Aveva molti talenti: poliglotta, giornalista e viaggiatrice ma decise di raccontare il mondo attraverso la macchina fotografica. Un’artista del racconto.
“Fotografare è un fenomeno strano. Ti fidi dei tuoi occhi e non puoi fare a meno di mettere a nudo la tua anima”. Questa la descrizione dell’arte di fotografare secondo Inge Morath che ne fece il proprio mestiere e in poche parole è stata capace di concentrare il grande potere di questa forma espressiva che in uno scatto può racchiudere un mondo intero, non solo quello al di là dell’obiettivo ma anche e soprattutto quello di chi vi sta dietro. Una grande artista e professionista Inge Morath, tra le prime donne a far parte della prestigiosa Agenzia Magnum. Una dedizione totale alla professione di fotografa la sua che oggi è possibile apprezzare negli scatti che raccontano le storie di una vastissima porzione di mondo. Vi raccontiamo perché è stata una donna e fotografa da non dimenticare.
Gli inizi di carriera di Inge Morath, l’utilizzo dello pseudonimo maschile
Nata a Graz, in Austria nel 1923, Inge Morath studiò lingue a Berlino e nel corso degli anni arrivò a parlare fluentemente tedesco, inglese, francese, spagnolo, rumeno, russo e mandarino. Idiomi che le permisero di sviluppare una fotografia che fosse non solo documentale ma fortemente sociale, culturale, forse addirittura etnografica. Lei stessa in alcune interviste disse: “Ho amato la gente. Molti mi hanno permesso di fotografarli, ma anche loro volevano che li ascoltassi, per dirmi quello che sapevano. Così abbiamo raccontato la loro storia insieme”. Essere in grado di entrare in connessione profonda, perché linguistica, con i protagonisti delle vicende da raccontare, ha reso il suo lavoro e la sua arte preziosi e unici. Ma non è stato semplice da subito.
Nemmeno lei aveva capito che la fotografia era la sua strada: prima lavorò come interprete, poi come giornalista e solo per caso, perché amica del fotografo Ernst Haas, realizzò i testi per i suoi reportage che le permisero di entrare a far parte della nascente Agenzia Magnum nel 1949 come redattrice. Di quando le capitò di prendere la macchina in mano e scattò le prime fotografie ricorda: “Mi è stato subito chiaro che d’ora in poi sarei stata una fotografa”. Si trovava a Venezia nel 1951 e quegli scatti sono già quelli di un’artista. I primi reportage realizzati per il Picture Posted documentavano serate di mostre e inaugurazioni e riuscì a venderli solo utilizzando lo pseudonimo di Egni Tharom, il suo nome scritto al contrario. Non era un mondo femminile quello della fotografia, e non lo sarà per parecchhio tempo ancora. Ma Inge Morath emerse comunque, per quello che era, una donna di talento, non molto dopo con il suo vero nome. È nel 1953 che la sua presenza in Magnum diventa a pieno titolo fotografica e Inge presenta a Robert Capa, fondatore dell’agenzia, il suo lavoro sui preti operai a Parigi.
I viaggi nel mondo, il racconto della storia internazionale
Tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta si svolsero gran parte dei grandi viaggi di Inge Morath. Ma nemmeno in tarda età smise di girare il mondo, anzi. Europa, Medio Oriente, Africa, Stati Uniti e Sud America sono tutti stati raccontati dalla sua macchina fotografica. Chi la conobbe racconta che per lei il viaggio era qualcosa di molto importante: prima di intraprenderne uno studiava e raccoglieva informazioni in modo da arrivare già con una profonda conoscenza del popolo che avrebbe incontrato. Fu così anche nel 1956 quando visitò l’Iran e immortalò luoghi e volti di una cultura lontana: le donne velate, i bambini e i luoghi di culto vengono ripresi con estremo rispetto e insieme introspezione. Lo stesso accadde in Romania o, molti anni dopo, durante il suo viaggio in Cina e Russia.
Ovunque cercava di raccontare mai superficialmente ciò di cui era testimone. Anche le sue immagini più note e apparentemente più “leggere”, celano la rappresentazione dei tempi e della società: pensate al celebre ritratto della signora Evelyn Nash a Londra o a quello dello struzzo. La sua vita, anche professionale, cambiò, quando incontrò Arthur Miller, che sposa nel 1962. Accadde durante il set de “Gli spostati” pellicola che vedeva come protagonista anche Marilyn Monroe, allora proprio compagna di Miller. Spesso Inge Morath viene ricordata per questo apostrofo rosa, per aver fatto innamorare l’uomo di una delle donne più desiderate al mondo. Il sodalizio con lo scrittore fu anche lavorativo oltre che sentimentale: insieme continuarono a viaggiare e a scoprire il mondo e molti dei progetti che da lì in poi Inge Morath intraprese, derivarono anche dalle frequentazioni comuni.
L’epoca dei ritratti
A partire dagli anni Sessanta, dopo il matrimonio, Inge si trasferì negli Stati Uniti ed ebbe modo insieme ad Arthur di conoscere molti esponenti dell’élite di diversi ambiti e fu quasi naturale poi scattargli dei ritratti. Jean Arp e Alberto Giacometti, Philip Roth e Alexander Calder, Audrey Hepburn, la stessa Marilyn e molti altri. Un altro progetto che la contraddistinse fu quello portato avanti con l’artista Saul Steinberg. Tutto nacque in un modo curioso: quando andò a casa sua per fargli un ritratto, Steinberg si presentò alla porta indossando una maschera che aveva ricavato da un sacchetto di carta. Così, per diversi anni, collaborarono a una serie di ritratti, invitando singoli e gruppi di persone a posare per Morath indossando le maschere create da Steinberg. I suoi ultimi lavori invece furono in gran parte dedicati a “ritrarre” i luoghi della sua infanzia, i confini della Stiria e della Slovenia, la regione montuosa un tempo parte dell’Impero Austro-Ungarico. A 78 anni, nel 2002 Inge Morath muore lasciando un patrimonio notevole, fotografico e letterario. Eccellere in due arti così diverse, la scrittura e la fotografia, la rese una professionista del racconto a tutto tondo.
Dove vedere gli scatti di Inge Morath
Esposta in tutto il mondo, Inge Morath e la sua arte sono finalmente arrivate anche in Italia da qualche tempo. Fino al 1° novembre al Museo Diocesano di Milano è possibile visitare la mostra Inge Morath. La vita. La fotografia.
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