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Il voto che decide il nostro futuro, intervista a Fabrizio Spada
Domenica 25 maggio si vota per scegliere i 73 deputati italiani dei 751 del Parlamento europeo di Strasburgo. Per l’occasione abbiamo posto qualche domanda al direttore della Rappresentanza italiana della Commissione europea, Fabrizio Spada. Per capire perché, nonostante la disaffezione dei cittadini verso la politica, è sempre più importante votare e essere protagonisti del nostro
Domenica 25 maggio si vota per scegliere i 73 deputati italiani dei 751 del Parlamento europeo di Strasburgo. Per l’occasione abbiamo posto qualche domanda al direttore della Rappresentanza italiana della Commissione europea, Fabrizio Spada. Per capire perché, nonostante la disaffezione dei cittadini verso la politica, è sempre più importante votare e essere protagonisti del nostro futuro.
La novità più importante delle elezioni 2014, che attira l’attenzione dei cittadini, è sicuramente quella sui candidati a diventare presidente della Commissione europea. Da quest’anno ciascun partito europeo propone il nome che ha intenzione di sostenere in caso di vittoria. Come mai questa scelta?
Il Trattato di Lisbona prevede questa possibilità dopo essere stata approvata da tutti i capi di governo. L’opportunità però nasce dal bisogno reale di legare i cittadini europei e il loro voto alle istituzioni e alla figura del presidente della Commissione europea. L’intenzione è rendere più democratico il “governo”, il braccio esecutivo dell’Unione europea, l’organismo che mette in atto le politiche decise dal Parlamento e dal Consiglio europeo.
Anche in Italia, un paese che si è sempre dimostrato interessato a ogni tipo di consultazione elettorale – dalle politiche ai referendum, l’affluenza alle elezioni europee è in calo, è passata dall’85 per cento del 1979 al 65 per cento del 2009.
La disaffezione al voto è un fenomeno che si è aggravato negli anni, purtroppo. La democrazia si è come “anestetizzata” con la crisi economica. Esprimere un candidato presidente è un incentivo a tornare a interessarsi di politica perché la nostra vita è influenzata anche, e sempre più, dalle decisioni prese a Bruxelles. Andando a votare i cittadini decidono del loro futuro.
L’elezione dei deputati al Parlamento europeo avviene con il proporzionale. È una delle ultime consultazioni che mantiene questo sistema. Crede che possa avere dei vantaggi?
È una scelta più pratica che finalizzata alla partecipazione. Con il sistema proporzionale è più facile gestire e rispettare la volontà di 500 milioni di persone che risiedono in 28 paesi. In questo modo si evita il rischio che i paesi più piccoli vengano esclusi dall’assemblea in favore di quelli più popolosi.
Pensa che il Parlamento europeo abbia bisogno di essere rafforzato rispetto alle altre istituzioni?
Il Parlamento all’inizio aveva una funzione meramente consultiva. Oggi è stato rafforzato grazie alla procedura di co-decisione. Senza il voto del Parlamento, la proposta del Consiglio non viene adottata. Inoltre il Parlamento adotta il bilancio che è fondamentale nella gestione di un’organizzazione come di uno stato. La mia speranza è che il ruolo dell’assemblea venga rafforzato sempre più perché è giusto che l’unico organo eletto direttamente abbia sempre più peso.
Ci può dire i successi, i risultati più grandi che sono stati raggiunti grazie al Parlamento e alla Commissione in questi anni, e che i cittadini dovrebbero conoscere?
La Commissione e il Parlamento hanno investito tantissimo sull’efficienza energetica. Questo ci ha consentito di ridurre l’inquinamento, di risparmiare sulle risorse naturali e di spendere meno per l’energia. Tutto questo grazie a standard elevatissimi sulle nuove costruzioni che fanno risparmiare tantissimo sia in termini ambientali che economici. Inoltre l’Unione europea è sempre stata il motore della tutela dell’ambiente. Anche se ha un costo economico, difendere l’ambiente porta a dei vantaggi incalcolabili nel lungo periodo.
Per questo la nostra speranza è che anche gli altri paesi seguano l’esempio perché è impossibile che l’Europa continui ad agire da sola e sostenere tutti i costi. Anche paesi come Cina e Stati Uniti devono fare altrettanto. A questo proposito l’ideale sarebbe trovare un accordo all’interno dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) su standard ambientali comuni da rispettare. I prodotti importati all’interno dell’Unione dalla Cina, ad esempio, dovrebbero rispettare i requisiti di tutela dell’ambiente europei, anche perché clima e ambiente non conoscono confini e l’inquinamento e la CO2 prodotti in Cina hanno effetti negativi anche nel nostro continente.
Oggi il concetto di sostenibilità è ampio e va oltre l’aspetto ambientale
Per quanto riguarda i diritti umani, basta dire che ogni paese che vuole entrare a far parte dell’Unione europea deve rispettare l’acquis communautaire, un insieme di diritti umani e sociali e di obblighi politici per la salvaguardia del cittadino senza i quali non si può entrare in Europa. Questo è uno dei motivi per cui la Turchia ha ancora alcuni aspetti da sistemare. Al contrario, i Balcani, dopo la guerra fratricida degli anni Novanta, sono riusciti a limare le differenze andando ben oltre le frontiere statali e le barriere culturali.
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