La finanza ha la fondamentale responsabilità di traghettare i capitali verso la transizione energetica. Se ne è discusso al Salone del Risparmio 2022.
Si può guadagnare migliorando il mondo. I numeri 2018 dell’impact investing continuano a crescere
La nuova edizione dell’analisi annuale del Giin fa il punto della situazione sugli investimenti a impatto, che ormai valgono 228 miliardi di dollari.
Da qualche anno esiste la possibilità di investire i propri risparmi puntando, al tempo stesso, sia a un ritorno finanziario sia a un impatto positivo sul Pianeta e sulla società. A parole, non si può chiedere di meglio: migliorare il mondo senza rimetterci il proprio denaro, ma addirittura guadagnandoci. Ma la pratica è piuttosto giovane e complessa, quindi le domande sono più che lecite. Gli investimenti a impatto funzionano davvero? Le cifre in gioco aumentano o diminuiscono? Chi ha scelto questa strada è soddisfatto o ha qualche ripensamento? Come ogni anno le risposte arrivano, sotto forma di dati, dal Giin (Global Impact Investing Network). E anche stavolta si rivelano più che positive.
Come funziona l’analisi annuale del Giin
L’Annual Impact Investor Survey, giunto alla sua nona edizione, viene pubblicato dal Giin, una rete di realtà attive a vario titolo nel mondo dell’impact investing. Il report è il risultato delle interviste a 229 investitori: circa 6 su 10 sono gestori di fondi, un altro 13 per cento è costituito da fondazioni, poi ci sono anche banche (6 per cento), family office (4 per cento), fondi pensione e compagnie assicurative (4 per cento). Il 47 per cento di questi istituti ha sede tra Stati Uniti e Canada e un altro 30 per cento in Europa occidentale. I capitali, invece, sono indirizzati in proporzione abbastanza equa verso le economie avanzate ed emergenti.
Oltre a rispondere alle domande, gli intervistati hanno messo a disposizione alcune informazioni sui loro investimenti e sulle relative performance. I due terzi di loro fanno soltanto investimenti a impatto, tutti gli altri li affiancano ad altre operazioni di tipo tradizionale. Per la prima volta quest’anno è stato isolato anche un gruppo di 82 investitori che avevano già partecipato nel 2013. In questo modo è stato possibile ricostruire alcuni trend relativi agli ultimi cinque anni.
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— GIIN (@theGIIN) 7 giugno 2018
Gli investimenti a impatto crescono di anno in anno
Mettendo insieme i capitali investiti “a impatto” da questi 226 soggetti, si arriva a una cifra di tutto rispetto: 228,1 miliardi di dollari. C’è da dire che all’indagine hanno partecipato anche due veri e propri colossi che, da soli, gestivano il 38 per cento degli asset.
Circa la metà degli investitori ha sperimentato per la prima volta gli investimenti a impatto negli ultimi dieci anni, cosa che dimostra quanto è giovane e dinamico questo settore. Nel 2017 sono stati investiti circa 35 miliardi di dollari, ma il proposito è quello di far crescere questa cifra di un altro 8 per cento nel 2018.
Ma dove vanno a finire questi capitali? Innanzitutto nei servizi finanziari (19 per cento), nell’energia (14 per cento), nel microcredito (9 per cento) e nell’abitare (8 per cento). A seguire, alimentazione e agricoltura (6 per cento), infrastrutture e salute (entrambi 5 per cento) e una serie di altri rami d’attività, ciascuno dei quali non supera il 5 per cento degli asset. Nell’ultimo quinquennio le allocazioni sono cresciute in modo consistente e trasversale ai settori e alle aree geografiche, ma la cosa ancora più interessante è che si punta sempre di più sulle aree di intervento che fino a poco fa sembravano marginali (come educazione, alimentazione e agricoltura). Ciò significa che il panorama è sempre più variegato e che, di qui in avanti, si farà in modo di sfruttare al massimo ogni possibilità.
Aspettative versus risultati
Arriviamo al punto più critico, quello in cui gli obiettivi prefissati vengono messi a confronto con i risultati raggiunti. Se misurare il ritorno finanziario è una prassi consolidata e indispensabile per qualsiasi tipologia di investimento, infatti, non è altrettanto immediato conteggiare i benefici specifici di un nuovo impianto eolico, di una scuola in un paese emergente o di un contributo a una struttura sanitaria.
Più della metà degli intervistati dal Giin aveva individuato obiettivi sia sociali sia ambientali. Un altro 40 per cento si era posto soprattutto obiettivi sociali, mentre ancora pochi sono quelli che investono soltanto nell’ambiente. Molto significativo è notare come gli investitori prendano molto sul serio i loro obiettivi d’impatto. Il 76 per cento di loro infatti ha stabilito dei target precisi, che vengono poi monitorati con diverse metodologie. In altre parole, non si propongono soltanto di fare genericamente del bene, ma esigono anche di sapere come, quanto e perché, per potersi calibrare per il futuro. Tre su quattro si mostrano particolarmente lungimiranti, parametrando le loro performance agli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite (Sdgs).
Dati alla mano, gli investitori sono soddisfatti. Il 97 per cento dichiara che i suoi investimenti hanno raggiunto o superato le aspettative in termini di impatto sociale. Il 91 per cento dice lo stesso per le performance finanziarie. Insomma, una doppia vittoria, che fa ben sperare per il futuro.
Immagine di copertina © Franck V. / Unsplash
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