Due termini correlati che esprimono concetti leggermente diversi. Abbiamo chiesto aiuto a Vidas per capire.
Il respiro della libertà
La medicina del respiro passa attraverso una piena consapevolezza di sé e del legame tra l’ambiente ed il nostro bisogno di lui.
L’uomo e la natura non formano due universi separati in quanto
il ritmo delle cose è dato dalla loro funzione comune: la
funzione del respirare, equivalente all’archetipo dello scambio,
è una delle necessità vitali per tutti i viventi.
La foglia e il polmone sono unite in un unico ritmo; l’una emette
ossigeno e immette anidride carbonica, l’altro fa il contrario;
entrambi si scambiano i propri prodotti per nutrirsi. Quando il
ritmo circolare del respiro “sballa” a livello individuale o
collettivo, il senso di minaccia e pericolo nell’esistenza di
relazione ne sfasa l’ordine e ne interrompe l’unità.
Nel cammino dell’evoluzione delle specie, l’apparato
respiratorio nasce già a partire dal momento in cui gli
animali vermiformi passarono da una struttura filiforme e piatta ad
una volumiforme, per un aumento del rapporto tra fabbisogno e
consumo d’ossigeno via via che l’animale si evolve.
La prima forma di captazione dell’ossigeno avviene grazie alla
più primitiva struttura respiratoria: le branchie.
Attraverso gli anfibi, per metà acquatici, che mantengono
accanto a polmoni primitivi e sacciformi una respirazione cutanea,
e i rettili, che per affrancarsi dal legame con l’acqua
ispessiscono la pelle di scaglie e allargano la superficie
polmonare, la piena emersione dal grande mare protettivo si
realizza con i polmoni più differenziati degli uccelli e dei
mammiferi.
Allo stesso modo la funzione respiratoria nell’uomo comincia
là dove la dimensione liquida e l’unione placentare
madre-bambino finisce.
Questo passaggio traumatico che si compie con il primo inspiro
rimanda a una nuova vita individualizzata, staccata dalla madre,
che conduce dal vicino al lontano, dal protetto allo scoperto, da
uno spazio chiuso ad uno aperto e che terminerà infine con
un’esalazione.
La medicina tradizionale cinese collega…
La medicina tradizionale cinese collega in modo analogico la
funzione del polmone a quella della tristezza, sentimento presente
solo negli animali filogeneticamente più evoluti, che come
“posizione depressiva” mette fine ad un sogno, quello dell’unione
alla grande madre, emancipando il soggetto verso il superamento di
un legame dipendente e ravvicinato col materno a favore di una sua
interiorizzazione, e di una maggiore capacità di solitudine,
libertà e indipendenza nel rapporto col mondo.
L’aria in senso allargato include il rapporto col collettivo:
emettendo aria il soggetto comunica, avvia una relazione.
Il polmone è quindi come un mantice della comunicazione
verbale.
La parola è infatti un movimento di aria direzionata, una
“forma-formata” emessa in ultima istanza dai muscoli inspiratori ed
espiratori della laringe, della lingua…
Quando l’emissione di aria è indiscriminata allora produce
un suono non mirato e non organizzato, confuso. Come quello di un
colpo di tosse che interrompe la comunicazione di qualcosa che
è inaccettabile, o quello ripetuto di una tosse aggressiva o
stizzosa che frantuma la relazione e ne rivela la paura, quello
sommesso di una tosse etica che dichiara la presenza mentre
dichiara ciò che nasconde, quello produttivo ed espulsivo di
una tosse grassa o quello esplosivo di un non-detto di una tosse
secca.
La patologia con ricadute sulle vie respiratorie alte (es. tic
respiratori, tachipnea, raffreddori, laringiti, faringiti,
singhiozzo, tonsilliti, afonie, asma bronchiale, tabagismo) o basse
(es. broncopneumopatia, enfisema o tumore polmonare) esprime in
ogni caso, a diversi livelli di profondità, conflitti
rimossi o negati – inscrivibili sull’asse autonomia-dipendenza, che
il soggetto tenta di risolvere per via somatica.
L’alterazione del rapporto tra i gas respiratori, che è
presente anche nelle fobie, nel panico e nei quadri ansiosi, altera
e deforma quel libero gioco di scambio tra ossigeno e anidride
carbonica, proprio come sul piano psichico, una tensione
conflittuale interna al soggetto gli impedisce di giocarsi
naturalmente il rapporto col bisogno di libertà e quello di
legame.
Claudia
Brianzoli
Psicologo clinico. Specializzanda all’Istituto di psicoterapia
Aneb. Terapista di rebirthing e reikiterapia presso LifeGate
Clinica Olistica
Pubblicato su LifeGate magazine n.27
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