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Gli incendi in Siberia hanno già cancellato un milione e mezzo di ettari di vegetazione
È cominciata un’altra stagione di incendi in Siberia, con quasi 200 focolai attivi. E dopo anni di negazionismo climatico, ora anche Putin inizia a preoccuparsi.
La Siberia è assediata dal fuoco. Dopo un giugno con temperature record, negli ultimi giorni sono esplosi gli incendi nel nord-est della Russia, in particolare nella regione della Jacuzia. Sono quasi 200 i focolai al momento attivi, mentre gli ettari di bosco distrutti dalle fiamme ammontano già a un milione e mezzo. Una situazione drammatica che anno dopo anno va peggiorando e che ha portato il presidente Vladimir Putin a parlare pubblicamente dell’origine antropica del riscaldamento globale, dopo anni all’insegna del negazionismo.
Il caldo anomalo, poi gli incendi
A fine giugno a Mosca si toccava la temperatura di 34,7 gradi centigradi. Un’ondata di caldo eccezionale, che si è fatta sentire anche in altre parti del paese, Siberia compresa. Qui subito è scattata l’allerta per l’eventuale scoppio di incendi, dopo che nelle ultime estati il territorio è stato messo in ginocchio dalle fiamme. E anche quest’anno la situazione è presto sfuggita di mano.
In sole due settimane è andata bruciata una superficie equivalente alla metà della Florida. L’area più in crisi è quella della Jacuzia, in particolare intorno alla città di Yakutsk. Migliaia di persone stanno perdendo i boschi e i campi che costituiscono il loro principale mezzo di sussistenza. L’aeroporto è stato chiuso e anche la navigazione delle imbarcazioni sul fiume Lena è stata sospesa. Migliaia di vigili del fuoco sono impegnati nel domare le fiamme e dal Cremlino hanno mandato in sostegno anche mezzi aerei e terrestri dell’esercito. Ma gli effetti si faranno sentire anche più in là nel tempo, per il rilascio in atmosfera di gas serra proprio a causa degli incendi.
L’anno scorso le fiamme in Jacuzia hanno causato un rilascio di anidride carbonica equivalente a quello del consumo complessivo di carburanti fossili di tutto il 2018 in Messico. Al ritmo impazzito dei circa 200 focolai di questi giorni, il dato non potrà che peggiorare e a risentirne non saranno solo le comunità locali e l’ecosistema siberiano, ma tutto il Pianeta che sopravvive grazie ai suoi polmoni verdi ormai malati, come anche quello amazzonico.
Le comunità locali della Jacuzia sono stremate dalle fiamme e in alcuni casi avanzano anche teorie complottiste. Gli incendi sarebbero opera del governo, che trae vantaggio dal riscaldamento globale e dalla distruzione del territorio siberiano e artico perché così ha più mano libera nelle attività di estrazione. Voci non confermate da prove, certamente però la guerra di Mosca ai cambiamenti climatici fino a ora è stata insufficiente.
La preoccupazione (ipocrita) di Putin
Nel 2017 il presidente diceva che i cambiamenti climatici non hanno origine antropica, ammettendo senza fronzoli che lo scioglimento dei ghiacciai artici potesse costituire un bell’assist allo sviluppo economico della Russia. Una visione ripetuta due anni fa, quando Putin si è soffermato sul fatto che i periodi di più alte temperature ci sono stati anche in passato e che quindi potrebbero avere origine naturale. Tutto questo negli anni è stato accompagnato da un’assenza di reali politiche di lotta al surriscaldamento globale e da processi come la deforestazione massiva, che hanno spianato la strada a tragedie ambientali come gli incendi delle ultime estati.
È forse per questo che da qualche tempo il presidente ha iniziato a dare più ascolto alle sirene climatiche. Già nel 2020 ha riconosciuto la mano dell’uomo nei disastri ambientali, sottolineando il bisogno di porre maggiore attenzione sul tema e arrivando persino a criticare il sovrasfruttamento delle risorse naturali. Nei giorni scorsi, davanti alla distruzione della Siberia per opera delle fiamme, Putin ha ribadito tutto questo, accendendo i riflettori sulla posizione delicata della Russia in questo contesto.
Nell’area artica del paese in effetti il riscaldamento viaggia a una velocità di 2.5 volte maggiore che nel resto del mondo. Negli ultimi tempi Mosca ha dato anche concretezza alle esternazioni del suo presidente, per esempio con una nuova legge che obbliga le aziende a rendicontare le loro emissioni di gas serra, così da tenerle sotto il controllo. In ogni caso, però, il paese sta continuando a investire nella produzione di combustibili fossili, addirittura più che in passato. Segno che la svolta verde di Putin è ancora lontana.
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