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Cecilia de’ Guarinoni, Henkel. La sfida della sostenibilità per una multinazionale
188 stabilimenti, 53mila dipendenti, decine di brand e centinaia di prodotti diversi. E un imperativo: fare progressi in termini di sostenibilità. Cecilia de’ Guarinoni ripercorre il percorso di Henkel e i suoi prossimi obiettivi.
Nelle case degli italiani è facile trovare uno dei prodotti Henkel. Magari nello scaffale dei detersivi (con i brand Dixan, Bio Presto, Bref…), in bagno, tra shampoo e dentifrici (come Schwarzkopf e Antica Erboristeria), oppure tra gli utensili per il fai da te (Loctite Super Attak, Pattex o Pritt). Altri sono più difficili da scovare: è prodotta da Henkel anche la colla che tiene insieme le componenti delle auto o la confezione dei biscotti conservata in dispensa. Se è vero che questa multinazionale tedesca è così presente nel nostro quotidiano, allora vale la pena di scoprire qualcosa di più su come funziona e, soprattutto, su cosa sta facendo sul fronte della sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Cecilia de’ Guarinoni, head of corporate communications di Henkel per l’Italia, la Grecia e Cipro.
Quali sono i numeri di Henkel?
Henkel è una multinazionale tedesca che ha il suo quartier generale a Düsseldorf e commercializza i suoi prodotti in 130 paesi. Conta 188 stabilimenti di proprietà e 75 affiliati in giro per il mondo. I dipendenti sono circa 53mila e l’85 per cento di loro lavora fuori dalla Germania. Nell’anno fiscale 2018 il fatturato è stato pari a circa 20 miliardi di euro, con un utile operativo di 3,5 miliardi.
Come inizia la storia di Henkel?
Tutto comincia nel 1876, quando il ventottenne Fritz Henkel inventa il primo detersivo autoattivo per facilitare le operazioni di lavaggio a casa. L’azienda, quindi, all’inizio si focalizza sulla detergenza. Dopo qualche anno, Fritz Henkel si trova senza colla per chiudere le confezioni e decide così di avviare la produzione di colle e sigillanti. La nostra storia, che ormai ha alle spalle più di 140 anni, è fatta di acquisizioni e anche di vendite che sono servite a reinvestire su altri business. Il ramo della chimica di base, per esempio, nel 2000 è stato ceduto per concentrare gli investimenti su tre grandi aree: detergenza, cosmetica (con i prodotti per i consumatori finali e quelli per i saloni da parrucchieri) e infine adesivi, sigillanti e tecnologie per il trattamento dei metalli o, più recentemente, per la stampa 3D.
Ci racconta qualcosa in più su quest’ultima area, che è quella che i consumatori finali conoscono meno?
Siamo il primo produttore al mondo di adesivi e sigillanti, che rappresentano il 50 per cento del nostro fatturato globale. Siamo attivi sia nel mondo del consumo, con Pritt, Pattex e Loctite Super Attak, sia nel mondo industriale. Automobili, arredamento, occhiali, packaging: non c’è manufatto che non abbia qualche applicazione di colla, e con ogni probabilità quella colla è Henkel. Il consumatore finale non può accorgersene, ma è fondamentale. Quei microscopici puntini di colla che chiudono una confezione di pasta, per esempio, devono evitare le contaminazioni, essere idonei a chiudere confezioni che possano andare a contatto con i prodotti alimentari e tutelare le caratteristiche organolettiche del prodotto. Esiste una normativa particolare in merito ed esistono certificazioni ad hoc che sono state acquisite, in Italia, dallo stabilimento di Zingonia di Verdellino (in provincia di Bergamo). Ci occupiamo anche di trattamento dei metalli (fosfatazione, anticorrosione…) e di prodotti per l’automotive, come i rinforzanti che rendono la scocca più resistente in caso di incidente, o le schiume insonorizzanti, o altri prodotti che hanno sostituito il bitume.
La famiglia Henkel è ancora presente in azienda?
La gestione è manageriale. La famiglia Henkel non è più all’interno dell’azienda ma ha un rappresentante nel consiglio di sorveglianza, che si interfaccia con il board a Düsseldorf. La famiglia ha sempre promosso una forte cultura e una grandissima sensibilità alle tematiche dello sviluppo sostenibile. Abbiamo alle spalle un percorso molto lungo, in cui l’azienda ha sempre dimostrato un atteggiamento proattivo, anche arrivando in anticipo rispetto alle normative. Nel 1927 Henkel è stata la prima azienda chimica tedesca ad assumere un ingegnere che si occupasse esclusivamente di sicurezza sul posto di lavoro; nel 1940 ha aperto il primo asilo aziendale; negli anni Cinquanta ha condotto i primi test di biodegradabilità dei prodotti detergenti.
Avete una strategia per la sostenibilità?
Siamo guidati da un sistema di gestione integrato che mette la sostenibilità al centro del nostro modo di fare impresa. Abbiamo stabilito una serie di obiettivi, a lungo e a breve termine, e monitoriamo i relativi KPI, Key Performance Indicator, a intervalli regolari. Sono in essere tanti progetti all’interno dei singoli stabilimenti ma anche nelle sedi amministrative, che promuovono la riduzione del consumo idrico, energetico e della produzione di rifiuti. Abbiamo integrato i nostri obiettivi con attività che dovranno contribuire ai 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile che le Nazioni Unite hanno adottato nel 2015. Linee guida importanti che abbiamo recepito nel nostro operato.
Con una gamma così ampia di marchi avvertiamo la responsabilità di contribuire a un consumo responsabile attraverso l’innovazione, offrendo ai nostri clienti (industriali e finali) prodotti nuovi con un profilo di sostenibilità migliorato rispetto ai loro predecessori. Per fare innovazione abbiamo quindi sviluppato una matrice che applichiamo a ogni singolo prodotto. Da un lato c’è tutta la catena del valore, che parte dalle materie prime e prosegue con la produzione, la logistica, la distribuzione, il consumo e il riciclo. Dall’altro lato ci sono le sei aree in cui vogliamo fare gli sforzi maggiori: progresso sociale, performance economica (perché siamo pur sempre una società quotata in Borsa), salute e sicurezza, energia e clima, materie prime e rifiuti, acqua e acque reflue.
Da più di vent’anni rendicontiamo i nostri risultati nel rapporto di sviluppo sostenibile.
Avete già raggiunto risultati tangibili?
Il nostro grande obiettivo globale per il 2030 è quello di triplicare il valore che creiamo rispetto all’impronta generata dalle nostre attività, prodotti e servizi avendo come riferimento i valori del 2010. Per ogni tonnellata di prodotto, tra il 2008 e il 2018 abbiamo ridotto del 38 per cento le emissioni di CO2, del 32 per cento i rifiuti prodotti e del 43 per cento il consumo di acqua.
Come lavorate in termini di responsabilità sociale d’impresa (Csr)?
Siamo molto attivi sul fronte della Csr e la intendiamo soprattutto come progresso sociale. Il che significa in primis avere rispetto di ogni comunità in cui operiamo, assicurando sempre condizioni di lavoro eque per i dipendenti. Poi, se c’è la possibilità di avviare progetti che contribuiscano allo sviluppo della comunità, ben venga. Soprattutto se non sono improntati solo su una logica assistenziale.
Esiste una fondazione, la Fritz Henkel Stiftung, che sostiene in tutto il mondo progetti sociali legati a istruzione, scienza, sport, salute, arte, cultura e ambiente. Poi ci sono progetti che nascono all’interno delle nostre divisioni o funzioni. Tra i più importanti possiamo citare Million Chances, l’iniziativa di Schwarzkopf a sostegno dell’imprenditoria femminile; il programma formativo Shaping futures, con cui i nostri parrucchieri hanno insegnato il mestiere a titolo gratuito nei paesi in via di sviluppo; o ancora, in Italia, il tour educativo ricercamondo.
C’è da dire che non abbiamo mai fatto troppa pubblicità alla nostra Csr, perché non amiamo che si confonda lo sviluppo sostenibile con la filantropia. La sostenibilità è qualcosa di molto più vasto.
foto in apertura © Henkel
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