Respinto il ricorso delle associazioni ambientaliste sul Terminillo. Per loro l’opera sarà dannosa per l’ambiente e per l’orso marsicano.
Cosa è successo davvero sul Vesuvio e perché brucia ancora
Da giorni si lotta per spegnere un devastante incendio sul Vesuvio, frutto di un’azione dolosa su larga scala e di responsabilità diffuse a diversi livelli
Una sovrapposizione fatale di mezzi di soccorso insufficienti, prevenzione inadeguata, vuoti di competenze e condizioni climatiche critiche. Oltre, ovviamente, alla mano criminale dell’uomo mossa da interessi economici. Sono queste le cause del devastante incendio sul Vesuvio, che da giorni sta mandando in fumo il territorio del parco nazionale che insiste sulle pendici del vulcano.
Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania raggiunto da LifeGate, ha sottolineato come la criticità della situazione dipenda da un impasto di responsabilità a diversi livelli. “Il governo centrale non ha dato seguito al trasferimento di competenze e mezzi dopo lo smantellamento del Corpo forestale, lasciando quindi una lacuna grave nella gestione del territorio”, spiega l’ambientalista, aggiungendo che, a proposito dell’incendio sul Vesuvio, anche l’amministrazione regionale avrebbe la sua parte di responsabilità.
“La regione Campania è in ritardo nell’attuazione del piano Aib (antincendio boschivo, ndr) e nella realizzazione di interventi di manutenzione dei territori a rischio – aggiunge Buonomo –. Oltre a questo, si registra la scarsità di uomini e mezzi a disposizione dell’ente parco e dell’ex Corpo forestale, che si trovano a operare in cronica emergenza di personale e di risorse”.
Pochi mezzi per intervenire sul Vesuvio
Quello dell’emorragia di fondi e uomini a disposizione dei parchi naturali è un fenomeno che i parchi stessi, insieme alle associazioni ambientaliste, denunciano da tempo. Al parco del Vesuvio, in particolare, lavorano al momento 15 dipendenti in tutto, con un solo veicolo a disposizione. Troppo pochi, per riuscire a presidiare un territorio vasto e complesso come quello dell’aera protetta vesuviana, soprattutto in condizioni climatiche a rischio come quelle attuali, con le precipitazioni calate del 48 per cento e la temperatura media salita di 1,9 gradi centigradi in questo principio d’estate (fonte: Legambiente Campania). Tanto che anche la Federparchi, l’associazione nazionale che riunisce i parchi naturali, in un comunicato che ora suona come un amaro presagio, aveva auspicato proprio pochi giorni fa “un potenziamento della sorveglianza nell’area del Vesuvio”.
In Campania, azione dolosa su larga scala
Una sorveglianza che avrebbe forse potuto prevenire l’innesco dei roghi, perché sulla natura dolosa del grande incendio del Vesuvio non sembrano esserci dubbi.
“Le immagini non lasciano spazio all’interpretazione – ha commentato il presidente dell’ente parco del Vesuvio Agostino Casillo – siamo di fronte a più attacchi criminali, operati in diversi punti distanti l’uno dall’altro, in modo che i soccorsi siano più difficili”. Ercolano, Terzigno, Sant’Anastasia, Boscoreale, Trecase, Somma Vesuviana, Ottaviano: i focolai si sono sviluppati rapidamente in numerose aree del cono vulcanico, quasi descrivendo un cerchio intorno alla montagna, con una modalità che fa pensare a un intervento doloso su larga scala.
La concomitanza di altre emergenze in diverse zone del paese (Sicilia e Sardegna in primis) e il persistere di caldo e siccità hanno poi complicato la gestione dei soccorsi. Ai primi due aerei Canadair che operavano sul Vesuvio nei primi giorni di emergenza, si sono aggiunti altri due velivoli nella giornata di mercoledì, quando la situazione in Sardegna ne ha reso possibile il trasferimento. Al momento, in tutta la Campania operano cinque Canadair e cinque elicotteri, impegnati anche nello spegnimento di altri focolai nell’area flegrea e in Costiera Amalfitana, mentre sul Vesuvio sono in attività anche i militari dell’Esercito. “Purtroppo l’emergenza nazionale ha imposto un razionamento dei mezzi aerei che ha reso più difficile l’azione di spegnimento – ha aggiunto il presidente Casillo – Ma ho visto con i miei occhi il coraggio e la fatica con cui gli uomini di tutti i corpi coinvolti stanno lavorando senza sosta per arginare e vincere il fuoco”.
Danni enormi per il patrimonio forestale
Troppo presto per la conta dei danni, ma il fuoco ha distrutto ampie porzioni del patrimonio forestale del parco del Vesuvio, interessando anche le coltivazioni di albicocche e i vigneti che insistono nell’area. La strada principale che conduce al cratere è stata a sua volta colpita dall’incendio e chiusa ai turisti, mentre nella zona di Trecase si è resa necessaria l’evacuazione di alcuni ristoranti. Restano da chiarire l’identità dei responsabili e il movente. Diverse procure del territorio hanno aperto dei fascicoli sull’accaduto, mentre il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti, intervenuto ad un incontro a Ottaviano, nella sede ufficiale dell’ente parco, ha promesso il massimo rigore nella ricerca dei colpevoli: “Voglio dirlo con molta fermezza: faremo di tutto per catturare i colpevoli – ha dichiarato – In queste ore, grazie ai Carabinieri, è stato arrestato un piromane in flagranza di reato, continueremo con la massima attenzione”.
Interessi economici dietro l’incendio sul Vesuvio
Quanto alle ragioni che possono aver armato la mano dei piromani, sarà la magistratura a stabilirlo. La normativa nazionale, proprio per prevenire il fenomeno dei roghi, vieta che sulle aree interessate da incendi dolosi possano essere realizzate delle attività economiche, ma gli interessi in gioco sono comunque importanti. “Per conoscere il movente bisognerà aspettare le indagini, ma bisogna tener presente che nelle stesse operazioni di spegnimento e di rimboschimento sono coinvolti soggetti privati con un giro d’affari significativo – sottolinea Michele Buonomo – Intorno all’emergenza incendi girano contratti e soldi”.
Sul suo profilo Facebook, invece, lo scrittore Roberto Saviano ha ipotizzato, a proposito del terribile incendio sul Vesuvio, un ricatto dei clan camorristici dietro i roghi, che sarebbero appiccati per bloccare le concessioni edilizie, punendo chi non accetta di foraggiare il sistema”. La distruzione del bosco, secondo lo scrittore campano, servirebbe anche per rendere disponibile nuovo territorio alle discariche abusive. “Quello dello sversamento dei rifiuti è un problema che esiste, ma più che un movente può aver rappresentato un ulteriore fattore di aggravamento degli incendi”, precisa il presidente di Legambiente Campania. Anche sulla gestione delle discariche abusive insistono diversi livelli di competenza. L’ente parco, ad esempio, può solo censirle e segnalarle ai Comuni, inviando loro una diffida se non procedono con la bonifica.
Cambiamenti climatici, interessi criminali, competenze frammentate e strumenti di prevenzione insufficienti. Un mix esplosivo che ha distrutto il Parco nazionale del Vesuvio.
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