
Quante imprese hanno i mezzi per far fronte a un danno all’ambiente? A dare una risposta è la rilevazione di Pool Ambiente su dati Ania.
È il più grande database delle emissioni di CO2 legate al settore industriale mai realizzato. E mostrano un dato incontrovertibile: dal 1988 al 2015, 25 produttori di combustibili fossili sono responsabili del 51 per cento delle emissioni globali. I nomi sono i soliti: ExxonMobil, Shell, BHP Billiton e Gazprom, Total; mentre per quanto riguarda le
È il più grande database delle emissioni di CO2 legate al settore industriale mai realizzato. E mostrano un dato incontrovertibile: dal 1988 al 2015, 25 produttori di combustibili fossili sono responsabili del 51 per cento delle emissioni globali. I nomi sono i soliti: ExxonMobil, Shell, BHP Billiton e Gazprom, Total; mentre per quanto riguarda le società a partecipazione statale, la lista si allarga a Saudi Aramco, Gazprom, Shenhua Group e China National Coal Group e molti altri.
A rendere noti questi numeri è il Carbon disclouse project (Cdp) che, con il rapporto Carbon Majors, rivela come le 100 aziende legate all’estrazione e produzione di combustibili fossili, siano responsabili del 71 per cento delle emissioni globali, dal 1988 ad oggi. Ovvero significa che negli ultimi 28 anni sono state emessi più gas serra che nei 237 anni precedenti – prendendo il 1751 come anno della nascita della Rivoluzione industriale. 833 miliardi di tonnellate di CO2, contro le 820 miliardi rilasciate nei due secoli precedenti.
“Questa innovativa relazione mette in evidenza come un gruppo relativamente piccolo di 100 produttori di combustibili fossili possano giocare un ruolo chiave nel cambiamento sistemico delle emissioni di carbonio”, ha dichiarato in una nota ufficiale Pedro Faria, direttore tecnico di Cdp. “Stiamo vedendo cambiamenti nella politica, nell’innovazione e nel mondo finanziario per una transizione a basse emissioni di carbonio e questi dati mostrano quanto sia importante il ruolo dei grandi emettitori di carbonio e di coloro che li possiedono”.
E le previsioni messe in luce dal rapporto non sono certo ottimistiche: se il trend rimarrà tale nei prossimi 28 anni, entro la fine del secolo la temperatura media globale aumenterebbe di 4°C. Lo scenario peggiore. “Il rapporto mostra che chi investe nelle società produttrici di combustibili fossili, hanno in eredità quasi un terzo di tutte le emissioni di gas serra industriali e hanno influenzato la produzione di più di un quinto delle emissioni industriali mondiali”, ha concluso Faria.
“Occorre subito mitigare le emissioni in agricoltura e quelle industriali e domestiche e fissare un Piano energetico nazionale che punti al 100 per cento di energie alternative con investimenti in rinnovabili ed efficienza energetica, con obiettivi vincolanti di riduzione di CO2 e con il progressivo abbandono delle fonti fossili”, dice la Federazione dei Verdi in una nota. “Inoltre è necessario puntare al divieto di circolazione dei motori diesel e benzina a partire dal 2030”.
Motivo in più perché le grandi aziende legate al petrolio, al carbone e al gas debbano necessariamente puntare verso un’economia a basse emissioni di carbonio, adottando scelte anche drastiche, che diano nuovo corso al sistema energetico planetario. Ne vanno dei loro interessi e soprattutto del resto della popolazione.
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