Secondo il rapporto Greenitaly di Symbola, negli ultimi 5 anni più di un terzo delle aziende ha investito nel green. E tutti ne hanno tratto benefici.
- Dal rapporto Greenitaly di Symbola e Unioncamere finalmente una luce di speranza sullo stato della transizione ecologica
- Negli ultimi 5 anni più di un terzo delle aziende ha investito nel green. E tutte ne hanno tratto benefici.
- E l’Italia è sempre più leader europeo nel riciclo, con il 91,6 per cento nella gestione dei rifiuti.
L’Italia è un Paese all’avanguardia sia nella transizione ecologica che nella green economy. Anche se il ruolo di leader probabilmente spetta più al mondo imprenditoriale, che si sta dimostrando decisamente ricettivo, che a quello della politica, che invece spesso ancora incespica tra qualche passo avanti e qualcun altro indietro. Oltre al fatto che 571mila imprese italiane, pari al 38,6 per cento del totale, ovvero più di una su tre, hanno investito in qualche modo in sostenibilità negli ultimi cinque anni, l’Italia infatti si conferma ancora una volta superpotenza europea per il riciclo, raggiungendo un tasso del 91,6 per cento nella gestione dei rifiuti, di gran lunga superiore alle altri grandi economie europee, Germania (75,3 per cento), Francia (79,9 per cento) e Spagna (73,4 per cento), e alla media europea (57,9 per cento). È quello che emerge dal rapporto GreenItaly, della Fondazione Symbola e Unioncamere, giunto alla quindicesima edizione.
Più green jobs per una “Greenitaly”
Secondo Greenitaly, l’economia verde si rivela un pilastro per il futuro economico del Paese, con circa 3,1 milioni di green jobs, vale a dire lavori che necessitano competenze specifiche nella transizione, equivalenti al 13,4 per cento dell’occupazione nazionale. Questo incremento di professionalità specializzate è frutto della crescente richiesta di competenze legate alla sostenibilità, che nel 2023 rappresenta circa il 35 per cento delle nuove assunzioni, portando una domanda di formazione mirata a figure come esperti di energia rinnovabile e biodesigners.
Tra i principali ostacoli alla transizione ecologica, segnala GreenItaly, rimane però proprio la carenza di figure professionali specializzate: il 52,6 per cento delle imprese fatica a trovare profili adeguati, rendendo necessaria una maggiore formazione in settori come la gestione ambientale e la progettazione sostenibile. Con la previsione di una crescita ulteriore dei green jobs entro il 2028, la stima è che oltre 2,4 milioni di lavoratori dovranno acquisire competenze green.
Innovazione e competitività per la crescita sostenibile
Dalla chimica bio-based all’automotive, pur con tutti i problemi, i settori economici tradizionali stanno vivendo una profonda trasformazione, grazie a una forte spinta verso le tecnologie Net Zero, come il fotovoltaico e l’eolico. Nel 2023, l’Italia ha installato ben 5,2 GW di energia rinnovabile, entrando a piedi pari nella top ten dei Paesi al mondo per potenza fotovoltaica installata e confermandosi tra i leader europei nell’adozione di tecnologie avanzate per la decarbonizzazione.
Secondo il presidente di Symbola, Ermete Realacci, “questa è una strada che tiene assieme anche la risposta che dobbiamo dare anche ai problemi che emergono purtroppo con maggiore frequenza: alluvioni, siccità e anche, perché no, il problema di impoverimento reale del mondo, flussi migratori, con i problemi legati alla capacità della nostra economia di essere più a misura d’uomo e di competere”.
I territori al centro della transizione
Il rapporto GreenItaly evidenzia una partecipazione crescente delle piccole e medie imprese e delle aree locali alla green economy. Lombardia, Veneto e Lazio guidano la classifica delle regioni italiane per numero di imprese green, con la Lombardia al primo posto con oltre 100mila aziende. E la gradità novità è che anche il Mezzogiorno ha registrato una notevole partecipazione: oggi infatti circa un terzo delle imprese green si trova in quest’area, segno di un coinvolgimento sempre più inclusivo nel percorso ecologico nazionale.
Le sfide per il futuro però non mancano: secondo la direttrice generale del Conia Simona Fontana “siamo all’inizio di un’importante fase di transizione che ci dovrà portare a raggiungere anche altri più sfidanti obiettivi, che sono quelli ad esempio di lavorare sempre di più per avere imballaggi riciclabili, o per utilizzare materiale riciclato anche nei nuovi imballaggi: sono tutti obiettivi che sono introdotti dal nuovo regolamento degli imballaggi che a livello europeo a breve dovrà vedere la luce e che di fatto ci pongono importanti asticelle sul futuro e su quello che sarà il lavoro che dovremmo fare”.
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