Gli incendi in California, sempre più frequenti e violenti, sono una dimostrazione della crisi climatica. Un nuovo studio esplora i loro effetti sanitari.
Le immagini dei cieli infuocati di San Francisco e Irvine, solcati da smisurate colonne di fumo e cenere, hanno fatto il giro del mondo. Conclusa la stagione degli incendi in California dell’autunno 2020, la peggiore che la storia ricordi, gli scienziati si sono messi all’opera per tracciare un bilancio delle conseguenze. Il loro studio, pubblicato dalla rivista Nature communications, giunge a una conclusione preoccupante: il particolato fine (PM2,5) dovuto ai roghi è addirittura più tossico rispetto a quello emesso dal traffico o dalle fabbriche.
Il costo sanitario degli incendi in California
I ricercatori dell’università della California a San Diego hanno passato in rassegna i dati sui ricoveri ospedalieri nella California meridionale nell’arco di 14 anni. Che l’esposizione al PM2,5 incrementi l’incidenza dei ricoveri per patologie respiratorie è acclarato; ma l’aumento risulta molto più rilevante quando l’origine del particolato fine è il fumo degli incendi. In questo caso infatti si attesta tra l’1,3 per cento e il 10 per cento, a fronte dell’1 per cento osservato quando le polveri sottili sono emesse dal traffico veicolare o dalle ciminiere delle industrie.
A parità di dimensioni – talmente ridotte da penetrare negli alveoli polmonari ed entrare nella circolazione sanguigna – le particelle possono quindi essere più o meno nocive a seconda della fonte. Finora l’ipotesi era stata suffragata dagli studi di laboratorio, ma questa è la prima volta in cui viene verificata sulla popolazione. Per le autorità ambientali e sanitarie si tratta di una questione aperta, sottolinea la prima autrice dell’articolo Rosana Aguilera: l’Agenzia per la protezione dell’ambiente americana ha infatti stabilito alcune soglie di sicurezza per le polveri sottili, senza però tenere conto di questa differenza tra le varie fonti.
Wildfires burning around Lake Orville, California, create an orange glow in the sky and on the water. pic.twitter.com/Yp2HHKCKnd
— National Geographic Magazine (@NatGeoMag) March 3, 2021
La salute umana passa anche per la lotta ai cambiamenti climatici
Sul perché di questo fenomeno non è ancora stato raggiunto un pieno consenso scientifico. Sembra che in parte sia legato anche ai materiali che vengono bruciati: in un territorio come quello della California i roghi distruggono case e infrastrutture che, a loro volta, contengono plastica, metalli, prodotti chimici, detergenti e così via. Il Guardian sottolinea anche come il fumo dei cosiddetti mega incendi tenda a salire ancora più in alto in atmosfera, dove rimane per lunghi periodi di tempo, ossidandosi e diventando più tossico.
Nell’affrontare le loro pesanti conseguenze sanitarie, non si può dimenticare che gli incendi sono anche una chiara manifestazione della crisi climatica in corso. “Visto che le condizioni nella California meridionale diventano più calde e più secche, ci aspettiamo di assistere a un aumento degli incendi”, puntualizza il co-autore della ricerca, Tom Corringham. “Questo studio dimostra che i danni dovuti al fumo degli incendi possono essere superiori rispetto a quanto si riteneva finora, rafforzando la necessità di sistemi di allerta preventiva dei roghi e di azioni per mitigare i cambiamenti climatici”.
Il 29 ottobre 2018, le raffiche di vento della tempesta Vaia hanno raso al suolo 40 milioni di alberi in Triveneto. Una distruzione a cui si sono aggiunti gli effetti del bostrico, che però hanno trovato una comunità resiliente.
Continua ad aumentare il numero di sfollati nel mondo: 120 milioni, di cui un terzo sono rifugiati. Siria, Venezuela, Gaza, Myanmar le crisi più gravi.
Alcune buone notizie e qualche passo indietro nelle misure previste dal nuovo provvedimento del Consiglio dei ministri, in attesa del testo definitivo.