I grandi nomi dell’economia americana vogliono dal presidente Joe Biden un taglio alle emissioni più incisivo e coraggioso, già durante questo decennio.
Il presidente americano Joe Biden si è messo sulla buona strada, riportando gli Stati Uniti nell’Accordo di Parigi e ponendo al centro del suo mandato la lotta contro i cambiamenti climatici. Se vuole davvero azzerare le emissioni nette dell’economia a stelle e strisce entro il 2050, però, deve premere sull’acceleratore. Impegnandosi fin d’ora per un taglio alle emissioni pari al 50 per cento nel corso di questo decennio. A lanciare questo appello è una coalizione di 310 grandi imprese e investitori che comprende nomi del calibro di Google, Microsoft, McDonald’s e Pfizer. L’iniziativa è stata organizzata da We Mean Business e Ceres.
Serve un taglio alle emissioni più incisivo già entro il 2030
Durante il suo mandato Barack Obama si era impegnato per un taglio alle emissioni entro il 2025 pari al 26-28 per cento rispetto ai livelli del 2005. Un target che già era stato ritenuto debole da alcune organizzazioni ambientaliste, ricorda il New York Times, e che è stato poi smantellato dal suo successore Donald Trump. Ora c’è grande attesa per i nuovi obiettivi che verosimilmente Joe Biden annuncerà durante il summit sul clima previsto per il 22 aprile, in occasione della Giornata della Terra.
At this week’s Climate Leadership Summit, President Biden must commit to ending support for international fossil fuels & put forth the country’s fair share of climate action@POTUS – show the world that the US is actually serious about leading on climate!https://t.co/B8SgqB6cgX
— Friends of the Earth (Action) (@foe_us) April 18, 2021
I 310 firmatari hanno le idee molto chiare in merito: entro il 2030 gli Stati Uniti devono sforbiciare le emissioni di gas serra almeno del 50 per cento rispetto ai livelli del 2005. “Un obiettivo coraggioso per il 2030 è necessario per catalizzare un futuro a zero emissioni, stimolare una solida ripresa economica, creare milioni di posti di lavoro ben retribuiti e far sì che gli Stati Uniti si riprendano al meglio dalla pandemia”, si legge nella lettera aperta. Senza contare che l’amministrazione, spingendosi così avanti, potrebbe dare l’esempio sia agli altri paesi industrializzati sia al settore privato. Già oggi molte grandi aziende si sono impegnate ad azzerare le proprie emissioni nette sulla scia dell’Accordo di Parigi. Se a guidarle ci sarà una strategia ambiziosa stabilita a livello centrale, faranno la loro parte per trasformarla in realtà.
L’appello assume una certa rilevanza soprattutto perché a siglarlo sono i dirigenti di oltre trecento imprese che, messe insieme, danno lavoro a circa 6 milioni di cittadini statunitensi e superano i 3mila miliardi di dollari di fatturato. Gli investitori, da parte loro, gestiscono asset pari a oltre mille miliardi di dollari. Scorrendo la lunga lista dei firmatari ci si imbatte in colossi della tecnologia (come Google, Hp, Salesforce, Microsoft), della farmaceutica (Pfizer, Bayer), dell’alimentare (Mars, Kellogg Company, Nestlè), della ristorazione (Starbucks, McDonald’s), della moda (H&M, Gap, Ralph Lauren).
Secondo un rapporto delle Nazioni Unite competizione e corsa alle performance colpiscono la salute mentale dei lavoratori, moltiplicano i casi di burn-out.
L’agrivoltaico permette la coesistenza di agricoltura ed energia solare. Un segmento che potrebbe rappresentare la frontiera della produzione energetica, come dimostra l’esempio di Caviro.
Acemoglu, Johnson e Robinson hanno dimostrato che le istituzioni democratiche creano prosperità e sviluppo. E sottolineato il ruolo delle colonizzazioni.
Le professioni tradizionali si evolvono, integrando competenze sostenibili. Il Fondo nuove competenze 2024 offre un supporto finanziario essenziale alle imprese italiane, promuovendo l’aggiornamento delle competenze digitali ed ecologiche per rimanere competitive.
L’ultimo bilancio di sostenibilità di Gruppo CAP, Sorgente di connessioni, ricorda l’importanza di fare rete per rendere concreta la transizione ecologica.
Il G20 Finanze in Brasile si è chiuso con un primo passo verso l’imposizione di tasse per i super ricchi. Soddisfatta l’organizzazione umanitaria Oxfam.