L’Iran annuncia l’abolizione della polizia morale, ma sono oltre 400 i morti in quasi tre mesi. Per le attiviste è solo una mossa del regime per resistere.
L’Iran annuncia l’abolizione della polizia morale, ma rimangono i dubbi.
Oltre 400 manifestanti sono stati uccisi dal 16 settembre, giorno della morte di Mahsa Amini.
Le attiviste iraniane: “Soltanto una mossa del regime per rimanere al potere”.
L’Iran avrebbe abolito la famigerata polizia morale. A dare l’annuncio è stato, citato dall’agenzia di stampa governativa Isna, il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri, per il quale “la Gusht Irshad (come è chiamata ufficialmente la polizia morale, ndr) non ha nulla a che fare con la magistratura e è stata abolita”. Se confermata, si tratterebbe di una notizia molto importante, la prima vera grande vittoria del movimento di protesta popolare nominato Donna, Vita, Libertà, che ha preso le mosse dall’uccisione, lo scorso 16 settembre, della giovane Mahsa Amini, che era stata arrestata dalla polizia morale per non aver indossato il velo nel modo corretto.
L'#Iran sostiene di aver abolito la polizia morale.
Sarebbe un primo risultato dopo quasi 3 mesi di proteste e brutali repressioni delle forze dell’ordine, con 400 morti e molte condanne a morte.#mahsaami̇ni̇pic.twitter.com/6tn7zsXlqg
La notizia va però presa con estrema cautela: alcuni grandi esperti di Medio Oriente, che stanno seguendo sin dal primo giorno le proteste in Iran, invitano a diffidare delle notizia. Secondo il giornalista Mariano Giustino, per esempio, il regime iraniano avrebbe semplicemente redistribuito questa milizia “ormai inutile per rafforzare i ranghi dei pasdaran, i cosiddetti “guardiani della rivoluzione islamica”, un corpo paramilitare che in questi due mesi e mezzo si è rivelato insufficiente e inefficace nella repressione delle proteste”.
Anche a questa storia del regime in #Iran che avrebbe abolito la "polizia morale",non abboccate! È UN INGANNO!Non ha abolito un tubo,ha redistribuito questa milizia ormai inutile per rafforzare ranghi dei pasdaran insufficiente,inefficaci nella repressione@RadioRadicale#Turchiapic.twitter.com/z7598lc799
Dal 16 settembre scorso, il giorno della morte di Mahsa Amini, sono oltre 400 i manifestanti uccisi dalle forze dell’ordine in Iran, di cui oltre 50 bambini. Oltre 20mila persone sono state arrestate (tra loro anche l’italiana Alessia Piperno, poi rilasciata dopo 40 giorni) in quello che è probabilmente il più grande movimento spontaneo di protesta nato in 43 anni di regime islamico.
Più grande ancora di quelli per la libertà di stampa nel 1999, per i diritti democratici nel 2009, contro la povertà e il carovita nel 2019 e 2020. Per questo un gruppo di attiviste iraniane residenti in Italia, attraverso l’ombrello dell’Arci, si è appellata direttamente al Parlamento italiano, che le ha ricevute attraverso una delegazione di parlamentari donne, e per il suo tramite al governo, per chiedere “di prendere una posizione netta a fronte della dura repressione messa in atto dal regime iraniano, ed intervenire immediatamente per fermare le condanne a morte”. E per presentare una serie di richieste attraverso le quali, dicono, “l’Italia può aiutare la nostra lotta”.
Secondo le attiviste, lo stesso annuncio della presunta abolizione della polizia morale “non è una vittoria, è una mossa del regime per rimanere al potere: la nostra rivoluzione non è per cancellare la polizia morale, ma per la fine stessa della Repubblica islamica. Questo è il motivo per cui tanti giovani, anziani, bambini stanno morendo”.
Sei richieste all’Italia
Le attiviste chiedono innanzitutto di interrompere tutte le relazioni diplomatiche, commerciali e tutti i negoziati con il regime iraniano, provvedere all’espulsione dell’ambasciatore iraniano dall’Italia. E dunque naturalmente anche la chiusura dell’ambasciata italiana a Teheran con il ritiro delle rappresentanze diplomatiche dal Paese.
Sotto il profilo della lotta per i diritti umani, invece, la richiesta all’Italia è quella di agire per fermare la pena di morte comminata contro i manifestanti e prendere apertamente posizione, a tutti i livelli istituzionali e politici, “per sostenere la voce e la lotta di centinaia di migliaia di donne e uomini iraniani che stanno combattendo a mani nude per la libertà contro la violenza di un regime spietato, armato e sanguinario”.
Le attiviste inoltre chiedono all’Italia di provvedere immediatamente, tramite le organizzazioni che si occupano di diritti umani, all’invio di un comitato di accertamento dei fatti presso le carceri iraniane ai fini di prevenire le violazioni dei diritti fondamentali degli incarcerati e di intervenire ai fini della liberazione immediata e incondizionata di tutti i prigionieri politici.
L’ultima richiesta è quella di introdurre una sorta di embargo sulle persone che fanno parte degli apparati governativi, di sicurezza e repressivi del regime iraniano, negando loro l’ingresso nella Ue e bloccando le loro riserve bancarie e i patrimoni all’estero e dei loro familiari.
“La logica dietro alla richiesta di interrompere i rapporti diplomatici è che in Iran il regime ha ormai perso tutta la legittimità agli occhi del popolo iraniano, ma all’estero ancora no e questi rapporti lo rafforzano nella repressione” spiega Neguin Bank, una delle attiviste iraniane.
“43 anni di dialogo non sono serviti”
Canali diplomatici che tra l’altro “sono aperti da 43 anni e non hanno portato alcun cambiamento nel livello di rispetto dei diritti fondamentali in Iran, e quindi evidentemente sono inefficaci. Ci sono molte aziende italiane con interessi economici in Iran che in questi anni hanno stipulato contratti, mantenuto rapporti economici, scambi commerciali e questo non fa altro che aiutare il nemico che ci sta uccidendo. Non c’è motivo per un paese che crede nella libertà e nella democrazia di continuare ad aiutare il regime”.
In effetti prima dell’abbandono dell’accordo nucleare da parte degli Usa, le relazioni commerciali tra Iran e Italia erano cresciute in meno di due anni da un miliardo di euro a 5,1 miliardi di euro nel 2018 ma recentemente l’ambasciatore iraniano in Italia Hamid Bayat aveva affermato di vedere possibile per l’Italia “riconquistare la posizione occupata nel periodo precedente le sanzioni”.
Le attiviste e Arci, attraverso le testimonianze filmate con i cellulari dai loro connazionali, hanno realizzato un video che mostra in maniera cruda e crudele la brutale repressione subita dai manifestanti in Iran, in questi mesi, ma non solo.
Drogata e stuprata per anni, Gisèle Pelicot ha trasformato il processo sulle violenze che ha subìto in un j’accuse “a una società machista e patriarcale che banalizza lo stupro”.
Dalla morte di Masha Amini le proteste in Iran non si sono mai fermate. E la repressione del regime ha colpito anche la cittadina italiana Alessia Piperno.
Mentre la vittoria di un presidente conservatore in Iran era prevista, la società non crede più che il proprio voto possa fare la differenza. Ne abbiamo parlato con la giornalista Cecilia Sala e alcuni studenti iraniani.
Quinto giorno di proteste in Iran: decine di morti e centinaia di arresti. La crisi economica la causa principale. Donald Trump getta benzina sul fuoco.