Intervista a Jean Pierre Berlan

Ha intitolato un articolo del ’99 su Le Monde Diplomatique “La rapina del vivente” e poi il libro chiamato “Guerra al vivente”. Cosa significano? Nella nostra società c’è una contraddizione di fondo nei rapporti con il vivente. C’è una legge economica fondamentale: non si può vendere qualcosa a qualuno che ne ha già abbastanza. Nel

Ha intitolato un articolo del ’99 su Le Monde Diplomatique
“La rapina del vivente” e poi il libro chiamato “Guerra al
vivente”. Cosa significano?

Nella nostra società c’è una contraddizione di fondo
nei rapporti con il vivente. C’è una legge economica
fondamentale: non si può vendere qualcosa a qualuno che ne
ha già abbastanza. Nel campo dell’agricoltura, chi vende
sementi non può vendere al contadino sempre nuovi semi,
sempre di più, perché col suo proprio raccolto il
contadino ne può fare provvista. Bisognerebbe proibire al
contadino di usare le sue sementi.
In questi anni, le multinazionali biotech stanno facendo questo. La
legge del profitto si oppone alle leggi di natura. È un
processo schizofrenico. Vogliono rendere sterili piante e animali e
nello stesso tempo nascondere il loro tentativo di rapina.

Si tratta della tecnologia ‘terminator’, per cui è
inserito un gene che rende sterili i semi delle piante
manipolate.

Un trionfo della genetica applicata, ma nello stesso tempo il suo
errore peggiore. Perché tutti si sono resi conto che in
realtà l’obiettivo non era “risolvere la fame, la
povertà, l’inquinamento”. Lo scopo delle colture Ogm
è privatizzare la vita. La vita manipolata dal profitto,
grazie ai brevetti.

Un tentativo tuttora in corso.
Tutte queste manovre sono possibili perché c’è in
realtà un grosso divario tra la tecnica e la conoscenza
scientifica: le tecniche evolvono rapidamente, non così le
conoscenze.
Un divario, una frattura peggiorata dagli Ogm. La genetica ha
lavorato nel campo delle manipolazioni tra specie e se si riesce a
superare la barriera, si apre un mondo sconosciuto. Di chimere e
clonazioni. E non parliamo mai più di “varietà”
transgeniche!

Perché?
“Varietà” non è un termine che si può
adoperare per gli Ogm o gli ibridi! Perfino il termine
“geneticamente modificate” ha secondo me un effetto edulcorante,
anestetizzante.
Ma “varietà” è addirittura contrario a ciò che
intendiamo. Le piante transgeniche sono brevettate, standardizzate,
clonate. Se andiamo in un supermercato non chiediamo “voglio
comprare un clone di pomodoro”… questo è il contrario
della varietà!

A chi obietta che nel modificare geneticamente piante e animali
non c’è niente di nuovo rispetto alla selezione e
all’allevamento cosa possiamo rispondere?

No. È un atto rivoluzionario che fa esplodere il divario tra
tecnica scientifica e conoscenza.

C’è un modo per controllare queste tecniche?
Una proposta… creiamo una polizia genetica europea?

Dunque non è una soluzione per l’agricoltura del
futuro?

C’è un caso emblematico che voglio raccontare. In Kenya un
grande campo di mais era stato attaccato da un parassita, e anno
dopo anno perdeva raccolti. Hanno provato a irrorare con pesticidi,
insetticidi. Niente, se non altri danni. Su consiglio di alcuni
indigeni, un anno hanno provato a piantare intorno una striscia di
erba-elefante, e una parte a legumi. Forse per un’associazione
vantaggiosa che ha rafforzato le piante, forse perché l’erba
“non aveva un buon odore” per i bruchi, fattostà che la
parassitosi è scomparsa. E il suolo ne ha guadagnato in
fertilità: i legumi scambiano azoto favorevolmente per i
cereali confinanti. Et voilà.

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati