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Simone Germano. Ogni volta che una bottiglia di plastica finisce nel Seabin, è come se avessimo segnato un gol
Dopo l’idea, c’è la realizzazione. Vale anche per i cestini raccogli-rifiuti di Seabin Project e che sono entrati a far parte dell’iniziativa LifeGate PlasticLess, per raccogliere la plastica che infesta i nostri mari.
Dietro ai cestini di Seabin Project che raccolgono la plastica e le microplastiche che soffocano i mari e gli oceani di mezzo mondo c’è una società che è stata in grado di concretizzare l’idea dei due fondatori Andrew Turton e Pete Ceglinski. Si chiama Poralu Marine e da oltre 25 anni progetta e realizza idee in grado di migliorare l’ambiente marino grazie a una cura verso i dettagli, ma anche al design.
I cestini, in particolare i Seabin V5, sono in grado di catturare più di 500 chili di rifiuti all’anno ciascuno, contribuendo a mitigare la quantità di rifiuti che ogni giorno finiscono nel mar Mediterraneo, circa 731 tonnellate di plastica. Un numero che potrebbe raddoppiare entro il 2025. Di queste, 90 tonnellate sono prodotte dal nostro paese, il terzo più inquinante dell’area mediterranea.
Per capire meglio come l’idea dei cestini si sia trasformata in ricerca e sviluppo, Simone Germano, Europe sales manager di Poralu Marine, svela i segreti nascosti dentro un cestino Seabin, scelto da LifeGate PlasticLess per sensibilizzare e agire contro uno dei problemi più gravi del nostro tempo. Perché contro un oceano di plastica, ci vuole un mare di idee.
Cos’è e cosa fa Poralu Marine quando non è impegnata nella realizzazioni dei cestini Seabin?
Dal 1985 Poralu Marine, parte del gruppo francesce Nova Nautic, è uno dei leader mondiali nel settore dei pontili e delle attrezzature portuali come pontili, passerelle, ormeggi per porti turistici e pontili da canottaggio, con oltre 30mila posti barca installati e operativi in cinque continenti. L’azienda ha un approccio allo sviluppo sostenibile e una grande attenzione all’ambiente, per questo infatti si pone anche come acceleratore di start up che propongono innovazioni sostenibili per la gestione e trattamento delle acque nei porti. Inoltre, con la propria divisione di ricerca e sviluppo, Poralu Marine cerca sempre di offrire soluzioni, come il recupero e trattamento delle acque reflue dalle imbarcazioni e la raccolta della plastica e microplastiche tramite i Seabin, a basso impatto ambientale e rispettose del territorio dove si trova ad operare.
Da quanti anni lavora a contatto con il mare e gli oceani e come li ha visti cambiare nel tempo?
Noi di Poralu Marine conosciamo bene sia i mari che i laghi. Trovandoci tra Lione e Ginevra abbiamo iniziato proprio sul Lago di Ginevra, 30 anni fa, realizzando il nostro primo pontile. Ora lavoriamo nei 5 continenti e abbiamo modo di verificare di persona le condizioni di salute sia di mari, fiumi e laghi in posti molto diversi tra loro. Tranne poche eccezioni, abbiamo purtroppo visto peggiorare le condizioni ambientali dei litorali e delle acque soprattutto a causa dell’inquinamento che aumenta a vista d’occhio.
Com’è avvenuto l’incontro tra Poralu Marine e i ragazzi che hanno dato vita a Seabin Project?
Andrew Turton e Pete Ceglinski, i due fondatori di Seabin Project, hanno realizzato il primo prototipo del dispositivo Seabin grazie ad un crowdfunding su internet. Questo prototipo è stato presentato al Mets (Marine equipment trade show) di Amsterdam dove tutti gli attori della nautica si incontrano una volta all’anno. Proprio in questa occasione, abbiamo conosciuto Andrew and Pete che stavano cercando un partner industriale in grado di passare da prototipo alla produzione di serie.
Poralu, da sempre, è molto impegnata sul fronte della protezione dell’ambiente, ricerca e sviluppo, innovazione. Abbiamo subito pensato che questo progetto meritava il nostro supporto ed aiuto per farlo crescere e così la nostra collaborazione è iniziata. Abbiamo voluto integrare il Seabin come soluzione da aggiungere ai nostri pontili per cercare di migliorare la qualità dei mari. Ora distribuiamo Seabin dagli Stati Uniti agli Emirati Arabi Uniti!
È stato difficile dare concretezza all’idea di Pete Ceglinski e Andrew Turton di un “cestino del mare”?
Ci è voluto circa un anno e mezzo per arrivare ad un prodotto di serie. Una delle sfide è stata cercare di mantenere un prodotto semplice e facile da utilizzare. Il Seabin deve funzionare bene considerando la sua applicazione in siti con diverse e varie condizioni ambientali. Siamo riusciti quindi a realizzare un prodotto che potesse garantire una buona performance adattandosi alla maggior parte dei contesti che ne hanno bisogno. Con il primissimo Seabin, vedere i primi detriti che cadevano dentro al dispositivo era come guardare una partita di calcio e tifare per la tua squadra. Ogni volta che vedevamo una bottiglia di plastica o un sacchetto entrare nel Seabin, tutto il team esultava come se avesse appena segnato un gol!
Ora, lo stesso effetto, lo vediamo sulle persone che passano nei porti dove installiamo il dispositivo. Due settimane fa eravamo a Gijón in Spagna e un minuto dopo aver installato il Seabin, 20 persone incuriosite si erano già avvicinate a vederne il funzionamento. Erano tutti attorno al dispositivo in attesa di vedere i detriti “cadere” al suo interno. I bambini sembravano ipnotizzati dal Seabin, persino il sopraggiungere dell’ora di pranzo non li ha distratti dal fissare i rifiuti sparire dal mare, costringendo i genitori a trascinarli via con la promessa di tornare presto ad ammirare nuovamente la novità.
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Quali obiettivi vorreste raggiungere ora con LifeGate PlasticLess?
Con l’importante aiuto di LifeGate Plasticless contiamo di poter aumentare la presenza dei Seabin in Italia, cuore del Mediterraneo e perfetto Osservatorio sullo stato di salute di questo prezioso mare. Grazie alla efficace comunicazione di LifeGate sarà inoltre possibile aumentare la consapevolezza delle persone e delle aziende sulla riduzione della plastica e quindi della sua presenza in mare.
È contento dell’attenzione, ormai alle stelle, verso la salute dell’ecosistema marino?
È molto importante che questa attenzione cresca considerevolmente rispetto al passato per poter spingere persone, aziende ed enti pubblici ad agire per rimediare a questo problema e ad educare le nuove generazioni a comportamenti più sostenibili.
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