
Lo rivela uno studio che ha analizzato i dati della Corn Belt statunitense, dove si coltiva intensivamente mais ogm: i parassiti hanno sviluppato resistenza alla coltura transgenica.
Mangiare insetti commestibili è un’idea che ripugna ma incuriosisce. Nella storia dell’umanità non esistono tradizioni alimentari basate su insetti, che sono un cibo di sussistenza solo in regioni con cibo scarso. Le aree dove li considerano commestibili sono a macchia di leopardo, nel mondo. In alcune enclave asiatiche, sì, e il casu marzu – il formaggio coi vermi
Mangiare insetti commestibili è un’idea che ripugna ma incuriosisce. Nella storia dell’umanità non esistono tradizioni alimentari basate su insetti, che sono un cibo di sussistenza solo in regioni con cibo scarso. Le aree dove li considerano commestibili sono a macchia di leopardo, nel mondo. In alcune enclave asiatiche, sì, e il casu marzu – il formaggio coi vermi – è da alcuni reputato una delizia: ma non per questo si può generalizzare dicendo che i cinesi e i sardi mangiano insetti.
La curiosità e la diffidenza aumentano di pari passo, anche perché stiamo affrontando uno spaventoso aumento della popolazione mondiale e ci sarà una nuova caccia alle risorse alimentari, nuove, inusuali. A livello di sostenibilità, secondo le prime ricerche prese in esame dalla Fao, gli insetti sarebbero anche molto efficienti nel convertire ciò di cui si cibano (rifiuti) in proteine. Dall’Università di Wageningen nel cuore della food valley olandese uno degli autori del rapporto Fao “Insetti commestibili”, Arnold van Huis, sanciva qualche tempo fa che “In Occidente abbiamo un pregiudizio culturale e pensiamo che gli insetti, solo perché sono mangiati in Paesi in via di sviluppo, non possano essere buoni”. Andrea Mascaretti, presidente del comitato scientifico del Salone cibo sicuro, ha detto ad Annalisa Cavaleri durante Expo Milano 2015: “Molluschi, granchi, aragoste e gamberi, se ci pensiamo bene, visti da vicino non appaiono poi molto diversi da alcuni insetti. In Thailandia si mangiano scorpioni arrostiti e ragni fritti, che sono considerati dalla popolazione locale delle vere e proprie leccornie: sono aracnidi molto diffusi nello street food asiatico insieme ad insetti come grilli, locuste e bachi che vengono fritti, arrostiti o stufati con salse piccanti. Le termiti e i bruchi sono considerati un ottimo alimento in buona parte dell’Africa, mentre in Madagascar si possono assaggiare alcune specie di farfalle fritte con la pastella. Potrei continuare a lungo, perché gli insetti commestibili, secondo la Fao, appartengono alla dieta di 2 miliardi di persone, quasi un terzo della popolazione mondiale”.
Tuttavia gli insetti non sono un alimento tradizionale, per nulla. Sono considerati difatti novel food, quindi soggetti a nuove indagini e controlli di cautela.
Intervistato durante Expo Milano 2015, Paul Vantomme, all’epoca coordinatore e portavoce del progetto Edible insects della Fao (posizione poi stranamente soppressa in ambito Fao) spiegava: “Non è che in Africa tutti gli africani mangiano insetti, né tutti i cinesi mangiano insetti. La scelta del cibo investe un ambito culturale; ci sono molte diverse culture anche regionali al cui interno è ammesso il consumo di insetti. In Italia, in Sardegna e in Puglia. Non dobbiamo dimenticare che quando eravamo raccoglitori e cacciatori abbiamo mangiato insetti per un milione di anni, probabilmente, e non ci ha mai fatto male. Per la sensibilità europea, o meglio occidentale, sono comunque inconsueti. Il punto nuovo, per l’Europa, sono gli obiettivi che si possono perseguire. Riduzione dei rifiuti, nuovi ingredienti, nuovo lavoro. Per esempio, abbiamo una quantità di rifiuti organici dappertutto e non sappiamo cosa farne, dal letame agli scarti alimentari. Oggi se ne fa compost, che vale due cent al kg. Se potessimo usare questi rifiuti organici per l’allevamento di insetti, avremmo proteine di alta qualità nutrizionale – con un rendimento dal 20 al 30 per cento – che si vendono a un euro al chilo. Un guadagno di 50 volte”.
Sempre durante l’incontro in Expo Milano 2015, Paul Vantomme chiarisce: “La caccia e la raccolta per gli europei sono impossibili, non sono più pensabili per la sussistenza. Stiamo parlando di insetti allevati. È un nuovo contesto, dopo le api che abbiamo addomesticato da tempo, che apre nuovi scenari. Ho illustrato il caso di una società belga che rileva i rifiuti ortofrutticoli di una catena di supermercati per produrne proteine (solo i prodotti di frutta e verdura, perché è tuttora vietato impiegare scarti animali, latticini, uova e simili). E, oggi, ho sentito che dagli insetti non sono ricavabili solo additivi alimentari proteici, ma anche grassi di buona qualità e fibre, come la chitina. Anche in Italia c’è una quantità impressionante di rifiuti organici, basta fare un giro in un supermercato per averne un’idea. Con l’allevamento di insetti ridurremmo i rifiuti, produrremmo cibo in modo efficiente e creeremmo lavoro qui, localmente, non all’estero”.
Non in grandi quantità, dunque, ed è raro che siano il piatto principale, ma da tempo la gente mangia insetti. Per sopravvivenza (le tribù di raccoglitori in Africa e in Amazzonia), per tradizioni gastronomiche che li reputano una delicatessen (come gli snack di grilli thailandesi o il mezcal col verme messicano) oppure, come la maggior parte degli occidentali, senza neanche accorgersene (fino a tre etti all’anno), tra la conserva di pomodoro e le verdure bio.
Sono 1.400 le specie di insetti considerati commestibili e quasi cento i Paesi in cui si mangiano: ben 36 in Africa, 23 nelle Americhe, 29 in Asia e persino 11 in Europa secondo la National Geographic Society; e sono almeno 3.000 nel mondo i gruppi etnici che considerano gli insetti una risorsa alimentare tradizionale.
L’usanza di mangiare insetti è più frequente ai Tropici in cui è maggiore la presenza e più facile la raccolta. Vengono consumati sia da adulti che come larve. A seconda delle usanze si mangiano vivi, arrostiti, fritti, ricoperti di salse salate e dolci, o sminuzzati per aggiungere proteine a zuppe e altre preparazioni.
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Queste sono le principali famiglie di insetti mangiati nel mondo:
I più mangiati al mondo sono i coleotteri, in vario stadio di crescita. Le locuste sono un piatto comune in Africa. Le cimici d’acqua giganti sono l’insetto più apprezzato in Asia, essendo impiegate nell’alimentazione umana in Cina, Giappone, India e in tutto il sudest asiatico, dall’Indocina all’Indonesia.
Tra gli insetti che, per chi li assaggiati, risultano meno sgradevoli, ci sono le formiche, sono dolci e hanno un gusto simile alle noccioline, le cimici, che sanno di mela e alcune larve di falena, che tendono al piccante. Però ci sono anche larve che sanno di legno marcio e di segatura. Ci sono poi insetti nocivi e immangiabili, certamente. È come per i funghi: ne esistono di velenosi. Ma anche i mammiferi: non esistono allevamenti di topi. Alleviamo solo animali che hanno dato rendimenti migliori, con un buon gusto. Gli insetti hanno un numero di specie dieci volte maggiore dei mammiferi, quindi ci si potrebbe aprir davanti un ventaglio vastissimo di scelte.
La prima esigenza per imporre il consumo di un nuovo alimento è che deve essere delizioso. Però, purtroppo, come chiunque sia stato invitato a diverse degustazioni di insetti, deve ammettere che difficilmente li avrà trovati buoni. Potrebbe non essere colpa degli insetti, bensì colpa del cuoco. È lo stesso per ogni ingrediente, in fondo. Anche per quelli nuovi, e ancor di più per le meduse, che assorbono meramente il sapore della salsa e dei condimenti.
La Thailandia è la meta giusta per chi è incuriosito dall’idea di assaggiare insetti. Larve, millepiedi, formiche rosse, scorpioni, farfalle si impiegano in cucina sia per snack salati che per dolci. In Giappone, sulle montagne, le larve di vespa bollite sono considerate specialità, così come le larve di molti insetti acquatici.
Anche in Africa l’antico uso tribale di raccogliere insetti è entrato nelle cucine locali. Termiti alate fritte e mescolate alla pasta del pane, bruchi di falena, larve del punteruolo rosso della palma, formiche.
L’uso degli insetti è sporadico. Locuste, grilli e cavallette secche erano usate come moneta di scambio da alcune tribù di nativi americani. Usanze pressoché scomparse insieme ai popoli che ne erano latori.
Le cavallette sono ampiamente consumate in tutto il sud del Messico, servite arrosto e aromatizzate con aglio, succo di lime e sale. Si trova il “caviale di insetti“, uova di formiche raccolte da radici di piante di agave bollite o fritte nel burro, sia da mangiare nei tacos, o per essere presentati in una ciotola con un contorno di tortillas per il piatto popolare chiamato escamoles. A Taxco organizzano il festival Jumil in cui raccolgono cimici e le mangiano. In Venezuela il popolo Piaroa considera le tarantole Golia (o migali) una vera prelibatezza: possono raggiungere le dimensioni di un piatto piano, con otto enormi zampe che accontentano una famiglia numerosa, e vengono arrostite sul fuoco. Sapore: come di granchio e di nocciola. In Colombia e in Amazzonia tostano le formiche “culone” come popcorn.
In Nuova Zelanda mangiano larve di cerambicidi che si trovano scavando nel legno marcio degli alberi, sia crude che saltate in padella. In Australia, le formiche honeypot (vaso di miele), che hanno un ventre gonfio di nettare grande come un chicco d’uva, sono consumate crude come dolci dagli aborigeni.
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