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Il mandala dei Sufi
Nove punte chiuse in un cerchio e collegate tra loro a formare una stella, questo il simbolo dell’Enneagramma, un antico strumento di autoconoscenza e crescita spirituale.
Nato in Persia più di duemila anni fa, come percorso
iniziatico dei maestri Sufi, l’Enneagramma – una stella a nove
punte inscritta in un cerchio – è giunto a noi attraverso
molte vicissitudini. Dapprima tramandato oralmente, negli anni
venti, è stato portato in Europa da
Georg Ivanovich Gurdjieff per poi assumere le valenze
psicologiche, che ne fanno oggi uno strumento di conoscenza e
cambiamento, con gli studi di Oscar Ichazo negli Stati Uniti e,
infine, con lo psichiatra Claudio Naranjo, che ne ha permesso la
sua diffusione anche in Italia.
Con l’Enneagramma possiamo conoscere le nostre principali
caratteristiche e rigidità. Ai nove punti corrispondono nove
tipologie, nessuno è migliore o peggiore e quel che conta
è che ogni numero ha bisogno di tutti gli altri per potersi
realizzare pienamente.
Ecco qualche spunto per iniziare a conosce i “doni” e le “trappole”
delle nove tipologie:
Al numero Uno corrisponde “l’idealista”, colui che agisce in
virtù dei suoi principi. La giustizia è al primo
posto accanto ad un’estrema ricerca di perfezione che,
inevitabilmente, lo porta a vivere perennemente insoddisfatto.
Il Due, chiamato “l’aiutante”, è chi desidera rendersi utile
agli altri nascondendo un profondo bisogno di gratitudine e
apprezzamento, l’orgoglio è il “peccato” a cui si piega e il
freno alla sua evoluzione.
Il Tre è l'”organizzatore”, assertivo e ambizioso, impegnato
com’è nel pianificare la propria e altrui vita, dimentica
spesso di avere un cuore.
Il “dono” del Quattro è, invece, la creatività. Ama e
ricerca il bello, ma poiché la bellezza è un sogno,
soffre spesso di malinconia.
Il Cinque, detto il “pensatore”, si fida solo della scienza e
conoscenza, il rischio è che, ritirandosi dal mondo, soffra
di solitudine.
Il Sei è il “responsabile” del gruppo, può essere un
ottimo collaboratore ma, frenato dal dubbio e dalla paura,
può arrivare a impedirsi qualsiasi movimento.
Il Sette è l'”ottimista”, la ricerca del piacere è la
sua linfa vitale, sa giocare e scherzare, la “trappola” sono gli
imprevisti della vita a cui giunge spesso impreparato.
L’Otto è chiamato il “leader”, ma il timore di apparire
debole lo può far diventare pre-potente.
Infine, il Nove è il numero della “mediazione”, la pace
è l’ideale a cui aspira, il rischio è quello di
soffocare i suoi i istinti.
Il lavoro di crescita personale consiste sia nel riconoscere quale
tipologia è la più corrispondente a sé, in
modo da conscersi meglio e utilizzare a pieno talenti e
predisposizioni; sia nel riconoscere in sé la presenza di
ogni diversa sfaccettatura, intesa come una potenzialità da
sviluppare per il raggiungimento di un ottimale equilibrio, in cui
siano presenti i diversi – pur se apparentemente contradditori –
aspetti della molteplice personalità individuale umana.
Gabriela De Angelis
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