Al mare ne trovava talmente tanta da decidere di farne un museo, degli orrori. L’idea di una guida naturalistica. Lo scopo? Riflettere sulle nostre colpe.
Cosa sappiamo degli incendi di via Chiasserini a Milano e di Novate Milanese
Un cielo grigio e un’aria irrespirabile hanno risvegliato i milanesi nelle ultime mattinate. Dopo i due incendi che hanno colpito la città e l’hinterland, l’odore che si respira è ancora acre. La gola brucia e il traffico non sembra più un problema tanto è grave la situazione. Addirittura l’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente,
Un cielo grigio e un’aria irrespirabile hanno risvegliato i milanesi nelle ultime mattinate. Dopo i due incendi che hanno colpito la città e l’hinterland, l’odore che si respira è ancora acre. La gola brucia e il traffico non sembra più un problema tanto è grave la situazione. Addirittura l’Arpa, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, ha intimato ai milanesi che vivono e lavorano nelle vie vicino a dove si è verificato l’incendio a non aprire le finestre di casa degli uffici.
Questa è la situazione nel capoluogo lombardo dopo che le fiamme hanno devastato (domenica 14 ottobre) dapprima un deposito pieno di rifiuti in via Chiasserini, in zona Bovisasca, a nord di Milano e poi, e poi due capannoni dell’azienda Rieco pieni di materiale plastico a Novate Milanese. Ora il pubblico ministero Sara Arduini sta seguendo la pista dello smaltimento illecito dei rifiuti. A partire da giovedì scorso, infatti, nel capannone di via Chiasserini sono stati accumulati rifiuti senza autorizzazione che, dopo tre giorni, sono stati dati alle fiamme causando una nube di fumo alta fino a 50 metri.
#Milano #15ott 11:30, ancora in corso le operazioni dei #vigilidelfuoco per spegnere l’#incendio a Quarto Oggiaro. Coinvolti 2.500 mq del capannone, che ha subito il crollo di parte della copertura. Resta chiusa la linea ferroviaria Milano-Novara pic.twitter.com/1Ym0bgtvc4
— Vigili del Fuoco (@emergenzavvf) 15 ottobre 2018
L’arresto del 12 ottobre
L’ipotesi che la Lombardia sia una nuova “Terra dei fuochi“, come descritta dal ministro dell’ambiente Sergio Costa, è sostenuta dall’arresto di 6 persone, avvenuto il 12 ottobre per mano dei Carabinieri forestali, accusate di traffico illecito di rifiuti. Sono loro, secondo l’accusa, ad aver appiccato a Pavia, il 3 gennaio, il primo di una lunga serie di roghi, quando ad andare a fuoco è stato un capannone a Corteolona pieno di rifiuti: tremila metri cubi secondo i rilevamenti tecnici dell’Arpa avvenuti dopo l’incendio.
Sul capannone si stava già indagando grazie alle segnalazioni di alcuni vicini. La banda, composta da cinque italiani e un romeno, avrebbero movimentano tonnellate di rifiuti per tutto il 2018, sconfinando anche nel vicino Piemonte, in particolare in provincia di Vercelli. Il primo rogo di Corteolona non ha fermato il gruppo, nonostante alcuni di loro fossero preoccupati, come si apprende dalle indagini, di avere le forze dell’ordine alle calcagna. Così, a poco più di due mesi dall’incendio nel pavese, la banda del rogo era già in pista per l’acquisto di due nuovi capannoni, a Levate e Piantedo. Ma è stato un altro rogo a “tradire” il gruppo, quello che riguarda l’ex tessitura Walter di Oltrona San Mamette, ormai diventata una discarica abusiva tanto da finire sotto sequestro a febbraio 2018. Quindici giorni dopo il sequestro, il capannone ricolmo di 1.500 metri cubi di plastica brucia. È allora che viene scoperto il traffico della banda.
#Milano #15ott 8.30, quaranta #vigilidelfuoco al lavoro dalla serata di ieri per l’#incendio nella zona di Quarto Oggiaro di un capannone industriale adibito a deposito rifiuti. Resta chiusa la linea ferroviaria Milano-Novara. Operazioni di spegnimento in corso pic.twitter.com/MmNZw1jGhI
— Vigili del Fuoco (@emergenzavvf) 15 ottobre 2018
La ricostruzione dei roghi a Milano e hinterland
L’inchiesta ha contribuito a svelare alcuni nomi e a spingere gli investigatori a ricercare “centrali affaristico-imprenditorial-criminali”, secondo la definizione della direzione nazionale antimafia, che potrebbero aver appiccato altri roghi in Lombardia, concentrando l’attenzione, per esempio, su un altro capannone nel lecchese e un riempimento sospetto di una struttura nel mantovano, forse designato dall’organizzazione come prossimo alle fiamme.
Ed è proprio nel mantovano, infatti, e più precisamente a San Giovanni del Dosso, che l’autotrasportatore Luca Liloni, intercettato dai carabinieri, nel giugno del 2017, ha scaricato 400 metri cubi di rifiuti nell’ennesimo capannone abbandonato. L’indagine si è intersecata con quella della direzione distrettuale antimafia di Milano e pone sospetti sulla possibilità che esista un sistema più complesso che coinvolge trafficanti di rifiuti, autotrasportatori e mediatori. Come riportato dal Corriere della Sera, gli inquirenti hanno già stimato profitti illeciti per oltre un milione di euro.
#Milano #15ott 19:45, squadre #vigilidelfuoco al lavoro da 23 ore: proseguono le operazioni di spegnimento dell’#incendio del capannone a Quarto Oggiaro pic.twitter.com/trEt76OZti
— Vigili del Fuoco (@emergenzavvf) October 15, 2018
Flussi verso l’Europa dell’Est
Ma forse il gruppo arrestato era solo uno dei “sistemi” che ruotano attorno al business dei rifiuti. Sotto osservazione, sempre secondo il Corriere della Sera, sono finiti anche i flussi verso l’estero, soprattutto verso paesi dell’Europa dell’Est dove gli ex cementifici, soprattutto quelli romeni, si stanno trasformando in discariche abusive.
“Noi non possiamo sbilanciarci nel dire che cosa sta succedendo – spiega il comandante provinciale dei Vigili del fuoco di Milano, Carlo Dall’Oppio raggiunto da LifeGate – perché il nostro compito è quello di spegnere gli incendi che si vengono a creare. Compito di collegare gli incendi tra loro è della polizia e di chi fa le indagini. Si tratta di incendi talmente intensi che sviluppano un calore tale da richiedere molto lavoro e molta acqua. Quindi è difficile capire l’origine degli roghi. Inoltre le strutture interessate vengono in parte demolite per essere messe in sicurezza e questo complica maggiormente stabilire come sono iniziate le fiamme”.
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