La Cop16 sulla biodiversità si conclude con pochi passi avanti. Cosa resta, al di là della speranza?
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Il ministro dell’Ambiente indonesiano ha detto che le popolazioni di grandi rettili sono stabili e non è necessario chiudere l’isola.
Poco più di un mese fa l’Indonesia aveva annunciato l’intenzione di chiudere ai turisti per un anno, a partire dal prossimo gennaio, l’isola di Komodo, con l’obiettivo di proteggere i suoi caratteristici enormi rettili, i varani di Komodo (Varanus komodoensis). La nazione asiatica ci ha ripensato, le autorità hanno infatti annullato la chiusura stabilendo che il grande afflusso turistico non rappresenta una minaccia per la sopravvivenza di questi antichi sauri.
Lo scorso 30 settembre Siti Nurbaya Bakar, ministro indonesiano per l’Ambiente e la silvicoltura, ha dichiarato che la popolazione di varani dell’isola conta 1.727 esemplari e non è in declino. “Il numero di draghi sull’isola di Komodo durante le osservazioni condotte dal 2002 al 2019 è stato relativamente stabile”, ha spiegato Bakar a Reuters.
I problemi che avevano spinto le autorità ad annunciare la chiusura dell’isola non sarebbero tuttavia stati ancora risolti, lasciando alcune ombre sulla conservazione a lungo termine dei draghi e del loro ecosistema. Come il bracconaggio, che minaccia sia i varani, catturati per essere rivenduti illegalmente, che gli ungulati di cui si nutrono abitualmente, e il disturbo provocato dalle frotte di visitatori, in grado di influenzare le abitudini di accoppiamento degli animali.
Sebbene il divieto sia stato revocato, anche in seguito alle pressioni dei residenti, preoccupati per il fatto che la chiusura dell’isola potrebbe minare significativamente il loro sostentamento, il ministro dell’Ambiente ha affermato che saranno adottate misure per tutelare i varani. Verrà innanzitutto regolamentato il numero di visitatori, prevedendo un numero limitato di accessi, e verrà istituito un sistema di abbonamento a due livelli.
Solo le persone che acquisteranno l’abbonamento premium potranno accedere all’isola di Komodo per vedere i draghi, mentre l’altro abbonamento darà diritto a visitare solo le isole circostanti, alcune delle quali ospitano comunque i grandi rettili. Per prevenire il bracconaggio e approfondire la conoscenza dei varani, ha dichiarato Bakar, verranno inoltre investiti fondi per migliorare l’addestramento dei ranger e fornire loro attrezzature migliori e sarà istituito un centro di ricerca dedicato ai draghi.
Il turismo naturalistico rappresenta indubbiamente una preziosa fonte di sostentamento per le popolazioni locali e spesso spinge i governi ad incrementare la protezione del proprio patrimonio naturale per mantenere intatta tale ricchezza. Laddove l’afflusso di turisti è particolarmente elevato e costante, può tuttavia rappresentare una minaccia proprio per gli ecosistemi e la fauna selvatica. Non è un caso che negli ultimi anni diversi paesi, specie del Sudest asiatico, abbiano chiuso temporaneamente le proprie meraviglie naturali, danneggiate dall’ingombrante presenza quotidiana di migliaia di turisti. Come la Thailandia, che, rispettivamente nel 2016 e nel 2018, ha chiuso a tempo indeterminato l’isola di Koh Tachai e la spiaggia di Maya Bay per favorire il ripristino delle barriere coralline, e le Filippine, che nel 2018 hanno vietato per sei mesi ai turisti l’accesso all’isola di Boracay. Secondo uno studio condotto nel 2015 l’assuefazione alla presenza dell’uomo potrebbe inoltre modificare il comportamento degli animali, rendendoli più vulnerabili sia ai bracconieri che ai predatori.
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