La Corte di Giustizia della Ue ha condannato l’Italia per la qualità dell’aria: in 10 anni valori di polveri sottili sistematicamente fuori dalla norma.
La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che l’Italia “ha violato il diritto dell’Unione sulla qualità dell’aria” superando “sistematicamente e persistentemente” i valori limite fissati per le polveri sottili. La Corte, adita dalla Commissione europea nel 2018, “rileva che, dall’anno 2008 all’anno 2017 compreso, i valori limite giornalieri e annuali fissati per le particelle di PM10 sono stati superati molto regolarmente” in un certo numero di aree del territorio italiano, e che “l’Italia manifestamente non ha adottato in tempo le misure” per garantire il rispetto dei valori limite.
Secondo la Corte infatti il superamento dei valori limite giornaliero e annuale fissati per le PM10 “è rimasto sistematico e continuato per almeno otto anni nelle zone interessate”e che solo in tempi estremamente recenti sono stati previsti dei piani di riduzione, molti dei quali dichiarano una durata di realizzazione degli obiettivi relativi alla qualità dell’aria che può essere di diversi anni, se non addirittura di due decenni dopo l’entrata in vigore di detti valori limite.
Le misure prese finora dal ministero dell’Ambiente
Secondo i regolamenti europei, adesso l’Italia dovrà conformarsi alla sentenza senza indugio: qualora la Commissione ritenga che lo Stato membro non si sia conformato a una sentenza della Corte di Giustizia può proporre un altro ricorso chiedendo sanzioni pecuniarie. Ma la sentenza della Corte Europea non ha colto di sorpresa il ministero dell’Ambiente italiano, che tiene a precisare che i dati sui quali si è basato il pronunciamento risalgono al 2017: il ministro Sergio Costa spiega che “fin dal mio insediamento, nel 2018, ho messo in campo tutti gli strumenti possibili, in accordo con le regioni, per affrontare il tema della qualità dell’aria”.
Tra questi, il ministro ha ricordato gli accordi sottoscritti con Lazio, Umbria, Toscana e Sicilia e prossimamente Campania, “proprio per affrontare con strumenti operativi e fondi la tematica che investe specifiche aree di queste regioni”, il decreto Clima del novembre 2019 “per promuovere stili di vita più sostenibili, come l’acquisto di scuolabus green, 20 milioni in due anni, o la riforestazione urbana, finanziata con 30 milioni, e il buono mobilità per incentivare una mobilità elettrica e sostenibile nelle grandi città”, per finire con gli accordi di programma con le regioni più colpite dalla problematica, tra cui il Bacino Padano, Lazio, Umbria, Sicilia e Toscana, che hanno stanziato un fondo pluriennale per 800 milioni di euro fino al 2034 per l’abbattimento delle emissioni di polveri sottili e ossidi di azoto.
Secondo Legambiente quella emessa oggi è comunque una “una decisione inevitabile, in linea con il trend da noi denunciato da anni”: nello scorso gennaio, nell’edizione del rapporto Mal’Aria di Città 2020, l’associazione ambientalista ricordava che il 28 per cento delle città italiane nell’ultimo decennio ha superato i limiti giornalieri di Pm10 tutti gli anni (10 volte su 10), il 9 per cento lo ha fatto 9 volte su 10, mentre il 12 per cento è andato oltre 8 volte su 10. Tra le città “fuorilegge” per numero totale di giorni d’inquinamento registrati Torino, Frosinone, Alessandria, Milano, Vicenza e Asti.
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