Dal 17 al 23 giugno, Survival International mobilita l’opinione pubblica con una settimana dedicata ai diritti dei popoli incontattati.
Indonesia, alcune foreste sono state restituite agli indigeni, ma ancora non basta
Il presidente indonesiano ha riconosciuto il diritto alla terra di alcuni gruppi indigeni, ma molte foreste ancestrali dei nativi sono ancora fuori da questo accordo.
Loro non hanno mai avuto dubbi, abitano quelle foreste da generazioni e hanno sempre chiamato “casa” quei luoghi. Ora però è stato messo nero su bianco, il presidente dell’Indonesia, Joko Widodo, ha infatti rinunciato al controllo su nove aree forestali abitate da comunità indigene, riconoscendo dunque il loro diritto di vivere in quel territorio. Il provvedimento segue un’analoga decisione del governo che nel dicembre del 2016 aveva riconosciuto i diritti di altre comunità di nativi verso le loro foreste ancestrali. Il riconoscimento di tali diritti, tanto necessario quanto tardivo, è in linea con una decisione della Corte costituzionale dell’Indonesia che nel 2013 ha rimosso le foreste abitate tradizionalmente dai popoli indigeni dal controllo statale. Per decenni i nativi hanno assistito impotenti al massacro delle loro foreste, devastate da deforestazione, miniere, piantagioni, acquacoltura e turismo di massa, ora finalmente qualcosa sta cambiando, anche se le promesse fatte dal governo alle comunità locali sono ancora lontane dall’essere mantenute.
Agli indigeni le loro foreste
Le nove aree di foresta concesse dal governo coprono un totale di 33,4 chilometri quadrati, ripartiti nelle isole di Sumatra, Borneo e Sulawesi. Nella campagna elettorale del 2014 il presidente Widodo aveva promesso alle comunità indigene un maggiore controllo su 127mila chilometri quadrati di terra. A tre anni da quella promessa però meno di 11mila chilometri quadrati di foreste sono stati concessi.
Ancora non basta
In occasione della concessione delle nove aree forestali, avvenuta alla fine di ottobre, un funzionario del governo ha affermato che il presidente emetterà un decreto entro la fine dell’anno per aiutare i gruppi indigeni ad ottenere il controllo legale delle loro foreste. Gli impedimenti, stando a quanto dichiarato, sarebbero di natura burocratica e la procedura richiede l’intervento di diversi ministeri. Il ministero dell’Ambiente si concentrerebbe sul riconoscimento dei diritti delle terre all’interno delle foreste, mentre il ministero degli Affari agrari e della pianificazione territoriale dovrebbe sovrintendere a quelli esterni alle foreste.
Sovranità al popolo (?)
“Il Paese sta restituendo la sovranità al popolo e credo che questo programma di foreste comunitarie e la riforma agraria ne siano la punta”, ha dichiarato Yanuar Nugroho, membro dello staff del presidente. Secondo il ministro dell’Ambiente e della silvicoltura, Siti Nurbaya Bakar, il governo potrebbe tuttavia realisticamente concedere ai nativi meno di 44mila chilometri quadrati, poco più di un terzo del totale promesso, entro il 2019. Per accelerare il raggiungimento di questo obiettivo, il ministro ha invitato i governi locali a ospitare gruppi indigeni che dipendono dalle legislazioni locali per emanare decreti che li riconoscano come indigeni. In Indonesia sono infatti presenti centinaia di distinti gruppi nativi e non tutti sono ufficialmente riconosciuti dal governo. La riforma, in ultima analisi, rappresenta dunque uno strumento valido che può effettivamente ampliare i diritti dei nativi indonesiani, ma sono se sarà effettivamente intrapresa.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Con una sentenza storica, la Cassazione conferma la condanna per il comandante italiano che ha consegnato 101 migranti alla Libia.
Numerose ong hanno sottolineato la situazione drammatica della popolazione palestinese a Gaza, chiedendo a Israele di rispettare il diritto umanitario.
Vida Diba, mente di Radical voice, ci parla della genesi della mostra che, grazie all’arte, racconta cosa significhi davvero la libertà. Ed esserne prive.
Negli ultimi anni le terre indigene Kayapó, Munduruku e Yanomami, nell’Amazzonia brasiliana, sono state devastate dalle miniere d’oro illegali.
L’agenzia delle Nazioni Unite per la salute sessuale e riproduttiva (Unfpa) e il gruppo Prada hanno lanciato un programma di formazione per le donne africane.
Sônia Guajajara è attivista, Célia Xakriabá è educatrice. Entrambe sono donne indigene e si sono conquistate un seggio al Congresso brasiliano.
Amnesty International ha pubblicato un manifesto elettorale in 10 punti rivolto ai partiti italiani: “I diritti umani non sono mai controversi”.
Si tratta di Zahra Seddiqi Hamedani ed Elham Choubdar colpevoli, secondo un tribunale, di aver promosso la “diffusione della corruzione sulla terra”.