Negli Stati Uniti è stato proposto l’inserimento della farfalla monarca tra le specie a rischio dell’Endangered species act per aumentarne la protezione.
In soli dieci anni, l’impatto nocivo dei pesticidi sulle api è raddoppiato
Sebbene l’utilizzo di pesticidi sia diminuito, la loro tossicità nei confronti degli insetti impollinatori è aumentata. Una ricerca spiega perché.
La velenosità dei pesticidi per le api e per gli altri insetti impollinatori è raddoppiata nel giro di un decennio. È quanto rivela uno studio pubblicato sulla rivista Science e basato sull’analisi di 381 sostanze impiegate negli Stati Uniti fra il 1992 e il 2016.
Il fatto che l’impiego di erbicidi sia stato gradualmente ridotto a livello globale non si è tradotto in un miglioramento delle condizioni di salute delle api. Anzi. Questo perché i pesticidi moderni sono stati sviluppati per avere un impatto minore sugli esseri umani, sugli altri mammiferi e sui volatili. Tuttavia, risultano molto più nocivi per gli invertebrati, comprese le specie acquatiche come le libellule.
Bene, ma non benissimo
“Composti chimici particolarmente tossici per i vertebrati sono stati sostituiti da sostanze che lo sono meno, e questo è un successo”, commenta il professor Ralf Schulz dell’università di Coblenza in Germania, principale autore della pubblicazione. “Allo stesso tempo, però, provocano più danni agli invertebrati acquatici e agli insetti impollinatori”. Gli scienziati temono che dal declino di questi animali potrà dipendere quello di tanti altri, fra cui gli uccelli che se ne cibano.
Chris Novak, presidente di Croplife America, organizzazione che rappresenta i produttori di pesticidi, li ha difesi dicendo che “cercano continuamente soluzioni innovative che abbiano ripercussioni minori sulla salute umana e sull’ambiente, raggiungendo un compromesso fra benefici e rischi”.
Vertebrati e invertebrati vanno protetti allo stesso modo
Lo studio mostra però che l’impatto ambientale dei pesticidi non dipende solo dalla loro quantità, bensì dalla qualità. I ricercatori hanno scoperto che la stessa cosa vale per gli organismi geneticamente modificati: nonostante i loro sostenitori affermassero che questo tipo di coltivazioni richiedesse meno insetticidi, per le api sono altrettanto deleterie.
“Definirei la nostra analisi una buona notizia”, conclude Schulz. “Più a fondo comprendiamo il problema, meglio è: così può innescarsi un dibattito politico e sociale”. Insomma, i risultati ottenuti dimostrano ancora una volta che non si può pensare di proteggere la salute di alcuni membri di un ecosistema, dimenticandosi degli altri, dato che sono tutti connessi fra loro. E come sappiamo, dalle api dipende la nostra sopravvivenza, perché senza di loro non avremmo di che nutrirci.
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