Il gatto deve essere accompagnato con intelligenza verso il fine vita. Ma basta poco per rendere la sua terza età più agevole e accettabile.
Ipertiroidismo nei gatti, i consigli dell’esperto
L’ipertiroidismo nei gatti può essere curato e tenuto sotto controllo efficacemente con terapie adeguate. Ecco i consigli del veterinario.
L’ipertiroidismo nella popolazione felina è piuttosto frequente. Mentre, invece, è raro l’ipotiroidismo (frequente nei cani) e, quindi, il suo opposto. Il tutto si concretizza in una iper funzione della ghiandola tiroidea, un disturbo frequente soprattutto nei gatti anziani. Si tratta in realtà di forme neoplastiche benigne con lo sviluppo di noduli funzionali di tessuto tiroideo, dei veri e propri adenomi, ma che possono portare a una malattia grave.
A ogni modo l’ipertiroidismo può causare dei problemi allo stato di salute del nostro gatto, causando una produzione maggiore dell’ormone della tiroide. Le forme maligne sono, però, sotto il 2 per cento del totale dei gatti malati. Per capire di più e, soprattutto, per sapere come orientarsi nel caso di ipertiroidismo, abbiamo chiesto il parere di un esperto, il dottor Gianni Marinacci, medico veterinario.
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A che età si manifesta preferibilmente l’ipertiroidismo nei gatti e in che modo?
Si tratta di una malattia tipica dei gatti anziani che spesso insorge intorno agli 11-12 anni. Possono anche ammalarsi gatti più giovani, ma è sostanzialmente poco frequente. La sintomatologia tipica è caratterizzata da aumento della fame con dimagrimento, pelo arruffato e mancanza di “auto tolettatura” da parte del gatto. Spesso aumenta l’attività notturna con vocalizzazioni e furto di cibo se lasciato incustodito. Compaiono anche fenomeni gastroenterici cronici come la diarrea e il vomito. Alcuni gatti colpiti da ipertiroidismo, nelle prime fasi della patologia, sembrano tornare cuccioli nel comportamento e negli atteggiamenti.
Esistono però altre manifestazioni dell’ipertiroidismo felino non tipiche, che rendono la diagnosi meno facile. In realtà le sottoclassi della malattia sono ben sei, con sintomi che vanno dalla polifagia all’anoressia, dall’aumento dell’attività in generale fino alla totale inedia e immobilità. Senza ovviamente dimenticare che esordendo in animali anziani possono esserci varie altre patologie a complicare il quadro: come la malattia cardiaca, le neoplasie, o la malattia renale cronica. A volte, a parte le neoplasie, si presenta un eccesso di tiroxina (ormone tiroideo) che può indurre fibrosi renale, ipertensione (circa un 10 per cento dei casi), e disturbi cardiocircolatori.
Come avviene la diagnosi?
La diagnosi in caso di malattia tipica è clinicamente semplice e il rilievo di una tiroxina totale (tt4) oltre la soglia massima è di solito conferma della patologia. Esistono però dei casi border line, nei quali non è poi così scontato fare diagnosi al primo colpo. Qualche volta è possibile palpare un nodulo o anche più di uno, nella regione del collo dove è situata la tiroide. In alcuni rari casi questi noduli sono ectopici, ossia non si ritrovano nella sede anatomica usuale, ma in altre zone. Possono essere, infatti, lungo il collo o addirittura nel torace.
E la cura?
La malattia, per quanto possa sembrare non grave (il gatto mangia di più, si muove di più, ecc.) va assolutamente curata e arrestata, altrimenti può sensibilmente accorciare la sopravvivenza del paziente. Esistono diverse terapie effettuabili e ne riporto quattro in ordine di efficacia.
- Radioterapia con iodio 131: efficace, ma poco disponibile in Italia, dove pochissimi centri la effettuano. La normativa per esercitare la medicina nucleare è imponente e i permessi non sono facili da ottenere. Ma rappresenta, se il paziente è adatto, la soluzione migliore.
- Chirurgia: la mia preferita in assoluto, si ottiene remissione dei sintomi in 24-36 ore e ritorno alla normalità tiroidea. Sarebbe opportuno individuare i noduli mediante scintigrafia o tac per evitare recidive in tempi brevi.
- Terapia medica con metimazolo e suoi metaboliti: necessita della somministrazione quotidiana di un farmaco che sopprime la funzione tiroidea, molti gatti stanno bene con questa terapia per lungo tempo, ma spesso compaiono effetti collaterali – gastroenterici con vomito cronico, cutanei ed ematologici con anemia. Negli ultimi due casi spesso occorre cambiare metodo di trattamento con la guida del veterinario curante.
- Terapia alimentare con dieta iodiopriva: se no si somministra iodio con la dieta alla tiroide mancano i mattoni per costruire la tiroxina e si raggiunge l’eutiroidismo in 1-2 mesi. Ovviamente il gatto non può assumere altro cibo o integrazioni a base di iodio anche in tracce, altrimenti crolla il concetto della terapia. Il tutto è efficace, ma spesso i gatti dopo un po’ di tempo rifiutano il cibo specifico.
Ovviamente, nella scelta terapeutica da effettuare, diventa basilare il parere del veterinario curante, il solo in grado di stabilire esattamente le cure e le modalità della terapia scelta.
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