L’innalzamento del livello dei mari mette a rischio le Outer banks, isole nella Carolina del Nord. L’unica soluzione praticabile è costosa e temporanea.
Il livello dei mari potrebbe innalzarsi di oltre un metro entro il 2100
Se non riusciremo a contrastare il riscaldamento globale, città come Venezia e Miami scompariranno a causa dell’innalzamento del livello dei mari. Persino mantenendo l’aumento della temperatura entro due gradi centigradi, ci saranno conseguenze.
L’innalzamento del livello dei mari è una delle conseguenze del riscaldamento globale. Nuove stime suggeriscono che rischiamo di fronteggiare un innalzamento di oltre un metro nel 2100, e di quasi sei metri nel 2300 (rispetto al periodo 1986-2005). Se non riusciremo a ridurre le temperature attraverso la diminuzione delle emissioni di gas climalteranti, città come Miami, New York, Bangkok e la stessa Venezia, ma persino interi stati come le Maldive nell’oceano Indiano e Kiribati nel Pacifico, scompariranno per sempre.
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Queste oscure previsioni sono il frutto del sondaggio condotto da un team di ricercatori dell’università tecnologica di Nanyang di Singapore insieme ad esperti provenienti da realtà scientifiche come il Potsdam institute for climate impact research. L’intervista ha coinvolto 106 scienziati, ognuno dei quali ha pubblicato, dal 2014 ad oggi, almeno sei articoli sul tema dell’innalzamento del mare su riviste accreditate.
All’aumentare della temperatura, sale il livello dei mari
I risultati della ricerca, disponibili su Climate and atmospheric science, mostrano due possibili scenari. Contenendo l’aumento della temperatura media globale entro due gradi rispetto ai livelli preindustriali, si prevede un innalzamento del livello dei mari di 0,5 metri nel 2100 e da 0,5 a 2 metri nel 2300; se ci saranno invece 4,5 gradi di riscaldamento, l’innalzamento sarà da 0,6 a 1,3 metri nel 2100 e da 1,7 a 5,6 metri nel 2300. Si tratta di pronostici più negativi di quelli tratti precedentemente dagli scienziati, fra cui quelli del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite (Ipcc).
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Dobbiamo agire ora, o sarà troppo tardi
“La complessità delle proiezioni sul livello del mare e l’enorme quantità di pubblicazioni scientifiche sul tema rendono difficile per i governi avere una visione d’insieme dello stato della scienza. Per questo è stato utile sondare i principali conoscitori dell’argomento, in grado di fornire un quadro più ampio degli scenari futuri e di informare i responsabili politici in modo che possano preparare le misure necessarie di mitigazione e adattamento”, ha spiegato Benjamin Horton, a capo del team di ricerca.
“Come nella pandemia di Covid-19, il tempismo è cruciale per prevenire la devastazione”, gli ha fatto eco Stefan Rahmstorf del Potsdam institute. “Se aspettiamo di avere un problema serio, diventa troppo tardi. Diversamente dal coronavirus, l’innalzamento del livello dei mari non si può fermare per centinaia, forse migliaia d’anni se lo scioglimento delle calotte glaciali supera il punto di non ritorno”.
La pandemia può fungere da trampolino di lancio
A preoccupare sono soprattutto i ghiacci dell’Antartide e della Groenlandia, i più estesi. La pandemia in corso ha ridotto la CO2 in tutto il mondo, ma dobbiamo impedire che la ripartenza economica coincida con il ritorno all’inquinamento. Molte città, tra cui Milano e Londra, si stanno impegnando per favorire una mobilità sostenibile nell’era post Covid. E 231 tra esperti di banche centrali, economisti, scienziati e anche il premio Nobel Stigliz sostengono che le rinnovabili creino tre volte più posti di lavoro delle fonti fossili, pertanto è in quella direzione che dobbiamo puntare per uscire dalla crisi che stiamo vivendo. Non lasciamo che quest’opportunità ci sfugga.
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