sua esperienza sottomarina. Da qui la sua idea di coinvolgere prima la regista Pippa Ehrlich, abile storyteller e giornalista specializzata in conservazione marina e, in seguito, anche il regista James Reed, un famoso e pluripremiato autore di Bristol a cui sono state affidate le sequenze dell’intervista dello stesso Foster, che accompagnano tutto il documentario.
Per completare il quadro è stato ingaggiato anche Tom, il figlio di Craig, che oltre ad avere un ruolo importante nella trama del documentario, si è occupato delle sequenze aeree realizzate col drone. Infine, un altro contributo fondamentale è arrivato dalla professoressa Jennifer Mather, dell’Università di Lethbridge, in Canada. Una “psicologa del polpo” che, con le sue conoscenze specifiche, ha permesso agli autori di raccontare la storia in modo autentico, spiegando i comportamenti del cefalopode in modo scientifico.
L’impegno di Netflix per il Pianeta
Il mio amico in fondo al mare è solo uno dei contenuti a tema ambientale distribuiti da Netflix che, in occasione della recente Giornata mondiale della Terra, ha chiaramente espresso il suo impegno per la sostenibilità La piattaforma streaming ha infatti annunciato il suo progetto Emissioni zero + Natura, con l’obiettivo di raggiungere zero emissioni nette di gas serra entro la fine del 2022, mantenendolo anche negli anni successivi. Un impegno che si unisce a un altro dato importante: nel 2020 ben 160 milioni di case di tutto il mondo hanno scelto di guardare su Netflix “almeno un film o una serie che ha aiutato gli spettatori a comprendere meglio le questioni ambientali”, come riferito dal network. Dalla serie britannica di documentari naturalistici Il nostro pianeta, alla docuserie David Attenborough: una vita sul nostro pianeta (premiata con due Emmy e molti altri premi). Dall’affascinante Notte sul pianeta Terra, che ha catturato segreti mai svelati della fauna e della flora selvatica, fino a Ballando con gli uccelli, Pianeta assurdo, Chasing Coral e Piccole creature. E proprio in occasione della Giornata mondiale della Terra, lo scorso 22 aprile, ha debuttato su Netflix anche David Attenborough: la vita a colori, la docuserie in grado di farci vedere con gli occhi degli animali. Esperienze preziose e utili, per scoprire luoghi lontani e imparare a guardare il mondo da nuove prospettive. Proprio come è capitato a Craig Foster, immergendosi nello straordinario ecosistema della foresta sottomarina sudafricana.
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