L’inquinamento provocato dalle polveri sottiliha causato 307mila morti premature nell’Unione europea nel corso del 2019. A spiegarlo è un nuovo rapporto pubblicato lunedì 15 novembre dall’Agenzia europea per l’ambiente (Aea), secondo il quale più della metà di tali vite potrebbe essere salvata se soltanto fossero rispettati gli obiettivi fissati in termini di qualità dell’aria dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
I dati scesi di oltre due terzi rispetto ai primi anni Novanta
La cifra, benché altissima, risulta tuttavia in calo di oltre il 10 per cento rispetto all’anno precedente. Nel 2018, infatti, il numero di morti premature attribuibili all’esposizione alle PM2.5 era stato pari a 346mila. Si tratta dunque di un segnale incoraggiante, ma che non è legato unicamente alle politiche di abbattimento della dispersione di agenti inquinanti: ad incidere sono state anche le condizioni meteorologiche favorevoli, che hanno evitato troppi casi di ristagno di sostanze nocive.
Acc to EEA’s latest estimates, 307,000 people died prematurely due to exposure to fine particulate matter pollution in EU in 2019. At least 58%, of these deaths could have been avoided if all EU States had reached the WHO’s new air quality guideline level https://t.co/l62eYfMw3u
Storicamente, in ogni caso, il miglioramento è evidente: all’inizio degli anni Novanta il totale di decessi prematuri tra i 27 paesi membri dell’Unione europea sfiorava il milione. Grazie alle regole imposte dai singoli governi e dalle stesse istituzioni comunitarie, il dato era già stato dimezzato, a 450mila, nel 2005.
Anche per quanto riguarda gli altri agenti inquinanti i dati indicano un calo delle morti premature: per quanto riguarda l’ozono i dati indicano 16.800 casi, in diminuzione del 13 per cento rispetto al 2018. Mentre quelli attribuiti al biossido di azoto sono scesi si circa il 25 per cento, a quota 40.400.
In Italia quasi 50mila morti premature per l’inquinamento dell’aria
A livello geografico, tuttavia, la concentrazione di morti riguarda in particolare Germania e Italia: la prima nel 2019 ha toccato quota 53.800 casi, mentre in Italia il dato è stato pari a 49.900. Ben più indietro nazioni come la Francia (29.800) e la Spagna (23.300). Ma se si guarda all’incidenza delle morti in funzione del numero di abitanti, la nazione che versa nella situazione peggiore è la Polonia.
Nonostante i miglioramenti, infatti, l’Aea ha avvertito che i dati della maggior parte delle nazioni europee risultano ancora al di là dei limiti massimi consentiti, sia in termini di regole comunitarie che di raccomandazioni dell’Oms.
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