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Rifiuti, nelle discariche italiane c’è un incendio ogni tre giorni
Gli incendi divampano per le cattive condizioni degli impianti di smaltimento o in modo doloso, per liberare spazio: Ma a che prezzo?
I nostri rifiuti continuano ad andare in fumo, e a diffondersi nell’ambiente sotto forma di particelle tossiche. E stavolta non stiamo parlando di quelli raccolti illegalmente, interrati e fatti bruciare come nella Terra dei Fuochi: a bruciare sono infatti anche i rifiuti raccolti regolarmente negli impianti di trattamento e smaltimento. Secondo i risultati finali dell’indagine della commissione parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti e su illeciti ambientali ad esse correlati, solamente negli ultimi tre anni sono stati 261 gli episodi di incendi negli impianti di smaltimento italiani, praticamente uno ogni tre giorni. E le tendenza non è in diminuzione, tutt’altro: il 2017 è stato l’anno col maggior numero di casi.
Perché bruciano i rifiuti?
Le ragioni secondo la commissione sono molteplici, ma si possono riassumere così: gli impianti sono vecchi e pochi, quelli che ci sono spesso sono sovraccarichi, i controlli latitano. Così nella maggior parte dei casi gli incendi divampano colposamente, per cattiva gestione o lacune infrastrutturali. Ma in alcuni casi è stato accertato che gli incendi sono stati appiccati dolosamente, a scopo ‘liberatorio’: in poche parole, per far spazio a nuovi rifiuti. Insomma come dice Chiara Braga, relatrice della relazione, “abbiamo appurato l’esistenza di una forte correlazione tra incendi negli impianti e mancata corretta chiusura del ciclo dei rifiuti”.
Il problema investe tutta l’Italia, da Nord a Sud: la relazione documenta alcune delle ispezioni più significative effettuate in questi tre anni, da quella alla discarica di Bedizzole in provincia di Brescia dove si sono susseguiti tre incendi tutti durante un periodo di chiusura a quella di Bellona in provincia di Caserta dove tra il 2012 e il 2017 sono andati in fumo 4,5 mila tonnellate di rifiuti di cui un terzo speciali in un’area mai bonificata. Il tutto passando per i casi altrettanto gravi di Mortara (Pavia), Vidori (Treviso), Cinisello Balsamo e Pomezia, dove solo pochi mesi fa fece scalpore l’incendio nello stabilimento Eco X contenente amianto. La situazione però è particolarmente seria al Nord: la distribuzione territoriale degli incendi negli impianti vede una prevalenza di eventi al settentrione (il 47,5 per cento degli incendi, contro il 16,5 del centro Italia, il 23,7 per cento del Sud e il 12,3 per cento delle isole) il che, spiega Braga “al di là del diffuso sovraccarico degli impianti, conferma indirettamente quantomeno l’inversione del flusso dei rifiuti rispetto a storiche emergenze che hanno in passato colpito le regioni meridionali”: in sostanza, al Nord c’è una presenza maggiore di impianti, che ricevono molti rifiuti dal Centro-Sud, al contrario di quanto avveniva in passato.
La giustizia non riesce a intervenire
L’altro grande problema, secondo la commissione, è il modo in cui la giustizia interviene. Per la relazione, che ha incrociato i dati sugli incendi forniti dalle agenzie regionali per la protezione ambientale con i fascicoli aperti dalle Procure, la risposta giudiziaria risulta non omogenea e non particolarmente incisiva negli esiti: su poco meno della metà degli eventi segnalati come potenzialmente dolosi (54 su 118), infatti, è stata aperta un’inchiesta. E la metà dei procedimenti penali aperti sono stati avviati a carico di ignoti che tali, nella quasi totalità, sono rimasti fino all’archiviazione. Solamente in cinque casi su 261 è stato punito il delitto di incendio doloso o colposo, mentre in altri casi l’incendio è stato quantomeno l’occasione per accertare altri reati ambientali, derivanti da irregolarità nella gestione degli impianti: mancata bonifica, cattiva manutenzione, irregolarità burocratiche.
Criticità e soluzioni
La commissione punta dunque il dito innanzitutto sulla fragilità degli impianti, spesso non dotati di sistemi adeguati di sorveglianza e controllo; sulla rarefazione dei controlli sulla gestione che porta alla possibilità di situazioni di sovraccarico degli impianti e quindi di aumento del pericolo di incendio; o di materia non gestibile, che quindi dà luogo a incendi dolosi di tipo liberatorio, che arrivano fino al 20 per cento del totale; infine sulla disomogeneità della risposta investigativa e giudiziaria, per rispondere alla quale “sarebbe di particolare utilità la condivisione di protocolli investigativi”. Ma soprattutto, quello che serve è un intervento deciso sulla gestione del ciclo dei rifiuti, che ne assicuri la chiusura.
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