Cambiamenti climatici e impatto sull’habitat impongono di ripensare la vita in montagna. E il turismo, che resta un grande volano economico.
Il pastore sardo che ha sconfitto le lobby del mattone e salvato la sua terra
Anni di battaglie e di tribunali hanno dato ragione al contadino sardo. Quei resort di lusso resteranno sulla carta
È la classica storia di Davide contro Golia, del piccolo contro il gigante, quella di Ovidio Marras, raccontata da Nicola Pinna su LaStampa. Il vecchio pastore sardo, da anni impegnato contro una cordata di giganti del mattone, ha vinto la sua battaglia: nelle sue terre e tutt’intorno non si potrà costruire.
Niente resort di lusso, con camere 5 stelle pensate per ricchi e ricchissimi. Il pastore di Capo Malfatano, grazie anche all’appoggio di Italia Nostra, l’associazione per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente e del territorio italiano, ha così salvato da una colata di 190mila metri cubi di cemento uno degli angoli più suggestivi del sud della Sardegna, dove si trova quella considerata come una delle spiagge più belle al mondo.
Marras ha impugnato l’autorizzazione da parte del comune di Teluada e della regione Sardegna che aveva dato esito favorevole alla lottizzazione, fino ad arrivare in Cassazione. Quest’ultima ha riconosciuto l’illegittimità di “non sottoporre alla valutazione di impatto ambientale taluni dei piani di lottizzazione dei sub comparti interessati e ciò anche perché, in definitiva, nel contesto l’assenza di una valutazione complessivi ai fini della sola Via si poneva in radicale contrasto con la sua ontologica finalità, che era quella di accertare gli effetti ultimi dell’intero intervento sull’ambiente, nonché di valutarne la compatibilità e/o di suggerire sistemi di ‘minor impatto’, senza esclusione della cosiddetta ‘opzione zero’”.
“Non sono uno che sogna di vivere in un posto di lusso. Non so neanche dove sia la Costa Smeralda. Io voglio continuare a vivere in questa terra, voglio che la lascino così come l’abbiamo conosciuta”, ha raccontato il pastore a Pinna. “Qui mi avevano preso per scemo, ma io non mi sono arreso. Volevano circondarmi di case, volevamo intrappolarmi nel cemento, forse speravano che me ne andassi. Ma adesso saranno costretti a buttar giù tutto. Non era accettabile che noi dovessimo andar via da qui, da casa nostra, per far posto ai ricchi. Questo posto è di tutti e io lo dovevo difendere”.
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