Dopo oltre un anno di proteste portate avanti da milioni di contadini, il premier Modi ha annunciato il dietrofront sulle leggi agricole liberiste del 2020.
Il primo ministro dell’India, Narendra Modi, ha annunciato l’abrogazione della riforma dell’agricoltura del 2020. Le leggi erano contenute in un pacchetto approvato a settembre dell’anno scorso e andavano nella direzione della liberalizzazione del commercio agricolo, dando ampio potere contrattuale alle grandi società del settore e mettendo in difficoltà i piccoli produttori. Per oltre un anno il paese è stato investito da proteste diffuse da parte dei contadini, con centinaia di morti e migliaia di arresti arbitrari. Il dietrofront del governo avvenuto in queste ore è una grande vittoria per i manifestanti.
Più di un anno di proteste
Nel settembre del 2020 il governo presieduto da Narendra Modi ha approvato un pacchetto liberista con cui rivoluzionare il settore dell’agricoltura. Tra le misure previste, l’eliminazione dei vincoli di prezzo per l’acquisto e la vendita di prodotti agricoli, che sono così potuti uscire dai circuiti regolamentati dallo stato per entrare nel settore privato a contrattazione libera. Un grande vantaggio per le società agricole e di distribuzione più grandi, capaci di sostenere prezzi molto più bassi rispetto ai piccoli agricoltori. Questi ultimi hanno lamentato anche la loro completa esclusione dai negoziati sulla riforma, una violazione della Costituzione indiana che richiede invece consultazioni con tutti i soggetti interessati dalle nuove leggi.
È in questo contesto che oltre un anno fa migliaia di contadini hanno iniziato a scendere in strada per far sentire la loro voce. Quella che doveva essere una protesta contenuta si è trasformata con il passare delle settimane in una collera nazionale, in un paese abitato da 1,3 miliardi di persone, di cui la metà occupate nel settore agricolo. Sono state bloccate per mesi le principali autostrade del paese, sono stati costruiti veri e propri accampamenti dove hanno vissuto i contadini durante i loro picchetti, ci sono state manifestazioni continue nelle strade di Nuova Delhi e delle altre città del paese. Nel novembre scorso è stato anche indetto da 10 sigle sindacali un grande sciopero generale, che ha coinvolto almeno 250 milioni di lavoratori.
Le proteste sono andate avanti anche nel 2021 e con loro lo spargimento di sangue. Non si hanno dati ufficiali al riguardo ma le associazioni degli agricoltori sottolineano che sono almeno 600 i contadini e gli attivisti che hanno perso la vita, alcuni per il freddo e le difficili condizioni meteorologiche che hanno dovuto affrontare durante i loro lunghi picchetti, altri per gli scontri con la polizia. In migliaia sono stati arrestati, mentre il governo in alcune occasioni ha imposto un blocco di internet per impedire ai manifestanti di organizzarsi e coordinarsi online.
Il dietrofront di Modi
A un anno e due mesi dal via libera alla riforma agraria, ora il premier Modi ha annunciato la sua abrogazione. In realtà già all’inizio del 2021 il governo aveva sospeso l’implementazione delle nuove leggi liberiste, ma i negoziati per una loro modifica erano da subito apparsi in salita e per mesi la situazione è rimasta in stallo. Il premier si era sempre detto non disposto ad annullare la nuova legislazione, ecco perché l’annuncio delle scorse ore ha colto tutti di sorpresa.
Modi si è rivolto alla popolazione in un discorso televisivo, fatto in occasione della festività del Guru Purab, celebrazione della nascita dei sikh. “Nonostante vari tentativi di spiegare agli agricoltori i benefici che avrebbero tratto dalla nuova legislazione, abbiamo fallito”, ha riconosciuto il premier. Che poi ha spiegato che l’iter costituzionale per arrivare all’effettiva abrogazione verrà avviato in parlamento alla fine del mese. Per il momento Modi non ha fatto cenno ad altri progetti legislativi all’orizzonte, lasciando intendere che la situazione del comparto agricolo tornerà alle regole precedenti a settembre 2020. E questo è uno dei motivi per cui una parte dei manifestanti ha già annunciato di non voler lasciare le piazze.
La collera di questo anno ha in effetti creato un movimento forte e coeso, più consapevole dei propri diritti e della possibilità di rivendicarli. Tra le richieste avanzate a seguito del discorso di Modi, quello di nuovi limiti di prezzo statali sui prodotti agricoli che vadano ancora più incontro ai piccoli produttori. Inoltre, c’è chi annuncia che fino a quando non partirà effettivamente l’iter di cancellazione delle leggi, si continuerà a manifestare.
India: Farmers at protest site cheer after Modi's U-turn:Indian farmers at the Singhu protest site cheer after Prime Minister Narendra Modi said the country will scrap three agricultural reform laws that sparked almost a year of huge protests. pic.twitter.com/KrYLrlNmaZ
Il timore è che dietro alla decisione di Modi ci siano logiche di propaganda elettorale. Tra febbraio e marzo si voterà infatti negli importanti stati del Punjab, dell’Uttar Pradesh e dell’Uttarakhand, considerati strategici per il Bharatiya Janata party (BJP), il partito di governo. L’elettorato agricolo qui ha un peso molto importante e il ritiro della riforma agraria può essere il modo con cui il premier vuole tutelarsi da una sconfitta che metterebbe a rischio la stabilità dell’esecutivo.
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Finora sono morte almeno sette persone. Le forze di polizia stanno investigando per capire se gli incendi siano dolosi e hanno arrestato sette persone.
Da mesi migliaia di agricoltori indiani protestano contro la riforma agraria. Per impedire agli agricoltori di coordinarsi, ora il governo ha tagliato internet.
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