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Occorre rimettere al centro la qualità, la salute e l’ambiente. Le parole di Federbio sulle proteste degli agricoltori
Per la presidente di Federbio Mammuccini, alcuni disagi degli agricoltori sono oggettivi e comprensibili, ma le proteste contro il Green deal sono inammissibili.
- Le proteste degli agricoltori continuano in tutta Europa.
- Dalla Commissione europea stanno arrivando le prime concessioni che sono passi indietro sul Green deal.
- Secondo la presidente di Federbio Maria Grazia Mammuccini è necessario un cambio di passo verso la qualità e la saluta umana e ambientale.
Non si fermano le proteste degli agricoltori: al contrario, nelle ultime settimane le manifestazioni si sono intensificate in tutta Europa, Italia compresa; nel nostro Paese nei prossimi giorni si attendono contestazioni a Roma e a Sanremo, sotto i riflettori del Festival della canzone italiana. Dall’Unione europea arrivano, intanto, le prime concessioni alle richieste degli agricoltori sugli obiettivi ecologici.
L’intervista alla presidente di Federbio Mammuccini sulle proteste degli agricoltori
Per capirne di più, abbiamo analizzato la situazione con la presidente di Federbio Maria Grazia Mammuccini.
Quali sono di preciso i motivi delle agitazioni degli agricoltori?
È difficile inquadrare in modo univoco le proteste e i motivi che le hanno scatenate anche perché le situazioni sono diverse da paese a paese. Quel che è certo è che dalla pandemia in poi, e ancor più con la guerra in Ucraina, le difficoltà degli agricoltori si sono acuite. I costi dell’energia sono aumentati, così come quelli dei prodotti chimici di sintesi creati a partire da fonti fossili, la manodopera è sempre più difficile da reperire, la burocrazia è complessa e comporta anch’essa dei costi ulteriori, la filiera non garantisce un equo compenso agli agricoltori.
A questo si aggiunge una forte accelerazione della crisi climatica che impatta sulla produttività fino ad arrivare, con eventi estremi sempre più frequenti, a interi raccolti di un anno che vanno perduti. Al momento non c’è nessuno che raccolga le difficoltà degli agricoltori: occorre prima di tutto fare un’analisi seria delle problematiche e poi cercare le soluzioni.
Cosa pensa delle proteste contro il Green deal?
Le strategie del Green deal hanno tra gli obiettivi quello di ridurre pesticidi e antibiotici e di promuovere una produzione che tuteli la biodiversità. Contestarlo è inammissibile, tanto più che molte delle misure attuative sono ancora sulla carta. Questa crisi è frutto delle politiche del passato che hanno dato sostegno all’agricoltura intensiva e alle multinazionali dell’agrochimica senza riuscire a garantire un reddito adeguato agli agricoltori che sono ormai l’anello debole della catena. Oggi, quelli che potevano essere i vantaggi dell’agricoltura intensiva (aumento produttività e diminuzione della manodopera) sono superati dall’impatto negativo di questo tipo di produzione sull’ambiente, soprattutto in termini di emissioni di gas serra e di desertificazione del suolo, fattori che incidono ulteriormente sul clima e sulla capacità produttiva di un’azienda.
La Commissione europea sembra cedere davanti alle proteste degli agricoltori: ha annunciato la deroga all’obbligo di lasciare incolti il 4 per cento dei terreni e il ritiro del regolamento sulla riduzione dei pesticidi…
La deroga sul vincolo di non coltivare il 4 per cento dei terreni non è la soluzione perché si tratta di una misura giusta, tesa a favorire la biodiversità che in un’azienda è fondamentale nel raggiungimento di un equilibrio tra produttività e ambiente. Per quanto riguarda i pesticidi, rendiamoci conto che con la proroga del glifosato affidiamo il futuro dell’agricoltura a una molecola scoperta negli anni ‘50. Oggi la ricerca si muove in tutt’altra direzione: per il controllo delle erbe infestanti sono allo studio le funzioni dei microrganismi del suolo con risultati importanti. Le alternative, volendo, ci sono.
Da dove si può ripartire?
Occorre superare il modello del passato che ci ha portato alla crisi attuale e non strumentalizzare il disagio degli agricoltori per impedire un cambiamento e lasciare la produzione alimentare in mano alle multinazionali dell’agrochimica. Per esempio, per il settore dell’agricoltura biologica stiamo pensando all’istituzione di distretti del biologico che favoriscano l’incontro tra produttori e comunità e stiamo avviando progetti pilota per filiere del bio Made in Italy al giusto prezzo. Una fiscalità agevolata sui prodotti bio, con l’iva al minimo, sarebbe utile a incentivare gli acquisti senza gravare sulle imprese.
Il futuro dell’agricoltura è nell’unione di qualità e sostenibilità e in servizi ecosistemici che sostengano tutti i cittadini. Serve un sistema che metta al centro gli agricoltori in un patto con il consumatore: solo se gli agricoltori garantiranno un prodotto di qualità che tuteli la salute umana e dell’ambiente, il consumatore sarà disposto a pagare il giusto prezzo. Il cambiamento è necessario, ma è necessario anche governarlo.
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