Domenica 17 luglio l’ayatollah dell’Iran Ali Khamenei ha graziato o commutato le pene di 2.272 detenuti.
L’atto di clemenza è stato disposto in occasione di due festività islamiche.
43 detenuti erano condannati a morte. 811 sono stati scarcerati.
Nella giornata di domenica 17 luglio, il capo supremo politico e spirituale dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, ha graziato o commutato le pene di 2.272 detenuti. L’atto di clemenza è stato disposto in occasione di due feste musulmane che cadono nell’arco di pochi giorni: Eid al-Adha, cioè la festa del sacrificio celebrata domenica 10 luglio, ed Eid al-Ghadir, una delle più importanti ricorrenze per gli islamici sunniti e bektashi. La notizia, riportata dalla stampa internazionale, è stata diffusa dalle stesse autorità iraniane.
L’atto di clemenza disposto da Ali Khamenei
Non è la prima volta in cui Ali Khamenei dispone simili atti di clemenza in occasione delle festività religiose: è una delle facoltà che gli spettano in qualità di guida suprema dell’Iran, ruolo che ha assunto nel 1989 e ricoprirà a vita. L’ayatollah infatti ha vastissimi poteri in campo politico, religioso, militare e giudiziario.
Nello specifico, 43 detenuti erano condannati a morte ma hanno beneficiato di una commutazione della loro pena. 811 sono stati scarcerati. Sul totale di 2.272 che hanno beneficiato di sconti di pena, almeno 188 sono donne e 21 erano prigionieri di sicurezza (cioè prigionieri politici, spiega Agenpress). Sono escluse a priori da qualsiasi ipotesi di sconto di pena le persone condannate per determinati reati, spiega Agenpress: contrabbando di droga e bevande alcoliche, rapina a mano armata, rapimento, corruzione e stupro.
La pena di morte è ancora una realtà in Iran
Al di là di quest’atto di clemenza, in Iran la pena di morte è ancora una realtà. Su un totale di 579 esecuzioni documentate in 18 paesi del mondo nel 2021 (il 20 per cento in più rispetto al 2020), quelle disposte in Iran sono più della metà: almeno 314 (nel 2020 erano state 246). I dati sono dell’ong Amnesty International.
In 2021, the world saw a worrying rise in executions and death sentences as the world’s most prolific executioners returned to business as usual. pic.twitter.com/GGfsybsGaZ
Numeri che preoccupano, anche perché era dal 2017 che nello stato islamico non venivano giustiziate così tante persone. Questo incremento è dovuto soprattutto alle condanne a morte per i reati legati alla droga, letteralmente quintuplicati nell’arco di un anno: erano 23 nel 2020, sono state almeno 132 nel 2021. Ciò è a sua volta un’aperta violazione del diritto internazionale, che vieta la pena capitale per qualsiasi reato che non comporti l’uccisione intenzionale di un’altra persona. Sempre il diritto internazionale vieta che venga condannato a morte chi aveva meno di 18 anni all’epoca del reato, cosa che lo stato iraniano ha fatto ben tre volte lo scorso anno.
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