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Ce lo ha ricordato l’orca Tahlequah che, come già accaduto nel 2018, ha perso un cucciolo e ne culla tristemente il corpo, prima di lasciarlo andare.
Dopo la chiusura di Green Hill comincia oggi il processo a Brescia, citati in giudizio i gestori, il direttore della struttura e il veterinario del centro.
Nonostante il nome evocativo e bucolico Green Hill non è una verdeggiante località di villeggiatura. Il nome apparteneva all’ultimo allevamento di cani destinati alla sperimentazione in vivo in Italia. L’allevamento di beagle di Montechiari è stato chiuso nel 2013 grazie all’applicazione di una direttiva europea che vieta di allevare sul territorio nazionale cani, gatti e primati destinati ai laboratori.
Il 23 giugno inizia a Brescia il processo contro i gestori della struttura. Gli imputati sono Bernard Gotti e Ghislane Rondot, cogestori e rappresentanti della società Green Hill 2001, Roberto Bravi e Renzo Graziosi, rispettivamente direttore e veterinario dell’allevamento.
Gli animalisti hanno per anni denunciato invano le torture che i cani subivano all’interno della struttura, un ambiente inospitale fatto di capanni chiusi, senza spazi all’aperto e senza aria o luce naturale, nel quale i cani nascevano per morire. Il processo potrebbe ora riconoscere le accuse avanzate dagli attivisti. Gli imputati sono accusati di aver privato i 2.639 cani beagle detenuti dei loro pattern comportamentali, ovvero di tutte le attività vitali e insopprimibili di ogni specie, sottoponendoli a comportamenti insopportabili per le loro caratteristiche etologiche. I cani sarebbero inoltre cresciuti in un ambiente inadeguato ad esprimere i comportamenti etologici propri della loro specie e sottoposti a paura e ansia, tanto da causare nei cani uno «stress cronico».
I vertici di Green Hill dovranno anche rispondere della morte di 104 cani e della soppressione di altri 54. Tra i protagonisti della chiusura dell’allevamento c’è la Lega anti vivisezione che ha sporto denuncia contro Green Hill. «Siamo convinti che le prove raccolte non possano lasciare dubbi sulla sentenza – ha dichiarato il presidente della Lav – questo processo sarà un bella prova anche per misurare la fiducia nelle istituzioni che hanno fatto e stanno facendo, solo il loro dovere. E avere una sentenza che possa far chiudere le altre Green Hill di tutti i tipi, ancora in mano al potere oscurantista e dittatoriale della vivisezione».
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