Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Il mito del cespuglio sempreverde
Il mito del cespuglio sempreverde. Si narra che una notte, durante i suoi esercizi religiosi, il monaco buddhista Bodhidharma, giunto in Cina intorno al 520 d. C., fu assalito dal sonno e per non addormentarsi si strappò le palpebre e le gettò a terra. In quello stesso punto spuntò un albero dalle foglie sempreverdi. Bodhidharma
Il mito del cespuglio sempreverde. Si narra che una notte, durante i suoi esercizi religiosi, il monaco buddhista Bodhidharma, giunto in Cina intorno al 520 d. C., fu assalito dal sonno e per non addormentarsi si strappò le palpebre e le gettò a terra. In quello stesso punto spuntò un albero dalle foglie sempreverdi. Bodhidharma ne mangiò e scoprì che quelle foglie miracolose erano in grado di scacciare la stanchezza. È questo una dei numerosi racconti sull’origine del tè. Origine cinese, secondo la leggenda, ma più verosimilmente indiana, in particolare dalla regione dell’Assam. Dall’oriente, poi, con l’avvio del processo di colonizzazione, il tè si diffuse in tutta Europa dove contribuì notevolmente a modificare le abitudini e i gusti alimentari. Attualmente la Gran Bretagna è il principale paese importatore e consumatore di tè: ogni inglese beve in media 1430 tazze di tè all’anno! I principali paesi produttori invece sono l’India, la Cina, lo Sri-lanka, il Kenya. È in questi paesi che si trovano le grandi piantagioni di tè: cespugli sempreverdi da cui le donne colgono le foglie più giovani e morbide, le due foglie superiori e il germoglio centrale; si riempiono le ceste che portano sulle spalle e portano le foglioline di tè alla fase di lavorazione. Durante la lavorazione si distinguono le principali differenze tra i tipi di tè: nero (fermentato), verde (non fermentato) e oolong (semi-fermentato). I tè importati dal commercio equo e solidale provengono dall’India, dallo Sri-lanka e dallo Zimbabwe. Stassen, Ambootia, Katyo Farm e Oothu sono realtà produttrici che, grazie al sovrapprezzo pagato dalle organizzazioni di commercio equo, possono investire in progetti di sviluppo sociali, per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro. La certificazione di agricoltura biologica è, ad esempio, il risultato di investimenti e ricerche per lo sviluppo di una coltivazione rispettosa della salute e dell’ambiente. Nell’importazione del tè, il commercio equo riesce a realizzare il completo ciclo produttivo nei paesi d’origine. I cestini in foglie di palma in cui sono confezionati i tè provenienti da Sri-Lanka sono realizzati da gruppi di donne secondo le procedure artigianali tradizionali. In questo modo si creano nuove opportunità di lavoro e valore aggiunto a vantaggio dei produttori. Giovanna Salvini Cooperativa Chico Mendes
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