Un tempo famoso per la sua biodiversità, oggi il lago Sawa in Iraq si è completamente prosciugato a causa dei cambiamenti climatici e dello sfruttamento incontrollato.
Il lago Sawa, situato a sud della capitale irachena Baghdad, è in secca.
Uno dei motivi principali è la diminuzione della portata d’acqua dei fiumi Tigri ed Eufrate, oltre che a un calo delle precipitazioni.
“La crisi climatica sta già impattando la vita di migliaia di iracheni”, spiega una documentarista italiana che ha lavorato in Iraq.
Dove c’era l’acqua, ora ci sono solo sassi, sabbia e rifiuti di plastica. Il lago Sawa, situato nel governatorato di Muthanna nel sud dell’Iraq, si è completamente prosciugato per la prima volta in migliaia di anni. Ora non c’è più distinzione con il deserto che lo circonda: quella che era una risorsa idrica vitale per gli abitanti e gli animali della zona è sparita. L’aumento della temperatura e l’assenza di piogge dovuti ai cambiamenti climatici hanno causato la scomparsa del lago Sawa. Fra le cause dell’inaridimento, anche l’attività umana: drenaggio senza controlli per uso agricolo e l’assenza di decisioni governative sullo sfruttamento hanno favorito il dissolvimento. L’Iraqperde un’importante risorsa naturale, mentre la disponibilità di acqua per gli abitanti diminuisce aggravando la loro già difficile situazione.
Il lago del Tigri e dell’Eufrate
La zona del lago Sawa è situata a 5 metri sul livello del mare: in condizioni normali è lungo 5 chilometri e largo 2; l’acqua solitamente proviene da Tigri ed Eufrate attraverso un’entrata sotterranea. Ma le scarse precipitazioni degli ultimi tempi in Iraq, insieme all’utilizzo di dighe situate nei vicini Iran e Turchia dove scorrono i due fiumi prima di entrare nella nazione di Baghdad, hanno causato il prosciugamento del lago. “Una serie di fattori ha aggravato la situazione idrica in Iraq – spiega Sara Manisera, giornalista e documentarista italiana esperta di Medio Oriente –. Fra questi vi è sicuramente la crisi climatica”. L’odierno Iraq è fortemente vulnerabile a fenomeni come l’aumento della temperatura, la siccità, l’innalzamento del livello dei mari e le tempeste di sabbia, fenomeni in aumento a causa del riscaldamento globale.
Inoltre, l’assenza di un trattato transfrontaliero di gestione delle acque di Tigri ed Eufrate con Iran e Turchia complica la situazione politica regionale. “Vi è l’assenza di un accordo, ma parallelamente le dighe vengono costruite da Iran e Turchia sia sui fiumi principali sia sugli affluenti. L’Iraq paga le conseguenze maggiori quando i due paesi confinanti esercitano pressione e decidono di chiudere i rubinetti”, aggiunge Manisera.
I cambiamenti climatici intaccano la storia irachena
Lo stato di Baghdad sta affrontando una crisi politica che non facilita il lavoro del governo chiamato a trattare con le nazioni confinanti dove nascono i fiumi. “Le ultime elezioni sono state a ottobre, ma oggi non c’è ancora un governo. I politici iracheni agiscono in una cornice subalterna in cui non riescono a negoziare su questioni importanti come quelle dell’acqua”.
Manisera nel 2020 ha realizzato il documentario Iraq wihout water che racconta la storia degli attivisti locali in lotta per il diritto all’acqua degli iracheni. “Poche cose sono cambiate da quel periodo. Le campagne portate avanti dagli ambientalisti stanno spingendo altri giovani a mobilitarsi, c’è maggiore consapevolezza. Vanno intraprese politiche decennali come la protezione della biodiversità e dell’acqua, nonché il cambiamento dei sistemi di irrigazione obsoleti. Un altro problema è l’inquinamento: l’assenza di controllo sulle aziende che versano rifiuti nei fiumi affluenti di Tigri ed Eufrate aumenta i rischi”, racconta l’autrice.
A causa dei cambiamenti climatici l’Iraq diventa ogni giorno più caldo. Fra i siti a rischio ci sono costruzioni centenarie che hanno segnato la storia dell’umanità come quelle nella città di Al Hillah dove sorgono i resti dell’antica Babilonia, la capitale dell’Impero babilonese. Nel locale Tempio di Ishtar, la dea sumera dell’amore e della guerra, la base delle mura si sta sgretolando per l’innalzamanento costante delle temperature. Altri luoghi che sono stati colpiti sono Samarra e Umm al-Aqarib, dove minareti e templi secolari vengono erosi dalle tempeste di sabbia.
Il precedente del lago d’Aral
Il destino del lago Sawa ricorda quello di altri specchi d’acqua oggi quasi del tutto scomparsi. Il lago d’Aral in Uzbekistan si è prosciugato a causa dallo sfruttamento delle risorse idriche dei due fiumi immissari; in un altro lago salato asiatico molto conosciuto, il mar Morto, si assiste a un progressivo ritiro delle acque. I cambiamenti climatici provocano alte temperature, maggiore concentrazione di anidride carbonica e carenza d’acqua che facilitano la desertificazione dei territori, mettendo a rischio il benessere della biodiversità nonché le attività agricole e di allevamento dei cittadini locali. L’area del lago Sawa ospitava fino a poco tempo fa almeno 31 specie di uccelli, tra cui delle specie di airone cenerino e di anatra tabaccata a rischio estinzione.
“La crisi climatica sta già impattando la vita di migliaia di iracheni. Nel 2018 a Bassora migliaia di persone sono finite in ospedale a causa dell’acqua contaminata. Gli arabi delle paludi chiamati Ma’dan, che da millenni abitano nelle paludi mesopotamiche, stanno abbandonando le zone perché il livello dell’acqua sta diminuendo. A ciò si aggiunge il fatto che l’Iraq ha enormi risorse petrolifere ma mancano servizi basilari per la popolazione come acqua potabile pulita ed energia elettrica. È ricco di petrolio, ma la popolazione non beneficia in alcuno modo della ricchezza derivata, anzi ne paga le conseguenze peggiori come assenza di acqua pubblica e livelli elevati di tumori dovuti all’inquinamento” conclude Manisera. La notizia della scomparsa del lago Sawa appare come un’altra disfatta per il già martoriato Iraq.
Il livello di inquinamento supera di 60 volte il limite fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità. Il governo ha chiuse le scuole e ha invitato gli anziani a stare a casa.
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La storia dei giovani che difendono l’acqua in Iraq ha vinto il premio di giornalismo investigativo Dig pitch 2019. Una storia che racconta un altro Iraq, che si mobilita per clima e ambiente, come spiega una delle autrici, Sara Manisera.
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