La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
Si è conclusa il 2 novembre la Cop16 sulla biodiversità, in Colombia. Nonostante le speranze, non arrivano grandi risultati. Ancora una volta.
La popolazione di vermocane è diventata invasiva, la causa principale è l’aumento delle temperature dell’acqua. Ma è così terribile come dicono?
No, possiamo dirlo: il vermocane non è quella terribile e spaventosa creatura che viene descritta. Oltre al nome vermocane, o verme di fuoco, che potrebbero ricordare creature fantastiche e, forse, spaventose, quasi tutto ciò di allarmante che è stato detto non è poi così vero. Perché, sì, se lo toccate fa male – alcuni parlano di dolori lancinanti altri di pruriti fastidiosi come le punture di medusa o ortica – ma perché bisogna andare a toccarlo? L’incidente può capitare, ma il vermocane vive e si sposta principalmente sui fondali rocciosi o sugli scogli e, in più, non è un predatore pronto ad attaccarvi, anzi, si muove molto lentamente e punge solo per autodifesa. Le sue setole quando spaventato si irrigidiscono e si spezzano rimanendo incastrate nella pelle. Ma facciamo un passo indietro e cerchiamo di capire chi è il vermocane e perché se ne è parlato tanto.
Questa creatura è nota alla scienza come Hermodice carunculata, ed è una specie di anellide marino appartenente alla famiglia Amphinomidae, un verme marino, più precisamente un polichete – come il lombrico. Il vermocane non è una specie aliena, è infatti presente nelle nostre acque già da moltissimo tempo e fa ormai parte della nostra fauna, i primi segnali della sua presenza risalgono al 1800 nel golfo di Catania. Non è presente solo nel Mediterraneo ma anche nel golfo del Messico e nei Caraibi. Negli ultimi anni a causa del riscaldamento delle acque è diventato molto più abbondante diventando una specie invasiva, in particolar modo nelle regioni del sud Italia come Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Inoltre, sta colonizzando anche zone dove un tempo era molto raro come il mar Tirreno e l’Adriatico, un chiaro segnale di espansione dell’areale. In media ha una lunghezza di circa 20 centimetri e presenta dei colori molto sgargianti e accesi, difficile da non vedere. Su entrambi i lati del corpo si notano le numerosissime setole, che l’hanno fatto diventare “il terrore dei bagnanti”. Queste setole, che vengono utilizzate esclusivamente per difesa, contengono una neurotossina urticante per scacciare i predatori, che provoca nel malcapitato una sensazione di bruciore – ma come abbiamo già anticipato, nulla di così grave, fa male ma non uccide. Il consiglio migliore rimane chiaramente quello di stargli alla larga, ma se dovesse succedere di venire a contatto con il vermocane, state tranquilli, nel giro di poco tempo il dolore sarà passato.
Una frase costantemente associata alla presenza del vermocane è che sta minacciando la pesca e i pescatori. I pescatori stanno ritrovando sempre più spesso incagliati nelle loro reti numerosi individui di vermocane, molti dei quali intenti a mangiarsi il pescato, rendendolo invendibile. Il vermocane è un predatore molto vorace che con l’aumento della temperatura dell’acqua aumenta anche la sua attività predatoria. Si nutre principalmente di coralli, anemoni, piccoli crostacei e, quando le trova, carcasse di pesce.
I problemi ecologici legati a questo animale non dipendono solo dalla sua attività predatoria ma dalla sua proliferazione causata dal riscaldamento delle acque. Infatti, non avendo predatori naturali e trovando le temperature ideali, la sua popolazione sta aumentando notevolmente. Il vermocane è un problema per la pesca perché, come detto, si attacca alle reti dei pescatori, ingolosito dalle facili prede – ricordiamo che il vermocane è un saprofago, quindi si nutre di carcasse e non caccia direttamente – così il pescato non è più vendibile a causa della possibile presenza delle setole, che rimangono potenzialmente pericolose anche una volta staccate dall’animale. Tuttavia, ci siamo mai chiesti se la colpa è del metodo di pesca che il vermocane venga in contatto con i pescatori? Secondo Alberto Luca Recchi, esploratore del mare e scrittore di diversi libri insieme a Piero Angela, bisogna puntare il dito sulla pesca a strascico, unica occasione in cui un pescatore viene in contatto con un vermocane. “La pesca a strascico è un flagello perché per prendere qualche pesce sul fondo, si uccidono tanti animali – tra cui il vermocane – privi di valore commerciale che poi vengono ributtati in mare”.
Come abbiamo capito il vermocane sta assumendo un comportamento sempre più da specie invasiva. Già nel 2022 è stato avviato il progetto Worms Out dall’Ogs, Istituto nazionale di oceanografia e di geofisica sperimentale, insieme alle Università di Modena e Reggio Emilia, di Catania e di Messina, l’Ispra, l’Area Marina Protetta di Capo Milazzo e ScubaBiology con l’obiettivo di monitorare la presenza del vermocane e gestirne la sua proliferazione. Il progetto fa affidamento alla citizen science, ovvero rende partecipi tutti i cittadini alla raccolta dei dati, ogni cittadino può infatti segnalare l’avvistamento del vermocane sia tramite app Avvisapp (utilizzata già per il monitoraggio di altre specie) oppure compilando il form online. Raccogliendo più dati possibili sarà possibile studiare il comportamento di questo animale, così da riuscire a prevedere il suo impatto sugli ecosistemi marini e anche il futuro rapporto che potrà avere con l’uomo.
Il vermocane ci ha dimostrato ancora una volta come i cambiamenti climatici, in particolar modo l’aumento di temperatura delle acque, possono scombussolare un intero ecosistema. L’ultima raccomandazione, che ripetiamo ancora una volta, il vermocane se toccato fa male, ma non bisogna creare allarmismi: è difficile da trovare sulle coste basse e sabbiose, mentre è ben visibile sulle rocce dove è solito stare: basta prestare attenzione.
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