A Milano un murale intitolato “Respiro” ha l’obiettivo di dare un tocco di verde in più alla città e non solo.
Interdependence, il patto tradito tra uomo e natura in 11 cortometraggi internazionali
Un viaggio attorno al mondo, affidato a 11 registi provenienti da 5 continenti. È Interdependence, film antologico che racconta i tanti effetti della crisi climatica, attraverso storie brevi e personali. Per l’Italia c’è Silvio Soldini.
Stormi di gabbiani in cerca di cibo tra montagne di rifiuti sulle coste cinesi. Fiumi dell’Amazzonia inquinati da pesticidi e plastica. L’aria irrespirabile che avvelena vecchi e bambini a Nuova Delhi. Una Milano senza più alberi. I pascoli inariditi delle campagne afghane. Lo scioglimento dei ghiacciai alpini. Il prezioso e paradisiaco ecosistema della Nuova Zelanda deturpato dall’azione umana. Un Marocco distopico segnato dalla crisi climatica.
Interdependence verrà proiettato in occasione della Forest open night il 22 novembre alle ore 21:00 in Triennale di Milano
Sono alcune delle tappe nel giro del mondo fatto da Interdependence, film collettivo, composto da undici cortometraggi e prodotto dalla ong Art for the World, con il patrocinio dell’Onu. Presentato all’ultima Festa del Cinema di Roma, il film è stato proiettato anche a Milano, presso il cinema Anteo Palazzo del Cinema con due serate a ingresso gratuito. La produttrice Adelina von Fürstenberg lo ha fortemente voluto, convinta che tocchi proprio all’arte il compito di svegliare le coscienze sul tema più urgente del momento: quello della crisi climatica. Lo aveva già fatto nel 2012 con il suo progetto Food, una mostra itinerante ispirata dal tema dell’Expo 2015 di Milano “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. In quell’occasione, affrontando il tema del cibo, così fortemente connesso in tutti i suoi risvolti al tema della crisi climatica, la curatrice aveva percepito l’enorme valore della “interdipendenza”. Da qui la scelta di intitolare così questo film, perché “dove non c’è interdipendenza non c’è armonia” .
Alla base di questo impegno la convinzione che l’arte sia a tutti gli effetti una presa di posizione e debba necessariamente essere alla portata di tutti, come, per altro stabilito dall’articolo 27 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. “L’arte è curativa, non è un lusso. Non può risolvere i problemi, ma può far pensare”, ha commentato von Fürstenberg in occasione della presentazione del film a Roma lo scorso 22 ottobre a Roma.
Una chiamata alle armi globale
Attraverso una polifonia di voci e di stili, Interdependence lancia un grido d’allarme per il pianeta, puntando il dito contro la drammatica rottura nel legame dell’uomo con la natura. La varietà delle ambientazioni e degli approcci stilistici restituisce, così, un mosaico sfaccettato e ricco della realtà. A cucire tutto insieme e a scandire l’alternanza delle storie narrate sono tre elementi della natura: acqua, terra e aria. Sotto questo cappello prendono forma gli undici corti, portandoci nei 5 continenti, dove ciascun regista ha scelto di raccontare ciò che sentiva più vicino e urgente.
Dai pascoli inariditi dell’Afghanistan al futuro distopico del Marocco
Nel corto Qurut, girato in bianco e nero e in stile cinema muto, la giovane regista iraniana Shahrbanoo Sadat (classe 1990) è tornata nel suo piccolo villaggio rurale, nel centro dell’Afghanistan, per raccontare il problema della siccità, che sta limitando molto la produzione di un antico formaggio di capra, il Quruti, di cui lei stessa era grande consumatrice. Una storia locale, che mostra come le conseguenze del riscaldamento globale possano arrivare ad influenzare direttamente tanti aspetti della nostra vita.
Il marocchino Faouzi Bensaidi, dirige e interpreta il corto A sunny day, in cui sceglie il registro umoristico, ispirandosi a Jacques Tati e Buster Keaton, per immaginare un futuro distopico, in cui l’uomo subisce le conseguenze dirette di tutte le sue sconsiderate azioni. Costretto a indossare una maschera antigas mentre passeggia per strada, si ritrova a mangiare cibi assai poco appetitosi e a ricevere dall’oceano tutto ciò che per decenni lui stesso gli ha riversato dentro.
Il legame tra uomo e natura raccontato come crisi di coppia
In due casi la crisi del rapporto tra uomo e ambiente è descritta attraverso la metafora della crisi di coppia. Si tratta del corto Megha’s divorce dell’indiano Nila Madhab Panda e di Last dance dell’islandese Ása Hjörleifsdóttir. Nel primo caso i due coniugi protagonisti sono stati interpretati da due attori molto famosi in India, che si sono prestati gratis per il progetto e che mettono in scena le difficoltà di una famiglia a restare unita, quando è minacciata da un ambiente insalubre. Nel corto islandese, invece, l’incapacità di comunicare di un marito e una moglie si fa metafora del dialogo interrotto tra uomo e natura. A sottolinearlo anche la produttrice von Fürstenberg, che spiega: “Quando il mondo in cui viviamo diventa ostile, perdiamo i legami fondamentali”.
Gli uomini sulla Terra, come naufraghi su una zattera
Nel film c’è spazio anche per una performance d’arte visiva, intitolata Extraction: The Raft of the Medusa. In questo caso la filmmaker portoghese Salome Lamas reinterpreta il celebre naufragio dell’opera La zattera della Medusa (Le Radeau de la Méduse) di Théodore Géricault, per creare un’allegoria sullo stato attuale dell’umanità, rappresentata come un manipolo di naufraghi alla disperata ricerca di salvezza, su un pianeta minacciato dall’emergenza ambientale.
Da Milano a San Paolo. Cosa resta della natura in città
A rappresentare l’Italia è stato chiamato il regista Silvio Soldini, che nel corto Olmo fotografa una Milano soffocata dal traffico e carente di alberi. “Ho deciso di raccontare in pochi minuti qualcosa di molto semplice e quotidiano” , ha detto il regista alla presentazione del film a Roma, “la storia di una famiglia composta da un nonno, da un nipote e da una donna, madre e figlia al tempo stesso, nella periferia milanese. Ho cercato immagini che rimanessero nello spettatore per far emergere suggestioni ed emozioni. Purtroppo quella del cambiamento climatico è una tragedia alla quale assistiamo da anni, ma che abbiamo continuato a rimuovere”.
La brasiliana Daniela Thomas nel corto A Tuã Ingugu (Water eyes) ci accompagna nel cuore della foresta amazzonica, nello stato del Mato Grosso, per mostrarci il legame simbiotico e vitale degli indigeni Xingu con il loro fiume, il rio Kuluene. A raccontarlo con voce fuori campo è il capo del villaggio di Caramujo, che la regista ha in seguito portato con sé a San Paolo, per mostragli ciò che resta della natura nel mondo civilizzato. Qui lo scenario si capovolge: i corsi d’acqua cittadini, usati come immondezzai, versano abbandonati in uno stato di lenta agonia, dovuta all’inquinamento, provocato dai prodotti chimici dell’industria agroalimentare e dalla plastica.
L’ultima donna sulla Terra
Tra le immagini più iconiche e forti di Interdependence ci sono quelle filmate dalla svizzera Bettina Oberli, che con il suo film Kingdom, crea una visione post apocalittica, in cui l’ultimo pezzetto di ghiacciaio esistente è affidato alle cure disperate e dell’ultima donna sulla Terra. Una visione pessimistica e fortemente evocativa, che può contare anche sul grande talento di Emily Beecham, attrice inglese premiata recentemente come migliore attrice all’ultimo Festival di Cannes.
Interdependence, un messaggio pronto a fare il giro del mondo
“È solo l’inizio. Speriamo che questi corti vengano visti da più persone possibile e che contagino altri artisti”. Così Adelina von Fürstenberg benedice il progetto, pensato proprio per arrivare al vasto pubblico. Con questo scopo, nel mese di novembre Interdependence ha intrapreso un lungo viaggio, che lo porterà nelle università, nella rete delle ong, nei musei, nella istituzioni culturali, nelle scuole e sulle emittenti del servizio pubblico di tutta Europa.
A credere nelle potenzialità dell’iniziativa e nell’efficacia del cinema nel veicolare questi temi è stato anche Francesco Pisano, responsabile delle attività culturali delle Nazioni Unite: “Ci siamo lasciati coinvolgere rapidamente nel progetto, perché per noi era un’occasione unica usare l’arte per coinvolgere il pubblico su questi temi. Come Nazioni Unite non avremmo potuto esprimere in questo modo il messaggio ambientalista. Il cambiamento climatico è la questione internazionale che definisce i rapporti tra i Paesi in questo momento. Avere un contingente di 11 registi, che fa passare queste tematiche al grande pubblico era fondamentale. Ci chiediamo se ci sarà una risposta. Lo speriamo. I messaggi sono complessi e da un punto di vista diplomatico sono difficili da far passare, per questo ci serve l’arte”.
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