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Il Parmigiano Reggiano… regge. Metà andrà all’estero
A partire dai dati del consumo di questo alimento tipico del made in Italy, il Consorzio di Tutela traccia la rotta che porterà, nel 2020, verso una quota di esportazioni pari al 50% della produzione totale. Ecco i paesi a cui piacerà di più il Parmigiano Reggiano.
Lieve calo della produzione dello 0,85% e delle giacenze del 4,3%, buona tenuta dei consumi interni (+0,3%), export ancora in forte crescita (+5%), quotazioni in lieve flessione su base annua e in netta ripresa negli ultimi cinque mesi: sono i dati principali del consuntivo 2013 del Parmigiano Reggiano, che nel corso dell’anno ha superato pressoché interamente anche le conseguenze del terremoto del maggio 2012. “In un anno di grandissima difficoltà per le vendite alimentari al dettaglio – ha spiegato il presidente del Consorzio di Tutela, Giuseppe Alai – le vendite di Parmigiano Reggiano nella GDO sono scese solo dell’1% e sono state ben compensate dall’incremento di quelle effettuate direttamente dai caseifici e da altri canali”. Per il 2014 il Consorzio metterà in campo investimenti per 13,7 mln di euro, equamente divisi su Italia ed estero, per la valorizzazione e il sostegno del prodotto sui mercati. Specifici progetti – con un ulteriore investimento per quasi 1 milione di euro – saranno portati avanti con gli esportatori, la Gdo e sul canale horeca. Buona parte del bilancio del Consorzio (complessivamente 22,9 milioni) è come sempre assorbita dalle attività di controllo e vigilanza.
Nel 2020 obiettivo quota export al 50%. “Nel 2013 – precisa il direttore del Consorzio del Parmigiano Reggiano Riccardo Deserti – sui mercati esteri sono state collocate 45.800 tonnellate e grazie a questo rilevante incremento è salita al 34% (e raddoppiata in cinque anni) la quota di prodotto destinato all’export”. Ai vertici delle classifiche dell’export restano la Francia (con una quota del 19%), il Regno Unito (17,1%), la Germania (16,9%) e gli Usa (16,5%), seguiti da Canada, Giappone e Svizzera. “È in massima parte a questi Paesi – spiega Deserti – che si lega la nostra crescita, anche se si sta consolidando un flusso sempre più consistente verso altre aree”. “Pur partendo da quote complessivamente ancora modeste – conclude Deserti – l’export al di fuori dei Paesi citati registra un +25%, con crescite percentuali molto rilevanti in Brasile (+130%), Indonesia (+140%), Arabia Saudita (+93%), Kuwait (+30%, Messico (+25%), India (+19%), Russia (+16%), Corea del Sud (+16%)”. Stranamente, tra gli emergenti, verso la Cina partono ancora solo 13.000 forme l’anno, forse perché mancano le basi per la conoscenza del prodotto. Per conquistare nuovi paesi una vetrina importante sarà anche l’Expo 2015: il Consorzio ci sarà, vuole esserci, hanno detto Alai e Deserti, e sarà l’occasione anche per far visitare a chi verrà alla manifestazione i ‘vicini’ luoghi di produzione del celebre formaggio.
Stabilità per i 3.500 produttori. A settembre 2013 con decisione unamine, è stato dato il via al “Piano di regolazione dell’offerta” che prevede, per il 2014, una produzione di 3.250.000 forme (29.000 in meno rispetto al 2013). Sul versante delle quotazioni, il 2014 – dopo un 2013 di oscillazioni – ha segnato punte massime di 9,40 euro al kg e con minimi mai sotto ai 9 euro: “Valori – conclude Alai – che non si toccavano dal dall’ottobre 2012 e che, associati ad altri elementi positivi, lasciano intravedere un futuro più soddisfacente per i produttori”.
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