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Ládio Veron. Nel giro di poco tempo i guaraní kaiowà non esisteranno più
In Brasile la situazione per i guaraní, il popolo indigeno più numeroso del Paese, è drammatica, privati delle loro terre ancestrali e assassinati impunemente dai proprietari terrieri.
I guaraní vivevano nelle foreste pluviali del Sudamerica da tempo immemore, ottenendo dal fertile grembo della foresta tutto ciò di cui necessitavano per vivere in maniera sempre uguale e sempre diversa, come l’alternarsi delle stagioni. Almeno fino all’arrivo degli europei, all’epoca i guaraní contavano oltre un milione e mezzo di persone, ed erano distribuiti tra Paraguay, Brasile, Bolivia e Argentina. Oggi, pochi secoli dopo, ne sopravvivono appena poche decine di migliaia. I guaraní brasiliani sono suddivisi in tre gruppi, il più numeroso è quello dei Kaiowá che vive nello stato del Mato Grosso do Sul, nella zona centro-occidentale del Brasile.
Il popolo della foresta privato della sua terra
I guaraní del Brasile sono stati privati quasi totalmente delle loro terre ancestrali, disboscate e usurpate da allevatori e coltivatori e sono costretti a vivere in anguste riserve istituite dal governo ai margini delle città. Questi minuscoli appezzamenti di terra non sono sufficienti a sostentarli, i bambini soffrono gravi forme di malnutrizione e si registra uno dei più alti tassi di suicidi del mondo (dal 1986 più di 517 guaraní si sono suicidati, la più giovane vittima aveva solo nove anni). La tribù dei Guaraní Kaiowá non può però vivere lontano dalla sua foresta (Kaiowá significa non a caso “popolo della foresta”) e, stanca di negoziare e attendere invano l’intervento del governo, ha deciso di riappropriarsi pacificamente delle proprie terre, seppur violentate da un’ampia rete di allevamenti di bestiame e piantagioni di canna da zucchero. Ma la risposta alla retomada, la rioccupazione delle terre, è stata spietata e i nativi sono vittime delle violente reazioni dei proprietari terrieri e dei loro sicari. I leader delle comunità che rioccupano i loro territori vengono sistematicamente uccisi.
Il genocidio dei guaraní
Oggi i guaraní sono vittima di un vero e proprio genocidio che avviene in un assordante silenzio. Tra qualche anno probabilmente, quando i figli della foresta saranno scomparsi dal pianeta, ne celebreremo il ricordo come siamo soliti fare, con parole gonfie di retorica e ammonimenti sul fatto che episodi simili non debbano più accadere, almeno fino al prossimo. Ma i guaraní non devono e non vogliono essere l’ennesimo monumento dell’incapacità umana di eludere la ciclicità della storia e dei propri errori, proprio per questo è venuto in Europa il leader indigeno Ládio Veron, portavoce dei Guaraní Kaiowá del Brasile, con l’obiettivo di far conoscere i soprusi cui è sottoposto il suo popolo, la cui situazione potrebbe addirittura peggiorare con l’adozione di un emendamento costituzionale, conosciuto come Pec 215. Lo abbiamo incontrato a Milano grazie a Survival, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni. La sua voce è profonda e antica e sembra attecchire in profondità nel fertile suolo della foresta pluviale del Mato Grosso, tradendo un legame indissolubile con la giungla, perché, come ammette lo stesso Ládio Veron, “noi guaraní siamo la foresta”.
Perché la foresta è così importante per la sopravvivenza dei guaraní?
La vita di un indio non ha alcun senso senza la foresta. Noi viviamo nella foresta, noi siamo la natura, siamo la foresta, parliamo con gli alberi e li trattiamo come membri della nostra famiglia. La foresta per noi significa vita e casa. Noi e la foresta siamo la stessa cosa, non possiamo esistere separatamente.
Quali conseguenze avrebbe il Pec 215 sui popoli indigeni brasiliani?
Se dovesse essere approvato questo emendamento indebolirà ulteriormente il nostro controllo sulle terre da cui dipendiamo per sopravvivere e potrebbe impedirci di recuperare la terra che ci è stata rubata.
I guaraní sono vittime di violenze e ritorsioni da parte dei proprietari terrieri, il governo non vi tutela?
Assolutamente no, perché quello che il governo vuole sono le nostre terre ancestrali.
I Guaraní Kaiowá sono i discendenti di quegli indigeni che, alla fine del Seicento, rifiutarono di entrare nelle missioni dei gesuiti. Nonostante secoli di contatto con gli stranieri avete mantenuto la vostra identità. Come avete fatto?
La nostra gente da sempre ha tramandato la propria cultura e le proprie usanze di padre in figlio, il modo di vivere, il modo di pregare, il modo di cantare, il modo di essere guaraní. Non vogliamo vivere in alcun altro modo, è così che eravamo e così vogliamo continuare ad essere.
La vostra cultura è caratterizzata dalla non violenza e da una spiccata spiritualità, come riuscite a sopportare le violenze cui siete sottoposti?
Non c’è un modo per affrontare questa situazione, tutta questa violenza. I proprietari terrieri fanno uccidere i nostri leader e la parte più debole e innocente della nostra comunità , i bambini. Noi vogliamo solo vivere in pace nella nostra terra e il governo vuole portarcela via, e per farlo colpisce i nostri capi e i nostri bambini.
Cosa la spinge a continuare a combattere sapendo che rischia la sua vita?
Io sono figlio di un leader che è stato assassinato, Marcos Veron. Porto avanti questa lotta perché è la mia missione, è l’eredità che ho ricevuto da mio padre. Mio padre ha cominciato questa battaglia tanti anni fa e io la devo proseguire, è un mio dovere. So che in Brasile vogliono la mia testa ma non ho paura. In questo momento è importante che io sia in Italia e che stia girando per l’Europa per far conoscere ad altri paesi quello che sta accadendo in Brasile e quello che sta subendo il mio popolo.
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