Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Il marketing e il potere della genuinità
Se un prodotto alimentare è buono, se è autentico, genuino, di qualità, e se il marketing ha il coraggio di puntare tutto su questo per promuoverlo, ebbene questo prodotto avrà un buon successo. E sarà in grado di sbaragliare anche la concorrenza di prodotti magari più pubblicizzati, meno cari, di qualche grande multinazionale. È uno
Se un prodotto alimentare è buono, se è autentico,
genuino, di qualità, e se il marketing ha il coraggio di
puntare tutto su questo per promuoverlo, ebbene questo prodotto
avrà un buon successo. E sarà in grado di sbaragliare
anche la concorrenza di prodotti magari più pubblicizzati,
meno cari, di qualche grande multinazionale.
È uno dei messaggi emersi da un incontro con alcuni
protagonisti del mercato alimentare italiano, esponenti
dell’industria, del marketing, della comunicazione organizzato a
Zurigo dalla società di consulenza Realise, che ha ideato la
conferenza, presso il GDI, think tank e luogo d’incontro
dell’industria e del commercio d’oltralpe.
Un messaggio tutt’altro che scontato. Si pensi alla concorrenza in
tutto il mondo di tanti cibi “finti italiani” (dal Parmesan alla
Beef-Pizza fino al Pepperoni, salame con peperoni dentro) contro le
vere specialità made in Italy.
Gli esempi sono molti. Si può raccontare come una famosa
marca di pasta italiana è sbarcata negli Usa, affrontando un
mercato pieno di confezioni di spaghetti fatti magari in Turchia o
magari con grano tenero (col nostro tricolore sulla confezione), ed
è riuscita a scavalcarle tutte, affermandosi alla fine come
la marca più venduta.
Si può raccontare come un produttore di vini, puntando sulla
cura artigianale dei prodotti e sulla personalità dei vini
è riuscito a raddoppiare in quindici anni il suo fatturato
aumentando solo d’una frazione la quantità di bottiglie
prodotte, proponendo vini un po’ più cari, ma sempre
più curati e legati al territorio d’origine.
E si può raccontare ovviamente delle imprese di Marco
Roveda, anch’egli relatore al convegno, due imprese diverse, una
nel biologico, una nella comunicazione etica, la cui storia
è sempre stata improntata all’offerta di qualcosa di
diverso, di migliore, di più buono.
Quali sono i fattori di successo di chi produce rispettando la
qualità, il gusto, l’ambiente?
Lo scenario favorevole: la fortuna del made in Italy e dei “veri”
ristoranti italiani in tutto il mondo.
Una richiesta di qualità: il mercato richiede sempre
più prodotti genuini, autentici, non standardizzati.
I relatori erano tutti d’accordo: è importante che il
marketing riconosca che tutti noi, stufi di offerte scadenti e di
massa, siamo alla ricerca di prodotti più buoni, più
sani, più bio, più “nostri”.
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