L’invasione di terra e i bombardamenti condotti da Israele nella Striscia di Gaza non stanno soltanto seminando morte e distruzione: l’impatto ambientale e climatico dell’intervento deciso da Tel Aviv dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre è altrettanto devastante. A riferirlo è uno studio curato da ricercatori britannici e americani, i cui contenuti sono stati pubblicati in esclusiva dal quotidiano inglese The Guardian, secondo il quale pochi mesi di conflitto hanno prodotto più emissioni di gas ad effetto serra di quelle disperse in un anno intero da venti nazioni vulnerabili di fronte ai cambiamenti climatici.
“Come bruciare 150mila tonnellate di carbone”
L’analisi indica che i soli primi sessanta giorni di operazioni militari israeliane hanno comportato la dispersione nell’atmosfera di 281mila tonnellate di CO2. “Secondo lo studio – scrive la testata inglese – che si basa solo su una parte delle attività ed è quindi, probabilmente, significativamente sottostimato, l’impatto climatico è stato pari a quello che si avrebbe brucando non meno di 150mila tonnellate di carbone”. Lo studio prende infatti in considerazione le missioni aeree, gli spostamenti di carri armati ed altri mezzi militari, assume alle emissioni generate dalle esplosioni di bombe, artiglieria e missili.
Emissions from Israel’s war in Gaza have ‘immense’ effect on climate catastrophe https://t.co/P0dAdAMXp8
Sono state perciò contabilizzate le emissioni generate dai voli effettuati dall’aeronautica statunitense per rifornire di materiali e mezzi l’esercito israeliano, ma tralascia ad esempio le emissioni di metano. Gli Stati Uniti hanno utilizzato non meno di 200 cargo per trasportare 10mila tonnellate di equipaggiamenti militari, consumando all’incirca 50 milioni di litri di carburante.
Nello stesso periodo, i razzi lanciati da Hamas sul territorio della nazione ebraica hanno generato all’incirca 713 tonnellate di CO2, equivalenti a quelle causate dalla combustione di circa circa 300 tonnellate di carbone. Un dato dato, sottolinea il Guardian, “che evidenzia l’asimmetria delle due macchine belliche”.
Lo studio mostra solo una piccola parte dell’impatto delle guerre
“Questo studio mostra solamente una piccola parte dell’impatto militare della guerra. Basti pensare agli agenti inquinanti tossici che rimarranno a lungo sul territorio dopo la fine dei combattimenti”, ha dichiarato Benjamin Neimark, docente presso la Queen Mary University di Londra e coautore della ricerca pubblicata sulla rivista Social science research network.
Alle operazioni militari, poi, vanno aggiunte le emissioni che saranno necessarie per ricostruire la Striscia di Gaza. “La ricerca calcola che per riparare o riedificare i 100mila edifici danneggiati, utilizzando moderne tecniche di costruzione, si produrranno 30 milioni di tonnellate di gas ad effetto serra. Un valore pari alle emissioni annuali di CO2 di una nazione come la Nuova Zelanda”. “Questa analisi – ha commentato David Boyd, relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani e l’ambiente – ci consente di capire quanto immense siano le emissioni legate alle guerre. I conflitti armati spingono l’umanità verso il precipizio della catastrofe climatica e rappresentano un modo idiota di consumare il nostro risicato carbon budget”.
“Le guerre, un modo idiota di consumare il nostro risicato carbon budget”
Pesare, su teatri di guerra come quello di Gaza, sono poi le operazioni navali. Nonché gli incendi provocati dai bombardamenti o dalla distruzione di depositi di carburante. Occorrerà attendere la fine del conflitto per poter tentare di quantificare con precisione le emissioni complessive da esso generate. Le Nazioni Unite, tuttavia, nel settembre del 2009 avevano pubblicato un rapporto sull’impatto ambientale, in loco, dei combattimenti effettuati tra il dicembre dicembre del 2008 e il gennaio del 2009 a Gaza.
The climate costs of war and militaries can no longer be ignored | Doug Weir https://t.co/rQaUmsPQ8C
Il documento, intitolato “Environmental Assessment of the Gaza Strip”, aveva parlato di 2.692 edifici distrutti o danneggiati in modo irreparabile, che aveva generato 600mila tonnellate di macerie nelle quali la presenza di amianto – nonché di altri agenti tossici – era enorme. La stessa Onu aveva evidenziato la morte di oltre 35mila esemplari tra mucche, pecore e capre, nonché di un milione di volatili, le cui carcasse hanno marcito all’aria aperta e inquinato e suoli.
I 51 giorni di combattimenti terrestri del 2014, similmente, avevano generato 2,5 milioni di tonnellate di macerie, secondo uno studio palestinese. All’epoca, furono anche distrutti 250.000 alberi, compresi olivi e alberi da frutto.
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