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L’intelligenza artificiale è diventata una delle tecnologie più interessanti nella lunga lotta ai cambiamenti climatici e ci può aiutare a chiarire meglio le cause, ma soprattutto a passare all’azione.
Per i millennial, l’intelligenza artificiale ha rappresentato per anni nient’altro che un film di fantascienza. Certo, uno dei film più attesi degli anni Duemila (2001), diretto dal regista americano Steven Spielberg – tornato di gran carriera con The Post – che era riuscito a portare sul grande schermo uno degli ultimi progetti cinematografici del grande Stanley Kubrick, scomparso nel 1999 all’età di 70 anni. Un film ambientato nel 2125 dove già si preannunciava un futuro sconvolto dai gas serra e dall’innalzamento del livello dei mari.
Siamo “solo” nel 2018 e l’intelligenza artificiale è ben altro rispetto alla rappresentazione che avevamo in mente una dozzina di anni fa. Oggi l’intelligenza artificiale è una tecnologia concreta che sta già aiutando l’umanità ad “uscire dall’impasse” in cui è finita per colpa del riscaldamento globale. L’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Consiglio nazionale delle ricerche (Iia-Cnr) ha pubblicato i risultati dello studio dal titolo “Attribution of recent temperature behaviour reassessed by a neural-network method” che mostra come lo sviluppo di modelli di reti di neuroni artificiali siano in grado di “comprendere”, di capire i rapporti tra i cambiamenti climatici e le sue cause, siano esse naturali o antropiche, cioè causate dall’uomo. Come fosse “il cervello di un bambino, la rete neurale artificiale – questo il suo nome scientifico – riesce a imparare semplici relazioni causa-effetto che regolano l’ambiente in cui vive”, ha dichiarato Antonello Pasini, primo autore della ricerca dell’Iia-Cnr.
Quanto è intelligente questo cervello artificiale? Ad esempio può arrivare a capire che il sole non ha avuto alcun peso sulla tendenza dell’aumento della temperatura media globale degli ultimi decenni, a partire dagli anni Settanta. Oppure che il ruolo avuto dagli esseri umani sul clima è stato “molto forte e influente a partire dal secondo dopoguerra”, ha aggiunto Pasini, molto più significativo delle dinamiche naturali. Tutto questo, sempre secondo i ricercatori, ha anche un lato positivo perché “possiamo agire per limitare le nostre emissioni di CO2 ed evitare le conseguenze peggiori”.
A venirci incontro per riparare ai (nostri) danni può essere la stessa intelligenza artificiale che non solo ci ha chiarito le cause del pantano in cui ci siamo ficcati con le nostre mani, ma ci può anche aiutare a trovare le soluzioni. È il caso del progetto AI for Earth, intelligenza artificiale per la Terra, lanciato da Microsoft a due anni dalla firma dell’Accordo di Parigi sul clima e presentato dal presidente Brad Smith in occasione del forum World efficiency solutions che si è tenuto dal 12 al 14 dicembre 2017, sempre nella capitale francese. Per l’occasione, Smith ha annunciato lo stanziamento di 50 milioni di dollari per i prossimi cinque anni per cercare di “mettere la tecnologia guidata dall’intelligenza artificiale al servizio delle persone e delle organizzazioni di tutto il mondo” per aiutarli a proteggere il nostro Pianeta.
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Agricoltura, acqua, biodiversità, cambiamenti climatici. Sono queste le quattro parole chiave, le quattro aree che Microsoft vorrebbe sostenere nel raggiungimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile che si è posta la comunità internazionale. Tra i vari esempi citati da Smith in tal senso, a colpire maggiormente è il caso della città-stato di Singapore dove l’intelligenza artificiale e le tecnologie cloud sono state messe al servizio del miglioramento dell’efficienza energetica di 39 palazzi e grattacieli dopo un processo di monitoraggio, analisi e ottimizzazione dei consumi. Il risultato è stato un taglio del 15 per cento dei costi legati all’elettricità dei primi tre palazzi su cui si sono fatti interventi.
Dati che fanno ben sperare sul futuro delle città e di tutti gli insediamenti urbani. I consumi energetici degli edifici negli Stati Uniti, infatti, coprono il 40 per cento del totale e un miglioramento anche pari solo al 15 per cento dell’efficienza dei palazzi di tutto il mondo consentirebbe di ridurre del 6 per cento i consumi di energia a livello globale.
“Mentre entriamo nella Quarta rivoluzione industriale, alimentata dalle trasformazioni tecnologiche – conclude Smith – non dobbiamo solo progredire tecnologicamente, ma anche usare la tecnologia che abbiamo a disposizione per ripulire il passato e costruire un futuro migliore”. Un futuro tutto da scrivere, ma che sia più lieto di un finale scritto da Spielberg.
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