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Björn Larsson in esclusiva su LifeGate
Björn Larsson, autore svedese si racconta in esclusiva ai nostri microfoni. Ecco le sue ispirazionei.
Ha trascorso sei anni vivendo a bordo della sua barca
a vela, il Rustica. Perché ha scelto questo stile di vita?
È molto difficile dire qualcosa di significativo su
tutta una vita in poche righe, è per questo che ho scritto
“La saggezza del mare” e “Bisogno di libertà”. Ma forse
è giusto dire che non ho mai scelto la mia vita nomade
perché lo sentivo come un dovere o per una sorta di
disprezzo per la vita delle persone “ordinarie”. Ma sia come
scrittore che come uomo ho bisogno di tenere gli occhi aperti. Ho
bisogno di una certa resistenza dalla realtà. Ma penso anche
che sia importante che ci siano persone, tra cui gli scrittori, che
possono vivere sul confine e attraversare le frontiere. Sappiamo
tutti quali devastazioni sono state causate dal nazionalismo, dal
patriottismo, dallo sciovinismo e anche dal campanilismo.
Nel libro “La saggezza del mare” ha parlato della sua
vita in mare. Cosa può insegnare a una
persona?
Ho cercato di spiegarlo più precisamente in “La
saggezza del mare”, credo che il mare possa insegnare la pazienza,
la capacità di far fronte all’incertezza, forse anche a
testare i propri limiti, fisicamente e mentalmente. Comunque, tutto
dipende dall’atteggiamento. Il mare in quanto tale non ti insegna
nulla, se in te non c’è il desiderio e l’apertura di
imparare e cambiare.
Ha scritto i suoi romanzi a bordo del Rustica? Che
tipo di ispirazione le ha dato il mare?
Ho scritto “Il Cerchio Celtico”, “La Vera Storia del Pirata
Long John Silver” e
“Il porto dei sogni incrociati” interamente vivendo sulla barca
a vela in giro per il Nord Atlantico. Ma ho anche scritto parti di
altri miei libri sulla barca, anche i libri che non hanno nulla a
che fare con il mare. In realtà, non è il mare in
sé che mi ispira in quanto scrittore, ma il fatto che la
vita su una barca mi permette di concentrarmi sulle cose
essenziali, senza troppi disturbi dall’esterno.
Che cosa è per lei la casa?
La mia “casa” è prima di tutto dove ci sono i miei
più cari amici e forse il mio amore. È anche un luogo
dove mi sento accettato, non come uno straniero, ma come me stesso
e dove posso farmi degli amici senza pensare di nazionalità,
al colore o alle abitudini. La Svezia è la mia casa solo
perché ho bisogno della lingua svedese per scrivere. Potrei
vivere altrettanto bene in Italia, Francia o Scozia, per esempio, a
condizione che io abbia imparato bene la lingua. Non mi piace
essere un osservatore esterno della realtà, mi piace
parteciparvi.
La musica è importante durante i suoi
viaggi?
La musica non è molto importante durante i miei viaggi.
Ho alcuni preferiti, Van Morrison o Runrig, per esempio, ma non uso
un lettore mp3 mentre sono in viaggio, né, del resto, a
casa. Ancor meno quando sto navigando. In mare non c’è
bisogno di altri suoni se non quelli delle onde e del vento. In
realtà, ascoltare musica durante il viaggio o la navigazione
è un modo di tagliarti fuori dal mondo e dagli altri esseri
umani.
Nel suo ultimo libro “I poeti morti non scrivono
gialli” lei critica il sistema editoriale, mette alla berlina il
sistema che appiattisce l’estetica dell’esperienza. Lo fa anche
usando la poesia. Qual è il valore della poesia? Pensa che
questa situazione nasca dalla stanchezza mentale che si insinua
nella nostra società?
Io non sono un poeta – è per questo che ho preso in
prestito delle bellissime poesie dal mio amico Yvon Le Men per il
mio poeta nel romanzo – ma penso che la poesia possa raccontare
qualcosa di importante sul mondo e sull’esistenza. Fuori dal tempo,
in un certo senso. Il tempo della poesia è il presente, ma
non il presente del “qui ed ora”, ma il tempo dell’eternità.
La poesia, dunque, è una sorta di filosofia universale. Il
paradosso è, naturalmente, che la poesia dovrebbe adattarsi
ai nostri tempi di “zapping”, di fruizione veloce, dal momento che
è così breve. Ma il problema è che la poesia
ha bisogno di essere letta lentamente e riletta per avere effetto.
La poesia ha bisogno di tempo per la riflessione, che oggi non
abbiamo. Penso che oggi in aggiunta allo “slow food” avremmo
bisogno di “slow literature” e “slow life”.
Nella maggior parte dei suoi romanzi il lettore trova
l’avventura. Il desiderio di cambiare, di viaggiare, di muoversi,
di scoprire è molto forte nei suoi romanzi. Che cosa
consiglierebbe a una persona che vuole cambiare la sua la sua vita,
che vuole sentire di più, vivere più, trovare nella
sua fascinazione nella sua vita, non solo nei libri?
Una delle considerazioni che faccio – e che ho sempre fatto nella
mia vita – è che i libri dovrebbero essere letti per vivere,
non solo tanto per leggere e passare del tempo “nei libri”. Leggere
– e scrivere – è un modo di trovare modi alternativi
all’esistenza, di parlare, di sentire, di pensare – individualmente
o nella società. La domanda che spero i miei lettori si
facciano è se vogliono continuare a essere quello che sono o
se forse è tempo di cambiare. Forse è questa la
ragione per cui preferisco una letteratura che sia immaginaria e la
fiction, non una sorta di documentario mascherato o di
autobiografia. La letteratura, in poche parole, è un modo
per esercitare l’immaginazione e perciò la libertà.
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