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Gli investitori ai grandi brand del cibo: le proteine vegetali sono il futuro
Per le multinazionali del cibo è arrivato il momento di puntare sulle proteine vegetali. Lo chiedono gli investitori, i consumatori e l’ambiente.
È ora di mettere da parte la dipendenza dai derivati animali e approfittare, sempre di più, delle proteine vegetali. Sia per garantire cibo a sufficienza per la crescente popolazione globale, e in un modo sostenibile per il Pianeta, sia per approfittare delle promettenti opportunità di mercato che si stanno aprendo in questo settore. È l’appello lanciato alle più grandi multinazionali alimentari da Fairr, una coalizione di 57 investitori istituzionali che complessivamente gestiscono 2.400 miliardi di dollari.
Cosa significa “proteine sostenibili”, secondo Fairr
Fairr ha una visione chiara di cosa intende per “proteine sostenibili”: alimenti in linea con determinati requisiti nutrizionali, la cui produzione rispetti elevati standard etici e ambientali e derivi da fonti diversificate. Risulta particolarmente difficile – si legge nel report – arrivare a questo risultato facendo affidamento sulle proteine animali, a meno che non si ragioni su una scala molto piccola. Gli allevamenti intensivi, infatti, comportano una lunga serie di criticità: dalle colossali emissioni di gas serra (che contribuiscono in modo determinante ai cambiamenti climatici) all’impronta idrica, passando per la deforestazione e le conseguenze per la salute dovute all’uso di antibiotici.
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Per questo Fairr si fa promotore delle proteine alternative: alimenti a base vegetale, proteine fermentate e carne sintetica. Secondo la coalizione di investitori, sono queste le soluzioni per soddisfare le necessità di una popolazione globale che, secondo l’Onu, raggiungerà i 9,8 miliardi di persone entro il 2050. In questo scenario bisogna anche tener conto del fatto che la domanda di proteine continua a crescere parallelamente al miglioramento delle condizioni di vita di una larga fascia della popolazione globale. Secondo le elaborazioni dell’Ocse e della Fao, nei prossimi dieci anni il consumo globale di carne è destinato a crescere del 13 per cento.
Quanto vale il mercato delle proteine vegetali
Le cifre sul mercato degli alimenti di origine vegetale, citate dal report di Fairr, parlano chiaro. A livello globale, le alternative vegetali al latte vaccino coprono il 10 per cento del comparto lattiero-caseario. A partire dal 2010, le vendite di alternative vegetali alla carne sono aumentate all’incirca dell’8 per cento ogni anno. Ad oggi, secondo Bloomberg Intelligence, crescono a un ritmo doppio rispetto alle carni lavorate, raggiungendo un volume annuo di vendite pari a circa 2 miliardi di dollari. Le prospettive sono ancora più rosee: gli analisti prevedono un tasso di crescita annuo medio composto (Cagr) dell’8,29 per cento tra il 2017 e il 2021, con un volume di vendite pari a 5,2 miliardi nel 2020.
Questi i dati globali. Andando ad analizzarli più nello specifico, si scopre che negli Usa le vendite al dettaglio di alternative ai derivati animali hanno segnato un +8,1 per cento tra agosto 2016 e agosto 2017, proprio mentre le spese alimentari calavano dello 0,2 per cento. Particolarmente rilevanti (+18 per cento) i dati di vendita delle alternative vegetali ai formaggi.
In Europa viene venduto il 39 per cento del totale dei sostituti della carne. E questo mercato continua a crescere, mentre i consumi di carne restano stabili. Secondo Rabobank, nell’arco dei prossimi cinque anni la crescita nella domanda di proteine potrebbe essere coperta per un terzo dalle alternative vegetali.
Ma i tassi di crescita più vertiginosi potrebbero arrivare dall’Asia-Pacifico: per le proteine di origina vegetale, gli analisti prevedono un Cagr del 6,3 per cento tra il 2017 e il 2025.
Troppi rischi Esg per gli allevamenti intensivi
Nella loro valutazione delle aziende, in molti casi gli investitori prendono in esame entrambi i piatti della bilancia: da un lato le opportunità di business rappresentate dagli alimenti a base vegetale, dall’altro lato i crescenti rischi associati alla produzione intensiva di carne. Fairr arriva a contare 28 diverse problematiche ambientali, sociali e di governance (Esg) legate agli allevamenti intensivi. Un’azienda alimentare che diversifica le proprie fonti di proteine, per contro, risulta più competitiva, più resiliente a livello finanziario e operativo e più allineata con gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sdgs).
Le aziende a caccia di proteine vegetali
I grandi brand alimentari non stanno a guardare e iniziano ad avvicinarsi sempre più al mondo delle proteine vegetali. Alcuni acquisiscono aziende specializzate per allargare la propria offerta commerciale: è il caso di Danone con WhiteWave, o di Campbell Soup con Pacific Foods. Altre multinazionali, come Kellogg’s, sfruttano i loro fondi di venture capital per investire in start-up particolarmente promettenti, aiutarle ad affermarsi sul mercato e acquisire da loro competenze specifiche. La terza strada è quella della ricerca e sviluppo: grandi brand come Unilever, Target e Whole Foods stanno lavorando per sviluppare nuove gamme di prodotti.
Putting the V in #ESG? A new report, backed by an investor-led coalition worth $2.4trn, is urging global food brands to diversify their protein sourcing away from a reliance on animal proteins.#SRI #PlantBased @FAIRRinitiative https://t.co/Pjop6goX45
— Eurosif (@Eurosif) 14 febbraio 2018
Come si stanno comportando i grandi brand
Su questo tema Fairr sta portando avanti un’iniziativa di azionariato attivo di cui spiega, passo dopo passo, le fasi e gli esiti. Prima di tutto, la coalizione di investitori ha identificato sedici multinazionali (tra produttori alimentari e grande distribuzione) e li ha interpellati sull’argomento, per poi incontrare di persona quelle che si sono dimostrate disponibili.
Solo sei aziende (M&S, Tesco, Walmart, General Mills, Nestlé e Unilever) hanno stabilito degli obiettivi di riduzione delle emissioni da agricoltura e allevamento; e solo la metà di loro annovera la diversificazione delle proteine tra le sue priorità. Anche per far fronte alle richieste dei consumatori, tutte le aziende offrono prodotti a marchio proprio che sostituiscono la carne o altri derivati animali; nella maggior parte dei casi si tratta di prodotti del tutto nuovi, più che della riformulazione di ricette esistenti. A livello di marketing e comunicazione, la tendenza è quella ad assecondare le domande dei consumatori, più che a promuovere il consumo di proteine vegetali.
La strada verso una maggiore diversificazione delle fonti alimentari, insomma, è stata intrapresa. Gli investitori di Fairr, però, chiedono qualcosa di più: una vera e propria strategia. Solo così, affermano, i colossi dell’alimentare si dimostreranno pronti ai nuovi trend di mercato e faranno la loro parte per un futuro più sostenibile.
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